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Mogeko Castle – Più piani, più stili, più personalità

Benvenuti al Mogeko Castle, l’unico castello dove potrai essere minacciato da gatti gialli e combatterli con il potere del prosciutto!

Mentre la protagonista del gioco fa la sua fermata dal treno, questa è per noi l’ultima fermata della prima generazione con la macchina del tempo per la rubrica “Ritorno al futuro”.

Questo titolo ha spopolato nel 2014 ed è stato riconosciuto come uno degli HOR-RPG più bizzarri.

Alcuni lo definiscono come una parodia di questa corrente. Ebbene, dal momento in cui viene a concretizzarsi una parodia di qualcosa significa che quest’ultima ha sviluppato degli elementi che la caratterizzano.

Vediamo insieme allora come è nato e cresciuto l’RPG parodico per eccellenza.

Okay, questo è uno dei casi in cui le varie wiki sul gioco sono abbastanza fornite di informazioni, e non si deve cercare chissà che sito per sapere la data d’uscita di Mogeko Castle in Giappone: 5 Marzo, 2014…

Eh, no! È qui che ci sbagliamo!

Riconoscete questo screenshot del gioco?
Ricordate le epiche battaglie che abbiamo tutti combattuto in Mogeko Castle?
No?

Certo che non le ricordate, perché le wiki sono anche abbastanza fornite per dirci che la primissima uscita del gioco fu il 1 Aprile 2012 (quant’è ironico rilasciare un gioco parodico il 1 Aprile?), in una versione fatta su RPG Maker 2000, a oggi introvabile su siti ufficiali, che appunto come sostanziale differenza rispetto al gioco che abbiamo tutti giocato e visto su Youtube, aveva delle battaglie in certi momenti del gioco. Quindi dovremmo cominciare la development history di Mogeko Castle dal 2012

…Se solo avesse qualcosa da offrire.

Sembra che solo un canale, quello di Alex Lu, abbia portato (anche senza alcun commentary) la prima versione del gioco su youtube. Anche nella sua terra di provenienza non ha fatto molta fortuna, essendo forse stato anche meno “pubblicizzato” dall’autrice stessa.

Non sarebbe neanche un’ipotesi tanto azzardata, dato che a oggi ancora non mi è chiaro come sia stata tanto conosciuta la versione del 2014 sia in Oriente sia in Occidente, dato che anch’essa in Giappone non ha avuto chissà che pubblicità: non ho trovato altri siti per scaricarla, se non quello dell’autrice.

Dopo aver avuto il suo spazio, in un modo o nell’altro, nella community RPG Horror giapponese, anche questo titolo (o meglio, il suo remake, essendo stato anche più popolare nella community in generale) è stato eventualmente scoperto dalla nostra cara Kate (VgPerson) e tradotto in inglese. Inutile dire che da quella traduzione sono partite le solite sfilze di gameplay come è successo per moltissimi altri titoli, ma Mogeko Castle aveva motivi diversi per l’essere popolare nella community mondiale degli HOR-RPG.

“Un gioco che riesce ad essere carinissimo e anche fortemente disturbante allo stesso tempo. Mi piace già un sacco.”

“Questo gioco è così… Ma che cazz…?”

“Qualsiasi tentativo di comicità che il gioco avrebbe voluto avere è un po’ rovinato dal fatto che stiamo guardando personaggi mascotte di stupratori omicidi la cui motivazione principale è quella di stuprare una ragazza delle superiori. È un po’ inquietante.”

In questi tre commenti abbiamo avuto tre tipi di ricezione diverse del gioco.

Sicuramente c’è chi ha apprezzato i vari elementi che analizzeremo nell’Asso Nella Manica, così come gli elementi più surreali del gioco… E chi è stato anche solo un minimo disturbato magari dagli stessi elementi strani che hanno fatto ridere o stranito altri giocatori (di questo tipo di commenti e il perché non siano tutti così, anche se conosciamo di cosa tratta il gioco, lo spiegheremo meglio nell’Asso Nella Manica).

In generale però, la ricezione sul gioco è stata molto positiva nella community HOR-RPG, per via di un fattore che spiegheremo subito sotto.

Mogeko Castle ha unito tre generi: l’horror, l’avventura e il demenziale.

Il demenziale è generato per rompere gli schemi narrativi tradizionali, per farne da parodia. E nel nostro caso Mogeko Castle è un gioco fuori dagli schemi di quella che è diventata nel corso una corrente fatta e finita: aveva già i suoi clichè, elementi di vaga somiglianza tra un gioco e l’altro (prendiamo l’esempio della classica ragazza protagonista), atmosfere, tipi di trame. Una corrente già formata grazie alle due generazioni che abbiamo già trattato – prevalentemente la 1 – aveva a questo punto bisogno di una parodia che li mettesse in ridicolo con mostriciattoli “pericolosi” che alla campanella dell’ora di cena si trasformano in esseri ridicoli (ciò li rende anche molto ambigui al giocatore), strane usanze e strani altri personaggi che troveremo nel castello in generale, assieme alle situazioni che affronteremo.

Quindi come si è fatto strada nella community HOR-RPG mondiale?

Mogeko Castle è prima di tutto un’avventura, affronta un viaggio nel vero senso del termine (e non il viaggio dell’eroe di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente): l’obiettivo di Yonaka è quello di trovare un’uscita sicura dal castello, e nel farlo si imbatterà in tutte le sue diverse aree e varietà di abitanti.

A questo proposito vorrei fare un appunto sul gameplay di questo gioco.
Anche se privo di meccaniche innovative, enigmi veri e propri (si ha solo un po’ di difficoltà in alcuni inseguimenti, come quello delle porte multiple) e in generale abbastanza se non molto, scarno ha un elemento che rende il gioco ancora godibile: l’interazione con l’ambiente. Abbiamo infatti molte possibilità di interagire, a volte anche in modi diversi dal semplice parlarci, con i vari tipi di Mogeko che incontreremo, far attivare meccanismi nel castello (anche se in molti casi daranno vita ad un game over o un bad end) o anche semplicemente collezionare oggetti a destra e manca, tra sacchi della spazzatura pieni di vomito a “libri morbidosi”.

Andando invece dal punto di vista narrativo del gioco, dato che appunto il gameplay non offre davvero nulla, ad essere onesti, durante la Storia del Prodotto abbiamo parlato prima dell’ampia sfera di emozioni che questo titolo ha provocato nei videogiocatori. Questo si rivela essere il suo principale Asso Nella Manica.

Più precisamente, il punto di forza principale di Mogeko Castle è la moltitudine di registri usati e la gestione di essi.

Sopra dicevamo che questo titolo è un’avventura demenziale, giusto?

