Category Archives: Recensioni

Cat In The Box – Recensione

Cat In The Box – Recensione

Buona Vigilia di Natale, e buon lockdown per chi se la passa a casa!

Dato che la protagonista di Cat In The Box, invece, è potuta uscire da casa sua (seppur il gioco sia di quest’anno…) ha deciso, per fare la splendida nel suo canale… Youtube? Dailymotion? Nicovideo? Di esplorare la casa che giorni prima apparteneva ad una setta.

Volete saperne di più sulla trama? PaoGun ha già parlato dello storytelling di questo gioco nel secondo articolo del Tin Coffee Pot Time: “Storytelling – Tre modi alternativi per raccontare una storia”!

Io, Ele, mi occuperò principalmente di parlare delle meccaniche e del gameplay in generale di questo titolo, per cui abbiamo deciso di dedicare questo articolo specifico.

Gameplay – Elementi survival ed inseguimenti divini

In generale Cat In The Box è davvero piacevole da giocare, le fasi di esplorazione non sono mai noiose e, per fortuna, si trovano costantemente i nastri per la nostra videocamera, così che il giocatore non imprechi solo per salvare la partita e non perdere ore e ore di gioco, così come la cioccolata per non far addormentare il giocatore sulla tastiera per la velocità iniziale della protagonista.

Come avrete già notato dal titolo e da cosa ha detto PaoGun, Cat In The Box è un RPG Horror molto più “occidentale” rispetto a molti che siamo tutti abituati a vedere, seppur la ragazza protagonista sia disegnata in uno stile più o meno anime.

Ma andiamo nel dettaglio, partiamo dalle fasi di esplorazione. Perché ho scritto che è un prodotto che sembra di stampo molto occidentale rispetto ad altri del genere?

Perché, secondo me, il gameplay di Cat In The Box pende sul fronte del survival, tipico sottogenere del gioco horror che si produce tipicamente da noi, rispetto all’RPG Horror tipico giapponese a cui siamo stati tutti abituati.

Il primo elemento che lo rende differente sono gli oggetti limitati per salvare e correre…

Si, ragazzi, so benissimo che Faust Alptraum anche ha la cioccolata per farti correre, stavo spiegando-

Si, conosco anch’io CaNDLE e il suo sistema della candela ansiogeno!

Mio Dio, fatemi spiegare…

Metteremo proprio a confronto questi due titoli con Cat In The Box.

I primi due, o per via di una cattiva disposizione degli oggetti (in CaNDLE non puoi finire il gioco se non prendi le prime tre candele che si trovano all’inizio) o semplicemente per la meccanica in generale, creano un’ansia costante nel giocatore che dovrà costantemente controllare il livello della candela di Ca o l’energia di Elisabeth.

Ora, non parlerò del come poteva essere fatto meglio questo sistema nel dettaglio, ma dico solo che in entrambi i giochi quest’ansia dell’avere un game over vero e proprio da un momento all’altro per via degli oggetti limitati… Rende entrambi i titoli semplicemente più ansiosi e con giocatori più propensi al ragequit, se mi permetto di esagerare. Questo è perché mettono la situazione sempre “sul filo di un rasoio”, soprattutto CaNDLE (vorrei precisare che Faust Alptraum soffre molto meno di questo problema rispetto a CaNDLE, avendo un posizionamento degli oggetti indispensabili discreto).

Quindi Cat In The Box cosa ha fatto?

Si è semplicemente reso maestro di questo sistema, dando come oggetti limitati la velocità e la possibilità di salvataggio. È stata una scelta intelligente, onestamente, perché non ci si ritrova nel ritmo perenne in cui rischi di avere un game over in ogni secondo e bisogna controllare costantemente dei livelli di qualcosa, senza goderti nulla del titolo, che ha anche delle belle atmosfere.

Ma l’effetto di ansia è papabile lo stesso, dato che viene limitata una cosa vitale come il salvataggio. Quindi il giocatore non si ritrova oppresso dalla meccanica, ma si ritrova una vera e propria sfida… Come dovrebbe essere.
Se non ci si gestisce bene l’uso dei nastri, sei costretto a continuare a giocare finchè non ne trovi un altro (il che non è mai troppo tardi, avendo il gioco una buona disposizione degli oggetti). L’esperienza non viene dagli avvertimenti che successivamente ti danno un game over di botto, bensì dalle conseguenze se non gestisci bene la situazione in cui sei.