…Assolutamente si.

Nel gioco possiamo ricordare questi tipi di scene, presenti soprattutto all’inizio del gioco ma che si distribuiscono per quasi tutta la sua durata, ma anche…

Senza contare i numerosi e a tratti disturbanti Bad End.

In breve, a livello di atmosfere e, come detto sopra, registri, Mogeko Castle ha davvero di tutto. Ma come sono stati gestiti tutti questi diversi registri per renderli un Asso Nella Manica, e non semplici inconsistenze di vibe che sarebbero andate dritte a finire nei Difetti Dell’Opera? Esaminiamo i tre registri di base uno a uno.

-Registro Demenziale.

Come detto sopra è il registro predominante in molte parti del gioco, soprattutto all’inizio.

È praticamente quello per cui i giocatori si sono avvicinati ad esso e ne restano ancora affascinati. Vorrei parlare in questi paragrafi dello “stile” della demenzialità di Mogeko Castle riguardo alle situazioni e il background presentati, mettendolo a confronto con varie opere giapponesi che possono avvicinarsi alla comicità di questo titolo.

Iniziamo con il restringere il campo d’azione, e concentrarci su opere demenziali provenienti da una terra precisa: il Giappone. Questo semplicemente perché Mogeko Castle abbraccia molto la tipica comicità giapponese che, appunto, si basa molto sulla demenzialità. Se si prende una qualunque opera di finzione giapponese (ma anche molti giochi televisivi, il più popolare Takeshi’s Castle) molti momenti comici hanno sempre una sfumatura demenziale oppure semplicemente lasciano lo spettatore incollato allo schermo solo per vedere quanto può diventare fuori dal mondo la situazione presentata.

Una ragazzina delle superiori confessa il suo amore ad un esserino verde dai comportamenti vagamente umanoidi e decidono di stare insieme per sempre, in barba a tutti i loro obbiettivi iniziali.

Due esseri gatti-formi hanno un’epica battaglia di scherma.
Non ha bisogno di ulteriori descrizioni, fa ridere già così.

Prenderemo un esempio di un anime comico-demenziale per un tema che è abbastanza ricorrente in Mogeko Castle: il tema “sessuale” (presentato dai Mogeko in molte occasioni, sottoforma di statue o meno, e sono presenti anche alcuni elementi del gioco che almeno alludono a questo tema). Da questo confronto tireremo poi fuori punti che potranno farci capire meglio perché in generale la comicità di Mogeko Castle ha attirato così tanto: esistono tanti giochi comici di stampo demenziale, perché proprio questo ha avuto fortuna?

Okay, quindi… Il tema della sessualità ci viene presentato dagli esserini gialli in modo quasi costante.

I vari dialoghi o scleri che potremmo avere tra i Mogeko, con i Mogeko o da parte dei Mogeko credo possano esprimere che intendo.

Tra cui…

Ricordiamo il commento che abbiamo avuto modo di vedere nella Storia Del Prodotto:

“Qualsiasi tentativo di comicità che il gioco avrebbe voluto avere è un po’ rovinato dal fatto che stiamo guardando personaggi mascotte di stupratori omicidi la cui motivazione principale è quella di stuprare una ragazza delle superiori […]”

Allora perché, a parte alcuni commenti più seri, il grande pubblico ha riso mentre giocava Mogeko Castle? Qui la scelta del registro assieme alla messa in scena sono state fondamentali.

Per via del registro usato, quello demenziale, in molti dei momenti in cui si fa direttamente riferimento al sesso non si ha quasi mai la “possibilità” di vederlo in maniera troppo schifosa o inquietante: in questo aiutano molto anche i personaggi dei Mogeko, dal design fino agli atteggiamenti ridicoli, di cui parleremo dopo.

Per questo Mogeko Castle ha potuto trattare questo tema per il 90% del gioco in modo grottesco, a tratti sporco, ma mai troppo serio per essere preso come irrispettoso o di cattivo gusto.

Ecco, questo modo di trattare il tema “sessuale” a tratti mi ha ricordato un’anime di cui vidi qualche episodio molto tempo fa, quando mi stavo appena avvicinando al mondo degli anime e manga.

Ecco a voi Ayame Kajou, uno dei personaggi principali dell’anime e manga distopico-ecchi Shimoneta (altresì noto come “Shimoseka: Un mondo noioso dove il concetto di battute sconce non esiste”).

Rigiocando Mogeko Castle e ricordando le scene di quest’anime, ho potuto trovare varie similitudini nella trattazione marginale dell’argomento sessuale nelle due opere, soprattutto a livello di prima reazione da parte di uno spettatore medio (me stessa, in questo caso).

Ma prendiamo un solo esempio preciso.

Nell’immagine sopra potete vedere la primissima entrata in scena di Ayame. Qui, tramite la sua “divisa” per gli atti terroristici dell’organizzazione SOX ci viene subito presentata come una ragazza sboccata e in generale “sporca” per la società.

In che scena di Mogeko Castle ci vengono presentati finalmente i Mogeko come personaggi “sporchi”, invece?

Ma a parte la presentazione di due tipi di personaggi “osceni”, che hanno di simile queste due scene?

Entrambe, oltre ad avere la loro potente messa in scena, hanno un contesto forte dietro che le regge, e le rende più iconiche.

Pensiamoci: perché l’entrata in scena di Ayame è così bizzarra e ci fa spalancare gli occhi in Shimoneta?

Dovete sapere che l’anime è ambientato in una distopia in cui le autorità giapponesi puniscono chiunque usi un linguaggio spinto o distribuisca materiali osceni, al punto che tutti i cittadini sono costretti a indossare dei peacemaker per l’analisi di ogni loro parola e movimento.

Ecco, dopo la presentazione di questo contesto tanto proibitivo ci ritroviamo questa ragazza con mutande in faccia, telo che potrebbe alzarsi solo con un minimo di vento e nell’atto di urlare parole sconce ai quattro venti. Essendoci abituati all’ambiente presentato inizialmente, noi ci sorprendiamo a vedere un personaggio come Ayame.

In Mogeko Castle, invece, ci viene presentata fino a quel punto del gioco una fermata del treno misteriosa, con nessun controllore, una ragazzina persa in un ambiente sconosciuto, dove c’è qualcuno che la guarda… Nella foresta Mogeko, poi, Yonaka è dovuta scappare da degli esseri ai suoi occhi anche inquietanti…

Che alla fine litigano come bambini su chi… Deve andare per primo, ecco.
Qui i Mogeko ci vengono presentati per la prima volta come personaggi ridicoli, e il giocatore non può fare altro che ridere semplicemente a questa rottura di vibe, dove si è passato dal presentare la dimensione del Mogeko Castle come qualcosa di misterioso, assieme ai suoi abitanti, al presentare i Mogeko come esseri in realtà bambineschi e ridicoli anche su argomenti convenzionalmente più spinosi.

Quindi, avendo preso d’esempio la prima scena completamente comica del gioco, perché l’intera comicità di Mogeko Castle funziona?

L’ho detto sopra: perché ha un preciso contesto dietro. Prima di tutto l’obiettivo principale di Yonaka (E del giocatore) è quello di esplorare un castello per trovare una via di fuga. È l’avventura il genere che fa da sfondo a questo gioco in particolare, costruendo un’ottima base per far poggiare sopra l’approccio demenziale che si vuole seguire. Ad esempio ricordiamo tutte le parti in cui ci viene raccontato il background del castello, anche tramite i sette Mogeko Speciali (di cui abbiamo apprezzato molto le scene in cui vengono presentati, molto d’effetto grazie anche alla theme che ritorna per ognuno di loro).

-Registro “Drammatico”, con cui la trama prosegue.

Su questo non c’è molto da dire. Sapete perché?

Semplicemente perché abbiamo già trattato qui in Ritorno Al Futuro la colonna portante di questo registro: Mad Father.

Per quanto lo stile comico sia predominante, il suddetto titolo non rinuncia a trattare con una certa serietà certe scene importanti della trama che comunque sviluppa un tipo di intreccio narrativo (ricordiamo ciò che abbiamo detto prima sul genere “avventura” e su come lasci poggiare i diversi registri narrativi).

L’uso di musiche, certi movimenti di sprite, tatticità delle CG in certi momenti (anche se in Mogeko Castle ce ne sono molte di più, e con più variazioni, cosa che io, Ele, ho molto apprezzato) accomuna questo gioco e Mad Father, dato che hanno avuto la stessa ispirazione, che molti titoli di oggi (nel bene o nel male) anche stanno prendendo: l’opera audiovisiva.

Mogeko Castle e Mad Father devono infatti buona parte della loro professionalità a livello registico proprio per quest’ispirazione dall’opera audiovisiva.

Da un lato la presentazione di un personaggio che entrerà a breve in scena scegliendo di mostrarlo con un certo pathos, dall’altro una scena più “emotiva e drammatica” di Mad Father

Queste due inquadrature hanno preso palesemente ispirazione da essa, che in molti casi con questo tipo di regia effettivamente riesce a sortire un certo effetto negli spettatori, e quindi anche i giochi che usano questi tipi di regia in molti casi (non tutti, attenzione) riescono a dare certe emozioni al giocatore.

Possiamo prendere come esempio anche la scena del combattimento tra il Re Mogeko e Nega-Mogeko.

Forza, quante volte in qualunque opera audiovisiva (a primo attrito a me ha ricordato un qualche tipo di anime shonen) che abbia un minimo d’azione avete visto questo tipo di inquadratura?

Essa effettivamente da un senso di epicità, anche se il combattimento è tra due esserini tondi con orecchie da gatto.

Mogeko Castle ha sfruttato quindi, un po’ come fece Mad Father qualche tempo prima, il “drama”, o per essere più generali, quel tipo di regia proveniente dalle serie anime (in questo caso d’azione o d’avventura), facendolo funzionare perfettamente nelle scene che ha voluto rappresentare.

-Registro horror

Il registro horror usato in Mogeko Castle non ha caratteristiche particolari rispetto a molti altri titoli che abbiamo già avuto modo di analizzare.
Ciò che lo rende degno di analisi è il diretto confronto con il suo opposto: il registro demenziale.

In questo aiutano sicuramente il pericolo principale che deve affrontare Yonaka: la specie dei Mogeko (e Moge-Ko, loro dittatrice al quarto piano).

Come dissi qualche paragrafo fa, essi sono personaggi molto ambigui, e ce ne sono di ogni forma possibile, soprattutto in funzione al piano che occupano.

I Mogeko normali sono, come ho già detto, esseri tanto stupidi e infantili, quanto letali. Ciò che ce li rende subito inquietanti è appunto il contrasto tra queste due caratteristiche, che crea esseri che per i loro capricci praticano anche cannibalismo tra di loro (molti Mogeko morti che si trovano anche prima del quarto piano lo dimostrano), e in generale sono disposti a fare davvero di tutto.

[……]

Qui abbiamo il perfetto esempio del contrasto che è perenne nei Mogeko: quello di questo esserino può sembrare, dai toni che usa, un semplice capriccio infantile.
Però se ricordiamo che sta parlando di distruggere l’intero castello (qui entra in gioco anche un’iperbole molto comune quando “si fanno i capricci”) e alla fine approfittare del cadavere di Yonaka… Si smette per un attimo di ridere.

Inoltre, come detto sopra, ci sono vari tipi di Mogeko. Quelli che vengono sfruttati più spesso per creare un’atmosfera horror (e sono anche protagonisti di un bad end) sono i Mogeko Pazzi.

…Ma l’effetto horror viene dato anche dalle indoli dei personaggi umani (o umanoidi) che incontreremo lungo la nostra strada, quello che sono in grado di fare e quel che effettivamente fanno in varie situazioni.

Da questi tipi di espressioni in certi momenti del gioco quando apriamo il menu, possiamo notare che anche Yonaka è un personaggio abbastanza ambiguo, ciò rende anche lei inquietante in certi frangenti.

Quindi Mogeko Castle, con ben tre registri differenti che si alternano, è la dimostrazione di come sia importante il modo in cui si racconta una storia.
In questo frangente abbiamo potuto vedere gli stessi personaggi ogni volta con una sfaccettatura diversa, oltre all’ambiente stesso che spesso cambiava forma.
Ad esempio, in giochi come The Crooked Man o altri che abbiamo analizzato in questa rubrica, queste continue mutazioni nel corso del gioco non avvengono, oppure non avvengono così spesso o tra generi così diversi tra loro.

Ma è arrivato il momento di chiederci: Mogeko Castle sarebbe in grado di sopravvivere nel mercato?

Abbiamo il piacere di trovarci davanti un titolo perfettamente commercializzabile.

Più tardi analizzeremo più a fondo quelle caratteristiche che almeno per noi indeboliscono il massimo livello sul termometro.

La personalità del gioco è forte, con un’efficace campagna di promozione e distribuzione potrebbe facilmente raggiungere i grandi numeri.

 

 

 

 

PACKAGING

Se ricordate l’articolo precedente avevamo parlato di quanto le tinte si fossero scurite e spente.

Ebbene, qui abbiamo una nuova scintilla. Per rappresentare la stravaganza del Mogeko Castle abbiamo innanzitutto i tileset e le sprites ingrandite.