E questo, per me, lo rende più “survival” degli altri due titoli che ho citato. Il survival si basa perennemente sul gestire la propria situazione attuale, avendo conseguenze certo scomode, ma che non ti fanno finire la partita istantaneamente…

Come può fare un inseguimento contro, probabilmente, una versione di te stessa da un’altra linea temporale.

 

Ecco, siamo arrivati al secondo punto di questo paragrafo della recensione.

Come diceva il titolo, ho adorato gli inseguimenti in questo gioco.
A livello più tecnico, il fatto che il gioco ci da una stamina l
imitata aggiunge molto, dato che non potremo sempre andare sempre e comunque full-speed, quindi se non abbiamo rimedi per la stamina (molto rari, io ne avrò trovato uno durante la mia giocata) dobbiamo imparare a dosare bene la velocità… Ma dato che gli inseguimenti (permettetemi l’assolutismo, seriamente. Ho giocato così tanti giochi inutilmente difficili che queste cose mi rendono esageratamente felice.) sono stati fatti bene, questa cosa non rende il gioco più incline a far salire l’isteria a persone come me, ma semplicemente aggiunge sfida!

 

Ma oltre a una bellissima giocabilità, la cosa che ho apprezzato di più è, esco dal mio campo, il concept di molti degli inseguimenti, in generale.

Molti sono stati aiutati, a livello di idee, dal fatto che l’antica divinità evocata dalla setta citata nel gioco è la causa di tutto questo loop temporale…

(Quella sopra è più una fase stealth che ho ugualmente apprezzato molto)

Ma soprattutto quelli che hanno a che fare in qualche modo con le copie della protagonista…

…Sono diventati un elemento vincente, dato l’espediente quasi “meta” delle linee temporali.

Ma oltre alle belle, inquietanti, mai troppo invasive, mai troppo banali… E che fanno anche foreshadowing sul plot twist principale, visuali in cui facciamo correre la protagonista, molti altri elementi di Cat In The Box si basano sul tema delle anomalie temporali.

Infatti, tornando per qualche secondo sugli inseguimenti, quando si viene catturati succede sempre qualcosa di strano al livello del gioco vero e proprio.

Ecco un esempio.

(In realtà questo cambiamento della schermata del titolo avviene anche se si va semplicemente al menu principale tramite il menu di gioco, se si è “fortunati”, ma almeno a me è successo quando sono stata catturata dalla copia della protagonista)

E se si clicca la prima voce… Il gioco non è che si chiude solo, o qualcosa di più semplice… Bensì crasha dopo questa schermata con testo scorrevole.

“Un crash obbligato, che figata è?! Cioè non è solo uno ‘SceneManager.exit’*, crasha proprio!!”

Io appena ho avuto questo game over, visibilmente emozionata.

*chiamata script usata su RPG Maker VX Ace per chiudere direttamente il gioco

Da qui apriamo il capitolo che finisce questo spezzone molto entusiasta della recensione: gli easter egg e i segreti.

Questi sono… Semplicemente tantissimi! Davvero, c’è persino un video di un intero minigioco inutilizzato che collega Cat In The Box a Stygian, il gioco precedente a questo, sempre della PsychoFlux Entertainment!

 

Se volete vederli tutti, vi lascio il video di quello che è praticamente l’idolo di ogni fan di RPG Horror nel 2020: ManlyBadassHero.

Ma in quest’articolo ve ne lascio un assaggio.

Se controllate quest’armadio quando il primo killer è morto…

E dopo aver provato ad usare più forza, senza successo…

…Ottenete l’ascia e poi, prima di andare al piano di sopra tornate a questo armadio…

…Hmm, già, perchè ha un nastro per la videocamera e ha i nostri stessi vestiti?

Oh, otterrete un nastro per la videocamera! Che fortuna!

…Ah, questo gioco è bellissimo, non ho davvero dubbi su questo.

 

Dopo le nostre prime due recensioni cariche d’odio e amarezza (spoiler: ci sarà più odio successivamente, just you wait) e il nostro apprezzamento per Purgatory, abbiamo trovato in un gioco di quest’anno davvero un’altra perla.

Con un inizio da tipico film slasher, con un plot twist che ha attorno degli elementi di foreshadowing a tratti anche incredibili, assieme ad un gameplay ben pensato, equilibrato e mai lasciato all’approssimazione perché “tanto è un RPG Horror” ed un aesthetic quasi occidentale, per noi Cat In The Box rimarrà per lungo tempo un importante punto di riferimento e confronto.