Spesso ci vengono fornite CG, di cui quelle più sbrilluccicanti (nel senso letterale del termine o quando li incontri la prima volta) sono per rappresentare i bizzarri Mogeko.

Mappe celesti, mappe insanguinate, tutto votato all’esagerazione per far si che questa sia certamente un’avventura da non dimenticare e comunque presentando anche qui, per la scelta degli ambienti, numerose variabilità. Anche per la schermata del titolo.

Quest’ultima è scura, con Yonaka al centro e dall’occhio rosso che osserva il giocatore.

Il menù ha facciate molto larghe, con tante stelline in giro che accompagnano i nomi dei salvataggi.

 

 

RAPPORTO AUTORE – OPERA

Avrei da fare un appunto a riguardo: se questo gioco si fosse trovato in mano ad una compagnia di professionisti, avrebbe fatto centro.

Se da un lato l’aver fatto il lavoro di una compagnia di produzione a livello di personalizzazione dell’opera dà sicuramente molti punti all’autrice, dall’altro invece c’è stata la distribuzione.

Come abbiamo accennato prima una compagnia di professionisti forse avrebbe saputo valorizzarlo meglio: non ci troviamo nessun vantaggio per l’autrice di rimanere nell’ombra. Un gioco tanto forte merita una personalità altrettanto forte, costruirsi un mito dell’autore avrebbe sicuramente giocato in suo favore.

DIFETTI DELL’OPERA

Questo titolo ha forse un unico grande difetto che riguarda il finale.

Una volta che muore Mogeko Difettoso la trama sembra perdersi in eventi deliranti che vorrebbero suggerci di giocare il sequel che l’autrice sta preparando da anni.

Il finale poteva essere un’ottima opportunità per chiudere i numerosi cerchi narrativi che si erano aperti (soprattutto di spiegazioni sul background del castello), così mantenendo la linearità del titolo fino alla fine si sarebbe mantenuta più facilmente attiva, almeno a mio parere, l’attenzione del giocatore.

Non si parla solo di quei finali che lasciano possibilità ed interpretazione a domande aperte, ma un vero e proprio delirio allucinogeno che compromettono la comprensibilità di un’opera narrativa, che in questo caso poco aveva a che fare con il suo aspetto demenziale.

Per fare un piccolo confronto: una scena del genere ce l’aspettiamo per un’opera del genere…

…Questo invece un po’ meno. Soprattutto dopo una successione di scene drammatiche in cui ci chiediamo se Yonaka sia riuscita a tornare a casa o ha avuto solo delle illusioni.

Eppure, nonostante questo, è difficile ricordare questo titolo senza un sorriso per le memorie che rievoca tra gli appassionati della corrente horror tra gli RPG.

E con questo si chiude la Prima Generazione.

Abbiamo potuto estrapolare una parola chiave per descrivere gli Rpg Horror di questo periodo, gli anni in cui giocare questi titoli era una moda: la variabilità.

Da quella mostrata in Mogeko Castle, o allo stile di The Crooked Man che si oppone al dramma familiare esagerato di Mad Father; dal minimalismo di Ib alle sontuose mappe di The Witch’s House la corrente si è stabilizzata ed ha trovato la propria strada, offrendo delle possibilità a team più ampi, collaborazioni sempre più intense con i publisher e accordi di lavoro più definiti. Queste, cari lettori, saranno le storie di produzione dei titoli della Generazione 2: storytelling-focus.

midnight train luna

Midnight Train – Recensione (Lettera aperta)

Dlin dlon, in carrozza! Questa sarà la nostra seconda recensione, Midnight Train.

In realtà questa è una vecchia recensione, la seconda che abbiamo fatto. La recensione di A Figment of Discord viene dopo quella di Midnight Train, ma il gioco del destino e le numerose circostanze ci hanno indirizzato a pubblicare negli Archives, per primo, proprio il frammento della discordia –come è stato poi in seguito ma…dettagli. Questo titolo porta sfiga– quando invece questa l’avevamo pubblicata tempo addietro su Itch.Io (vedere commento di “tomorrowavenger”). 

Mbè, allora? Perché stiamo ripescando Midnight Train? Perché rompere le scatole a questo gioco?

Le motivazioni risiedono nel cuore della recensione, ma… Da questo punto in poi l’introduzione è nelle mani di Ele, la videogiocatrice tra le due…


Muhahahah! Ok, no.

Qui c’è da fare tutt’un discorso, per far capire perché abbiamo “preso di mira”, come una professoressa maligna, questo titolo: spettatori attivi, spettatori passivi, e su come recepiscono soprattutto questo genere di giochi entrambe le parti.

Ma cosa intendo con spettatori “attivi” e “passivi”? In verità mi riferisco a due spettatori di due media diversi: il prodotto audiovisivo e il prodotto videoludico.
Chi guarda un prodotto audiovisivo è ovviamente uno spettatore passivo: può “restare seduto là a guardare” e le sue azioni non influiscono sul comportamento di nessuno dei personaggi, così come quello dell’ambiente eccetera, al contrario dei videogiochi: per questo un videogiocatore possiamo considerarlo uno spettatore attivo.

E tutto questo che c’entra con Midnight Train e, più che altro, con la sua autrice Lydia?

Ecco, io e mia sorella abbiamo preso questo come caso di studio perché ci sembra l’esempio eclatante del fenomeno dello spettatore passivo che diventa creator di prodotti per spettatori attivi (potremmo parlare anche di Angels Of Death –come faremo a tempo debito– di cui è diventato più famoso l’anime, guardacaso), anche dal punto di vista più critico del termine, quindi dal punto di vista degli errori che gravano su questo gioco e anche altri del genere RPG Horror (anche se considerare Midnight Train horror… Mah!), proprio per via della probabile ignoranza sul funzionamento di un gameplay, che deriva da poche esperienze di spettatore attivo.
Purtroppo ciò si riflette in Midnight Train, dove si vuole puntare solo su una storyline e quasi per niente sul gameplay… Pur essendo l’RPG Horror un videogioco!

E questo mi fa porgere una domanda da un milione di euro a tutti voi creator, non creator, o anche futuri creator su RPG Maker, dato che si parla di questo tool qui:

RPG Maker per cosa è stato creato?

Sembra una domanda idiota, ma da parte di alcuni troverete una risposta, da altri un’altra risposta.

Ci saranno i videogiocatori che risponderanno: beh, per creare prevalentemente giochi di ruolo in terza persona!

E su questo siamo tutti d’accordo.

Ma ci saranno anche persone, quelli che sono sempre stati spettatori passivi, prevalentemente, che diranno:

“RPG Maker è un buon tool per raccontare le proprie storie!”

Se posso essere onesta, questa frase mi manda in bestia, e l’ho sentita troppe volte da parte di splendidi che volevano lanciarsi nella corrente solo con le loro “storie”, e che volevano sfruttare il tool perché semplice.

In un videogioco non si racconta solo una storia, e non si racconta come in un prodotto audiovisivo. Con un videogioco puoi fare molto di più: certe meccaniche di gioco connesse alla trama per dare l’effetto “wow” al giocatore, per fargli dire “ma che figo, devo farlo?!” oppure “oddio, devo seriamente farlo…?!” (cito l’ “aborto interattivo” della versione americana di South Park: Stick of Truth), oppure anche mischiarlo alla caratterizzazione dei personaggi se durante la storia in alcuni momenti di stallo puoi conoscerli meglio (I Confidant di Persona sono uno dei casi più comuni) e tante, tante altre cose che fanno sentire il giocatore parte integrante dell’esperienza, far avere un rapporto più diretto tra opera e spettatore!

Sicuramente il videogioco si sta sempre più riscoprendo figlio del prodotto audiovisivo, ma non può mai e poi mai sostituirsi a quello.

Tornando adesso a Midnight Train, e perchè il suo gameplay non può essere difeso.

Sono la prima ad amare i giochi prevalentemente narrativi e persino le visual novel, ma qui bisogna considerare tante cose, ma principalmente il genere.

Molti giochi narrativi e con effettivamente poco di gameplay sono “difesi” dal genere a cui puntano; dei casi perfetti sono le visual novel anche classiche, di cui fanno la narrazione il loro “gameplay”, ma anche gli interactive dramas come ad esempio i giochi Telltale.

Lì un giocatore si fa già delle aspettative, sa più o meno i ritmi di gioco, e soprattutto sa quanto “deve giocare” e quanto deve immergersi nella storia.

Ma!

C’è un “ma”.

Prima di tutto: anche nelle visual novel (che, anche a confronto degli interactive dramas, c’è anche oggettivamente ancora meno gameplay) tu, giocatore, hai potere decisionale dalla scelta delle route stessa nelle VN romantiche o simili (prendiamo Doki Doki Literature Club, ad esempio), oppure delle fasi effettive di gameplay, (prendiamo le fasi di investigazione e Class Trial di Danganronpa). In breve… Pur immergendosi molto, il giocatore fa pur sempre qualcosa senza togliere nulla alla trama, e anzi intersecando queste fasi ad essa! Cosa che Midnight Train non ha fatto, ma se ne parla meglio nella recensione. Cominciamo col dire che le varie difficoltà da superare nel gioco non sono direttamente collegati in un certo modo alla trama… Ma ne sembrano un mero contorno!

C’è un motivo per tutto ciò, però.

Purtroppo, da quel che abbiamo notato, soprattutto la corrente degli RPG Horror è seguita prevalentemente da spettatori passivi, pur essendo essi dei videogiochi.

Grazie agli youtuber, prevalentemente, si sono potuti avvicinare a questi titoli fan, ad esempio, di anime, serie TV, film eccetera, perché anche se i video trattavano videogiochi… Gli spettatori erano passivi sempre e comunque, dato che giocava qualcun altro.

Quindi si è iniziato a valutare gli RPG Horror come se fossero solo le loro storie, come se fossero ad esempio un anime (eh, quante volte si sono visti tentativi di rendere animate le cutscene di Ib, ad esempio?) o simili, ma questo grazie anche ad un gameplay che in molti casi (tra cui anche due dei “master” Ib e Mad Father) era legato strettamente alla storia e agli ambienti, quindi indivisibile da essa, e anche parte integrante delle atmosfere.

Questo “svalutamento videoludico” dell’RPG Horror, questo quasi abbassarlo solo ad “una bella storia” e basta ha portato a questo: persone mai state videogiocatrici che “pretendono” di fare prodotti per videogiocatori.

E ipotizziamo che nacque così anche Midnight Train.

“Ok, ma che prove avete?”

A questo proposito, prima di far parlare la recensione effettiva vorrei esaminare tre casi in particolare, i miei personali “3 steps of grief” per questo titolo.

3- Siamo allo scalino più basso, il dolore colpisce poco e ci si può ancora vivere:
Nel gioco, ad un certo punto, si troverà un diario appartenente probabilmente ad una ragazza morta in quella struttura. Così i nostri due protagonisti, Neil e Luna, lo prendono.

Esso servirà durante la fase di deduzione con Neil, e questo anche va bene: per spiegare una certa cosa ci è voluta una prova particolare; si ha più o meno integrato un oggetto che prendi nel gameplay in una scena di trama.

Il problema è che l’atto di prendere il diario è in generale forzato: c’è sempre lo stesso problema! Se non lo prendi non hai neanche margini di errore durante la deduzione come può succedere in un L.A. Noire, ad esempio: se non hai abbastanza prove incolpi la persona sbagliata, oppure puoi incolpare quella giusta ma non hai abbastanza prove, quindi un grado più basso alla fine… In breve: o lo prendi in quel momento e lo prendi per forza, o non vai avanti! Io avrei consigliato di poterlo prendere o lasciare là, e magari durante la deduzione Neil ti avvisa che probabilmente non hai controllato bene le aree e lì il giocatore dice “ah, qui serviva il diario!”, e via con una fase libera investigativa!

Ma, come è sempre in questi casi, abbiamo raschiato solo la punta dell’iceberg.

2- Siamo in una fase media, il gameplay generale: il dolore è fastidioso e si arranca un po’ a sopportarlo, ma si fa sempre sentire… Ed è uno schifo.

Anche perché questo problema affligge ogni singola fase in cui bisogna risolvere degli enigmi: è il discorso che facevo prima, il gameplay in questo gioco è solamente un accessorio per non far addormentare il giocatore sulla tastiera: ci sono o non ci sono gli enigmi è la stessa cosa, la storia va avanti comunque! Le fasi di gioco e quelle narrative sono state separate come l’albume dall’uovo!

1-

Questo particolare momento del gioco ha scatenato esplosioni atomiche senza preavviso in varie parti non ben specificate del mondo. Più e più vittime si verificano sulla Terra ogni volta che questi brevi secondi appaiono al giocatore.

Spiego meglio il perché di queste conseguenze apocalittiche.

Vedete quella X nell’immagine? Ecco, quella è una trap

“Dobbiamo esaminare bene quel segno, non ho un buon presentimento.”

Ahem… Si, non ne avevamo bisogno, Neil.

Comunque, se ci passi sopra, game over: vieni schiacciato al muro da un orologio a pendolo camminante… Non facciamoci domande.