Purgatory – Recensione

Salve, piccoli moscerini fastidiosi dell’internet. La vostra disgustosa ragnetta dalle case con più muffa che altro e viscidosa serpentessa dalle fogne più puzzolenti sono pronte per tornare qui sugli Archives per iniziare questa nuova stagione più cariche che mai e pronte a liberare i nostri veleni.

La prima recensione di questo sito è stata un’incazzatissima stroncatura con tanto di flame in background, poi abbiamo proseguito con un’altra recensione non troppo positiva e ciò vorrebbe forse indicare che il nostro fato prevede provare rabbia nella vita. Forse alcuni di voi ci avranno fatto l’abitudine alla nostra attitudine…

Perché ve ne stiamo parlando adesso? Semplice! Perché con Back To The Future ci stiamo avvicinando alla generazione dello story-telling focus!

Ed è proprio per questo che riprenderemo le nostre attività recensendo Purgatory

Sì, c’entra. C’entra.

Purgatory è una piccola perla che abbiamo scoperto quest’anno, quindi perché stiamo parlando come delle possedute di Satana?

Capiate una cosa.

Il discorso della narratività videoludica, come questa è percepita da un fandom e tanti altri discorsi legati ad essa… È davvero un macro-tema da affrontare, una bella gatta da pelare per noi.

Tutti gli articoli programmati fino a questa primavera riguarderanno proprio questa tematica, se non tutti la maggior parte. Diciamo pure quasi tutti a parte uno si imbatteranno in questo argomento, semplicemente sono divisi in tre rubriche diverse perché abbiamo trovato il modo di sviscerare il grande tema di quest’anno tramite numerose analisi di altri giochi, nel bene…

…E nel male.

Ciò a cui ci stiamo avvicinando non riguarda soltanto la scrittura, ma come abbiamo già anticipato anche la storia delle varie produzioni di questi giochi. Vi renderete conto come i soggetti cambino rispetto a quelli che abbiamo presentato finora in Back to The Future. Il mondo degli Rpg Horror, e perché no, della produzione videoludica indipendente sta per cambiare.

Ora finalmente possiamo introdurre che ruolo avrà in tutto questo la categoria “Recensioni” di quest’anno. Dunque, tre recensioni su quattro tratteranno di giochi che sembrano avvicinarsi alla struttura della Generazione 0, che ricordiamo era la Generazione in cui ciascun gioco, prima ancora che cercare di emergere cercava di trasmettere delle sensazioni al giocatore.

Anche se si tratta “soltanto” di paura ognuno ha cercato di farlo a modo suo, ricercando continuamente uno stile e numerosi e svariati metodi…

(In foto: Ao Oni, Yume Nikki, Body Elements)

…Tanti modi e stili diversi per cercare pure di trasmettere qualcosa di così primordiale anche trattasi soltanto della paura.
La sezione delle recensioni mai in questo momento potrebbe dirsi più importante, perché saranno il nostro terreno di confronto con i titoli analizzati in Back To The Future e anche con il titolo che analizzeremo in via del tutto speciale non in una normale recensione o nella sezione Back To The Future, ma nella nuova rubrica…

Quindi ora che abbiamo fatto le nostre introduzioni possiamo avvicinarci finalmente al titolo in questione.

Purgatory

Trama

La partita inizia in una stanza piena di cadaveri e di sangue dove cade la nostra protagonista. Il design non sarà forse tra i più accattivanti o curati, ma come un buon vecchio Rpg Horror di vecchio stile riesce in pochi minuti ad introdurti all’azione e a farti fare domande.
Dalla prima esplorazione sembra si tratti di un seminterrato di una prigione. Ebbene, è effettivamente una prigione.

La realtà è che, come vedremo proseguendo nell’esplorazione, si tratta di una macelleria. Il setting scelto è stato reso in modo davvero particolare poichè il grigio e le palette scure si mescolano ai pavimenti ricoperti di carne e muri di carne che ci scatenano immediatamente forti sensazioni di disorientamento e desolazione.
Con i primi giri di esplorazione con Ele ero quasi portata a credere, dato lo scenario, che si trattasse di una sorta di distopia e per questo ammetto di esserci rimasta un po’ male quando alla fine si è scoperto essere soltanto una struttura abbandonata che i personaggi coinvolti si sono ritrovati ad esplorare per pura curiosità.

La spiegazione di come Enri (il nome della nostra protagonista) sia finita lì la otterremo poco a poco con dei flashback. Il modo in cui avviene il primo flashback è chiaro, mentre la ragazza si muove verso la zona successiva la vediamo in un ambiente diverso e con vestiti diversi, mentre ci viene presentato poi Emma, una dei ragazzi che la spingerà ad entrare per prima nella struttura per farla curiosare.

Dicevamo questo ambiente sembra una macelleria…

…Con tanto di macchina per tagliare la carne a fettine.

E se si tratta di una macelleria non poteva mancare certo un macellaio.

Tra i vari game over e bad end sarà compreso anche un finale in cui Enri riuscirà ad uscire utilizzando lo strumento di una strana ascia che le donerà uno status demoniaco con cui potrà sconfiggerlo e scappare.

In realtà io della storia non avrei tanto da dire, non c’è un intreccio da sviscerare e con cui possa sporcarmi le mani. Quello che conta in questo gioco è la suggestività.

L’autore è riuscito a portare al pubblico un gioco così suggestivo da meritarsi una trama altrettanto complessa. Anche se i pochi eventi che ci vengono narrati sono chiari e raccontati con trasparente linearità, questi purtroppo non sarebbero abbastanza per poter far vantare al proprio titolo la costruzione di un valido intreccio narrativo, senza tralasciare i numerosi elementi di background che ci sarebbero da spiegare e su cui non sono così sicura che riuscirebbe a fare Purgatory 2.

Tuttavia non disprezzo totalmente il tipo di trama in cui ci siamo imbattute, soprattutto perché questo rende ancora più evocative le stranezze dall’aspetto sovrannaturale che ci si presentano durante il cammino. Con un po’ di impegno probabilmente si riuscirebbe a costruire sopra una buona cornice narrativa che possa spiegare i fenomeni che osserviamo durante il gameplay senza dover rinunciare alla loro natura sfuggente e paranormale.

Il prossimo gioco che recensiremo ci troveremo davanti ad un caso di narrazione videoludica più interessante e sfaccettata negli indizi da cogliere durante l’esplorazione dell’ambiente…

A proposito di questo, è il caso di lasciare l’articolo nelle mani di Ele.

Sì, ammetto che avete passato con me davvero poco tempo nel corso di questo articolo, ma con voi avremo modo di vederci nei prossimi che ci saranno.

Vedrete, eccome se lo vedrete

Gameplay

Buona sera! Buona sera! È Ele (o EleRantula che dir si voglia) adesso che vi parla!

Che dire… Paola ha più o meno riassunto parte di quel che dirò in questa frase:

“…Come un buon vecchio Rpg Horror di vecchio stile riesce in pochi minuti ad introdurti all’azione e a farti fare domande.”

Si, come abbiamo detto per The Crooked Man in Back To The Future, anche qui si ha un ritorno alla Generazione della Horror Experience.

Ma se nel titolo di Uri sembra che abbiamo avuto solo un sussulto di questa generazione, dato che era dato principalmente dall’atmosfera del gioco, in Purgatory possiamo avere una bella full-immersion in questa generazione, seppur in chiave più “moderna”.

Ora capirete che intendo, con una domanda chiave che potreste porvi:

“Perché un gioco del 2017 secondo te ha una così grande ispirazione da una corrente di HOR-RPG che è partita praticamente a metà degli anni 90?”

Ragazzi, sarà una risposta comune, ma vi basta giocare.

L’inizio del gioco, come vi ha detto mia sorella, ti catapulta direttamente nell’azione.
Nessun’introduzione del background (per ora) o di una situazione particolare tramite qualunque mezzo, una protagonista sconosciuta e soprattutto muta…

Ma andiamocene via da quelle montagne di cadaveri ed esploriamo il posto in cui la ragazza è stata portata in modo tanto improvviso.

…………………

…………..

……………

Durante l’esplorazione non sentite, ad esempio, un certo… Silenzio?
Nessuna OST precisa ad accompagnarci nell’atmosfera horror di questa sottospecie di prigione/macelleria, solo dei suoni d’ambiente e gli occasionali (più frequenti nelle fasi iniziali del gioco) passi di Enri nei vari laghi e pozze di sangue (che, se vogliamo essere proprio puntigliosi, a livello di realisticità ho trovato esagerate, seppur aiutino molto a costruire l’atmosfera) presenti… Questo senso di pace, dato anche dal fatto che, appunto, Enri sembra essere una ragazza muta (o, se no, molto taciturna) quindi non ci viene mostrato neanche molto il suo punto di vista tramite pensieri o dialoghi…
Cosa vi fa sentire?
Come sempre, ve lo dico io: isolati. Isolati dal resto del mondo proprio come Enri, dato che siete chiusi lì dentro assieme a lei. Questa completa partecipazione ed immersione da parte del giocatore nell’ambiente e atmosfera… Vi fa ricordare qualcosa, fan di lunga data?