Dunque, già guardando una X rossa probabilmente scritta con sangue fresco sul pavimento il giocatore capisce: “Ok,  devo trovare un modo per sviare la trappola, o non devo passare sulla X: la X è una bugia, la X attiva la trappola

Se il giocatore può capirlo anche così… Perché diavolo fare tutt’una cutscene (attivabile se vai giusto a fianco della X) dove Neil lancia una moneta sulla X e WOW! La X è una trappola!

Ma, meme a  parte, ora vi dico una cosa davvero raccapricciante…

Se non avete questa cutscene, anche se avete la chiave per andare avanti, Neil vi fermerà anche se già sapete che quella X è una trappola.

Vi lascio un attimo di tempo per processare.

Si! Esattamente! Non si può andare avanti finchè il diavolo di gioco non ti ha mostrato tutte  le cutscene che ha da offrire, senza tenere conto di quanto te ne possa importare o meno!

Va bene, qualcuno chiederà sicuramente –Vi vedo già con la tastiera pronta, non ci provate- :

“E se un giocatore in quella parte non muore come fa a capire che l’orologio è
pericoloso?”

Semplice: non lo capisce. Perché, c’è davvero bisogno di capire per l’ennesima volta che il luogo in cui Neil e Luna si trovano è pericoloso? Serviva davvero fare una cutscene trattata anche come principale e non opzionale solo per un dannatissimo game over?!

Okay… Torno ad essere seria e professionale per un minuto…

Ahem… Quindi, a parte gli scleri e andando direttamente al gioco, abbiamo il piacere di farvi leggere la lettera che abbiamo scritto a Lydia sulla sua pagina itch.io.


-Lettera Aperta a Lydia. Contiene spoiler sull’intero gioco.
PS A volte ci alternavamo durante la recensione, e potreste leggere alcuni punti in prima persona.

Cara Lydia,

Speriamo stia andando tutto bene per il development.

Noi siamo due rompiscatole che in qualità di giocatrici vorrebbero recensire i primi due capitoli di questo gioco.

Non recensiamo Aria’s Story (che di storia ha proprio 0 -ci stiamo permettendo di usare toni così acidi perché abbiamo notato che vuoi fare un reboot, e questo vorrebbe essere un cattivo modo di spronarti a lavorare meglio sulla sceneggiatura). C’è un problema alla base: non capiamo come Lewin sia riuscito a scrivere una storia basata sull’esplorazione di Aria, e soprattutto ad essere lì con lei quando Aria si stava comportando come un essere umano: in teoria, secondo la logica, se Lewin non scrive, Aria svanisce o sta ferma, non le sono state scritte azioni.
Ma tralasciando Aria, parliamo di Midnight Train perché pensiamo che questo abbia più potenziale e che tu possegga tutte le carte in tavola per portare qualcosa di fresco nella corrente RPG horror (e non).

Abbiamo avuto numerose modifiche delle nostre aspettative su questo gioco

All’inizio il vibe fa pensare ad un titolo più investigativo, con un “campo d’azione” abbastanza ristretto: concentrarsi sulle vicende di pochi personaggi e come luogo principale il treno.
Mai letto, ad esempio, Assassinio sull’Orient Express? Noi no. Non ancora.
Però hanno fatto il film, il punto è che secondo noi potevi sfruttare molto meglio una situazione di suspense perenne, claustrofobia e allo stesso tempo l’idea di essere intrappolati in una gabbia dorata (la mappa del treno ci è piaciuta da impazzire, anzi ci ha ricordato anche titoli come “Il Professor Layton e il Vaso di Pandora”, quindi complimenti per questo).

Invece no.

E’ diventata una classica trama “all’avventura” con mappe piuttosto raffazzonate, con le costruzioni da esplorare, molti clichè del caso… Insomma, parte del potenziale era già perso qui.
A Roma si dice: “li mortacci tua”, in questi casi.

Ci hai fatto pensare bene fino alla fine! Tutta la prima cutscene nel treno… Dai! 🙁

Dopo quella cutscene abbiamo subito intuito e azzeccato la maggior parte delle dinamiche narrative:

Incontro con il co-protagonista (Neil) nel treno
La (alla fine falsa) tensione data dal fatto del tempo limitato. Di questo punto ne parleremo assieme all’approccio intreccio-gameplay.
Tutto l’arco di Diana, dall’inizio alla fine. Anche qua troverai un approfondimento quando ci saranno le varie proposte di re-writing.
Per Apollo è stato lo stesso. Da quando è iniziato il suo arco, è bastato solo scoprire un po’ di più per cadere nel banale.

Ora facciamo una cosa: prendiamo una lente d’ingrandimento e guardiamo alcuni punti da vicino.

Cominciamo dai personaggi.

Luna:

Blanda. Molto blanda, mi dispiace essere cattiva. Ci piaceva il fatto che fosse una che “picchiava”, abbastanza manesca, particolarità molto carina, se solo non venisse pienamente sostituita da Apollo nel secondo capitolo.
Per il resto è una protagonista muta, ma potevi darle con dei dettagli una personalità che non fosse “schifosamente buona”. Ad esempio, per qualche colpo di scena sarebbe stato bello se lei scrivesse cose che non pensava davvero. Non ha neanche il limite del tono di voce: non parla, se scrive normalmente può manipolare a modo suo le situazioni. Non dico debba essere cattiva, ma magari fare qualcosa dove lei ha le intenzioni più buone del mondo, ma usa mezzi sbagliati.
Potevi sfruttare molto il quaderno: potevano esserci molte cose carine!
Ad esempio che se lo controllavi in alcuni punti particolari, Luna scriveva aggiornando le informazioni come se fosse un diario che scrive mentre esplora le costruzioni, magari faceva anche qualche disegnino.
Un’altra cosa: dato che il quadernino era di Neil, se andavi molto indietro con le pagine si potevano vedere suoi appunti su dei vecchi casi che provava a risolvere da solo.

Versione alternativa

Prova ad immaginarla così: perché è così protettiva?
Poteva essere che aveva, in un tempo passato, qualcuno da proteggere, poi quel qualcuno si è fatto del male, magari è persino morto, e quindi in Neil ritrova il suo bisogno di proteggere, ma non volendo essere mai più negligente, inizia a proteggerlo anche in maniera più morbosa rispetto a quella mostrata nel gioco; questo bisogno lo rendevi quasi un suo difetto.
Abbiamo anche in mente un suo sviluppo tra il capitolo due e il capitolo tre, ma ci sarà nell’intera parte sui re-writing.

Neil:


Personaggio abbastanza classico.
Ragazzo con il sogno nel cassetto, ma trattato come un deficiente. E qui ripetiamo: li mortacci tua! Ci piaceva come era mostrato in scena: ha molti dubbi sul suo ruolo nel mondo, effettivamente, ma quell’ultima CG nel capitolo due ci ha spaventate.
Rischia di avere un development molto scontato: Apollo poteva insegnargli, in vita e in morte, ben altro che il solito “io libererò tutti”.

Versione alternativa

Poteva maturare in altro modo, ma per questo dovrai leggere le scene riscritte.

Apollo:

Ci ha dato filo da torcere. Era… Ci dispiace dirlo, ma pensato male fin dall’inizio.
Classico distaccato, vita difficile, che però si fa motivare dai primi due ragazzetti che passano. Ma la cosa che dà più fastidio è che nonostante la vita in strada, lui non si sia minimamente indurito in negativo: andiamo, la scena dell’autodifesa era molto forzata su tutti i fronti per una semplice questione legata al realismo:
Come ha fatto, solo alzandosi, a far volare quell’uomo dall’altra parte del cancello?

Questo “cuore sensibile” del personaggio è semplicemente un cliché vecchio come il mondo, che per me non ha mai avuto senso e mai lo avrà. Com’è possibile che, per la vita che ha fatto, resti in lui sempre una parte pura e candida che si prende cura degli animali? Non la troviamo abbastanza giustificata per il tipo di vita a cui è andato incontro, come ha fatto a sviluppare questi principi così in contrasto con il contesto in cui si trova?

Versione alternativa

Poteva essere, magari, un po’ meno “smug”, presentarlo meno come il classico personaggio “figo” e caratterizzarlo con più sincera strafottenza. L’avrebbe reso un personaggio effettivamente odioso agli occhi di molti giocatori, e il sospetto dei protagonisti si sarebbe giustificato meglio.

Forse il suo development sarebbe stato meglio se trattato in maniera più implicita. D’accordo: avrebbe mantenuto le sue idee, ma avrebbe recuperato un briciolo di speranza per Neil e Luna, dato che si sono dimostrati forti, e lui finisce per stimarli, in un certo senso, a considerarli suoi pari e quel minimo di speranza lo porta proprio alla morte, come è stato sviluppato originariamente.
Tuttavia avremmo preferito se questa speranza nascente fosse stata più nascosta, e non buttata fuori con uno spiegone inutile.

Diana…No, non la consideriamo al momento. Anche perché per ora non l’abbiamo analizzata a sufficienza né avevamo gli strumenti necessari, però pare un personaggio piuttosto prevedibile.

Il problema è che sembra piuttosto inutile, così come l’arco in cui appare.

Gameplay

Ci dispiace dirlo in modo tanto schietto, ma il gameplay non porta chissà cosa di nuovo. Esplorazione ed enigmi (tra cui molti abbastanza casuali), con nessuna meccanica o momento particolare che spicchi, abbastanza piatto, dobbiamo dire.

Il gameplay non sembra ben legato alla trama e al contesto a cui appartiene, ma un elemento accessorio, il che è piuttosto grave, se vuoi creare un videogioco.

L’ultima parola è stata messa in grassetto e corsivo perché qui entra in ballo un discorso abbastanza lungo: RPG Maker è per creare giochi, o una scusa per raccontare storie, secondo te?
Al pubblico, ovviamente, interessa una buona trama, ma in un videogioco ci si prende cura anche del gameplay per un motivo, che purtroppo in Midnight Train, Aria’s Story e anche altri titoli da parte di altri autori, sembra molto standardizzato, abbastanza spoglio e poco profondo.

Dato che hai preso sempre Ib come punto di riferimento, ti diciamo il perché in Ib questo gameplay con enigmi ed esplorazione funzionava.
Tutto quanto era pensato per dare personalità alla Galleria, quasi a personificarla nelle figure di Mary e lo stesso Guertena. Pensa al quadro della formica, alla bocca, e a moltissime opere dell’artista spagnolo fittizio che ti rimanevano nel cuore, proprio per via dei vari enigmi collegati ad essi: quasi ti ci affezionavi, alla Galleria stessa.

Vedi la famosa scena della bambola blu gigante nella stanza della bambole, lì c’è una costruzione della suspence notevole: la chiave non si trova e devi squartare bambole di pezza mentre una di queste emerge dalla luce, accompagnata da campane di morte che aspetta solo che il giocatore fallisca. Era un sistema random tra l’altro: dove avevi trovato la chiave una volta non era detto che la trovavi la seconda volta.

In Midnight Train l’intero gameplay poteva essere concentrato sul tempo.
Non sul tempo reale, dà solo ansia inutile al giocatore, ma magari si poteva avere l’interfaccia di un orologio, e tutto il luogo era disegnato per far perdere tempo a chi si ritrovava nelle varie costruzioni.

Ad esempio puoi decidere, ad un certo punto, se darti una rassettata allo specchio, e il giocatore curioso clicca “si”, ma è inconsapevole che ciò gli farà perdere tempo, e quindi renderlo più vicino al game over (che può essere anche un bad end, volendo). Ovviamente, per bilanciare il tutto, anche alcune azioni principali faranno perdere tempo, e sarà più difficile averne, quindi più difficile continuare il gioco, andando avanti per le costruzioni, per via della quantità sempre più alta di “azioni accessorie”, oppure per via del fatto che alcune azioni inutili possono mascherarsi sempre di più da azioni principali, rendendosi quasi irriconoscibili.

Lo stesso rapporto con Neil avrebbe potuto deciderlo il giocatore, parlandoci di più, ma perdendo più tempo, o parlandoci meno per spirito di sopravvivenza: per tutto questo si sarebbe potuta sacrificare un’intera amicizia, e per questo si sarebbe ancora di più sottolineata la brutta situazione in cui sono i protagonisti.

PS: E’ però molto bella la scena in cui Neil e Luna trovano gli orologi, rendeva bene l’atmosfera e la musica era azzeccata. Peccato appunto che sia una tensione morta sul colpo non appena la scena era finita.

 

Scene principali e re-writing

Torniamo alla trama, quello a cui sembri puntare.

Cominciando già dal fatto che non so quanto possa essere comodo per te riunire in un unico intreccio sia il fattore “organizzazione” (questo mi ricorda un po’ Detective Conan) e il fattore sovrannaturale. Soprattutto il primo è in genere un elemento molto difficile da gestire, per il semi realismo da cui sono circondate trame del genere (in generale si va sempre a finire di parlare di politica quando ci sono). Se vuoi un consiglio da parte mia: fermati finché sei in tempo, o meglio, sviluppa meglio uno soltanto dei due aspetti. Se sei sicura su cosa fare, non è importante. Conta questa come una raccomandazione, ma se ti dovesse venire anche il minimo dubbio e la carne messa a cuocere dovesse iniziare a sembrare troppa da poter gestire, ti consiglio di rinunciare ad una delle due strade.

Molti degli aspetti da commentare l’abbiamo già fatto con i personaggi, quindi cominceremo con le proposte di re-writing delle scene. Se le proponiamo non è che pensiamo che siano “migliori”, non possiamo avere questa presunzione, ma le consideriamo delle proposte per rendere più vivo il dramma.

– Primo Re-writing

Ci è venuto in mente come finale alternativo con Diana. Se davvero alla fine saliva sul treno con Luna si sarebbe creata una potenziale sequenza di scene colme di tensione e disagio, come rapporto da sviluppare, soprattutto se Luna aveva sulla coscienza l’abbandono o la morte di Neil.

Quella tra le due ragazze sarebbe stata una complessa e interessante relazione.

– Secondo Re-writing

“We have intelligence… Agility… And strength. If we combine our strengths, this will be very easy. Don’t you want to show that train what we are capable of? I will accept this challenge with pleasure!

Sons of Gondor! Of Rohan! My brothers. I see in your eyes the same fear that would take the heart of me.
A day may come when the courage of Men fails, when we forsake our friends and break all bonds of fellowship, but it is not this day.

An hour of wolves and shattered shields when the Age of Men comes crashing down, but it is not this day!

This day we fight!”

Ce n’era bisogno? :C (Hai già capito la scena) Ti prego, è stupidissima! D:

Suggerimenti su come renderla, se proprio doveva esserci: più discreta, battute significative, Apollo li  spronava e la cosa si fermava lì, nei loro scambi di sguardi continuando a lavorare con i mezzi busti.

…Però, un altro detto che si dice in Italia è “volemose bene”. Ecco, qui ce n’è troppo. Il rapporto tra questi tre poteva essere molto più complicato, e sviluppato come tale. Avevamo in mente una scena in particolare al posto della Deduzione di Neil, quando scopre le informazioni su Apollo, quindi dimentica totalmente questa cosa che hai creato in questo punto, e torniamo un attimo indietro.

Apollo si turba e comincia a picchiare Neil (data la forza bruta che tanto vantava nella scena di prima), e a quel punto Neil ha un crollo dove non gli importa niente del male fisico, ma continua a ripetersi “mi dispiace” fino ad urlarlo ad Apollo durante un crollo emotivo.

Apollo prende le sue come lacrime di coccodrillo e gli causa un ematoma finale. In questa scena soffrono tutti e tre.
Apollo: per la frustrazione di venir giudicato a quel modo, potrebbe prendersela nel sentir trattata la sua vita come un giochino di logica.
Neil: sia fisicamente che sul piano psicologico, è sinceramente dispiaciuto per come ha fatto sentire Apollo.
Luna: mentre cerca di separarli, disperata, quindi soffre sul piano psicologico anche lei

Alla fine Apollo se ne va, magari rendendosi conto di aver esagerato
Tuttavia le sue azioni gli sono sembrate giustificate: dato anche il passato in strada, pensa che la violenza sia una buona soluzione, e che il suo unico errore era solo di non averla dosata bene.

Apollo muore come nella sceneggiatura originale, ma Neil ha un motivo per affezionarsi a lui, che si spiega alla fine del capitolo 3, e da lì decide di non prendere più le cose alla leggera, in una risoluzione interiore.

A Luna invece dispiace molto meno che Apollo sia morto. Lei è ancora accecata dalla sofferenza di quando avevano picchiato Neil (considerando la versione alternativa che ti abbiamo proposto del personaggio, è anche molto più protettiva), e infatti per questo si crea un conflitto tra i due nel capitolo 3.

CAPITOLO 3:

Neil, pur mettendosi in pericolo, vuole sempre seguire i suoi principi volendo trovare sempre più informazioni su, magari, un’altra persona bloccata in quella struttura che è anche più pericolosa di Apollo.

Per questo Luna non ce la fa più e gli scrive, nella rabbia, “Va bene, fatti ammazzare un’altra volta” o cose del genere (da qui si vede che anche Luna perde la pazienza e ha dei difetti).

Per tutto il capitolo, quindi, si va tra i punti di vista dei due, dove Luna non riesce a scrivere più niente nel quaderno, e con lei tutte le porte sono aperte, perché le sfonda tutte, anche per sfogare la frustrazione.

Invece in Neil si vede una vera e propria crescita e presa di coscienza, e questo si può vedere tramite le deduzioni che può fare al sopravvissuto di turno: meno spettacolari, più sobrie, come un detective professionista che ha rispetto per le sofferenze altrui.

FINE CAPITOLO 3 (Non abbiamo approfondito la trama effettiva, quello sta a te farlo) – Il ritorno al treno

Si ritrovano entrambi vicino al treno ed entrano. Luna lo ignora, e va al vagone ristorante. Neil la raggiunge, volendosi chiarire con lei.

Si viene a scoprire che Luna covava tutto questo rancore perché in realtà voleva troppo bene a Neil per vederlo con i segni del male che gli aveva fatto Apollo (Qui ricorre l’ematoma).

Ma in realtà Neil aveva capito il messaggio che Apollo gli voleva dare, e tranquillizza Luna dicendo che ormai “quell’ematoma non fa male”, perché proprio quello gli ha fatto aprire gli occhi.

Luna, per via del proprio passato, anche se con dolore accetta il discorso di Neil, ricordando che ciò che non ti uccide ti rende più forte, e che magari glielo scrive che grazie a lui l’ha ricordato ancora una volta.

Alla fine del chiarimento si abbracciano, CG con loro fuori fuoco e la pagina dove ha scritto Luna di aver ricordato messa a fuoco, con la pagina inumidita dalla sua lacrima.

In tutto questo immagina scene del genere , oppure le tue scene preferite se le nostre non ti piacciono, con le animazioni che sei capace di fare.

Pensa i personaggi come attori, per render memorabili le scene con tutti i loro movimenti, gesti, certi modi di fare che richiamano la loro caratterizzazione.

Anzi, sfrutta di più le sprite, quindi i corpi degli attori nello spazio, rispetto a queste cavolo di CG come primi piani: un linguaggio eccessivamente da anime che, ripetiamo, è da bandire secondo la nostra filosofia.

Conclusione

Per noi sei una creator molto capace, Lydia, e con dei rassettamenti pensiamo che potresti finire facilmente nella categoria di giochi Rpg che ci piace chiamare “Master”, “maestri” appunto.

Buona fortuna con i tuoi prossimi progetti.


Okay, abbiamo riconosciuto sicuramente i valori di Lydia, ma comunque…

“Ho visto un buco sospetto nel muro, credo che dovremmo esaminarlo

E IO NON LO ESAMINO!


…TI ODIO!(-Ele)