 

Per chi è nuovo nei Ludi Tarantula Archives, questo pezzo è tratto dall’articolo dedicato ad Ao Oni nella rubrica “Ritorno Al Futuro”. Ao Oni l’abbiamo trattato nella cosiddetta “Generazione 0” di cui sto tanto parlando in questa recensione. Ci sono più informazioni su questa nel primissimo articolo di Ritorno Al Futuro su CORPSE-PARTY, ma anche solo leggendo questa recensione avrete capito di che tipo di titoli stiamo parlando.

Quindi si, signori, possiamo confermare che nel 2017 è saltato fuori un titolo che sembra molto ispirato dalle atmosfere di circa… Quanto, dodici anni fa?

Passando al gameplay vero e proprio, anche questo è in parte una conseguenza di quest’ispirazione tanto grande dalla generazione della Horror Experience.
Infatti si ha nel gioco un’esplorazione pura dei vari ambienti, alcun enigma preciso ma più che altro un ritrovamento di oggetti per andare avanti, anche se ovviamente non ci si ritrova mai in ambienti troppo dispersivi, essendo la “macelleria” sezionata in vari ambienti precisi sempre con qualche differenza tra loro, divisi da delle persiane che bisogna ogni volta aprire per progredire nel gioco.

Come si suol dire, team che vince non si cambia: anche con questo gameplay alla base piuttosto semplice, Purgatory non annoia e Nama (autore/autrice del gioco) è riuscit* quasi sempre, soprattutto dalla seconda sezione in poi, a trovare idee fantasiose per far trovare ai giocatori le “chiavi verdi” che servono dall’inizio alla fine.

Parliamo però adesso del motivo del perchè all’inizio di questa parte della recensione ho citato una full-immersion nella Generazione 0 in chiave moderna. Questi che elencherò saranno proprio i motivi del perché questo titolo nel 2017 (e nel 2020) regge molto bene, pur ispirandosi da titoli molto vecchi e pur non essendo un qualche tipo di cult: la linearità.

Come dicevo sopra, la macelleria è divisa in varie zone che a loro volta sono divise in zone più piccole (le varie stanze all’interno di una macro-zona, in breve), che non abbiamo tutte disponibili fin da subito: dobbiamo sbloccarle una alla volta.
Già rispetto ad Ao Oni, dove abbiamo una bella moltitudine di stanze disponibili fin dall’inizio, o anche Akemi Tan, questo piccolo elemento aggiunge a Purgatory un tipo di procedimento nel gioco più simile, ad esempio, alle prime fasi di Ib.
Ib è della Generazione 1: Il Character Drama.

Ma oltre a enigmi e trappole… Abbiamo detto che in questa macelleria c’è anche il macellaio. Infatti questo titolo comprende anche un certo numero di inseguimenti con questo simpaticissimo affetta-carne, pronto ad ucciderci (come dicono gli i film slasher horror fin dagli anni 80).

Anche da questo punto di vista Purgatory si allontana da titoli come Ao Oni, dove gli inseguimenti sono randomici e l’Oni può apparire da ogni angolo, perché gli inseguimenti con il macellaio sono tutti scriptati.
Quel che c’è da notare non è il fatto stesso che il giocatore sappia quando esattamente il macellaio appaia, ma il fatto che gli inseguimenti scriptati sono tipici di giochi più guidati e con inseguimenti molto più “dettati dalla trama” e dalla situazione che si va ad affrontare nella storia; Purgatory poteva gestire gli inseguimenti come Ao Oni, dato che il nemico principale non ha quasi mai a che fare con la storia, quindi che appaia in modo randomico o solo e soltanto in certi momenti non avrebbe fatto molta differenza.

Ma invece no, ed è stata anche una buona scelta, secondo me. Ha reso più facile il creare modi fantasiosi per scappare da… Quell’uomo massiccio.

Come ad esempio in questo caso.

Questo piccolo… “Enigma”? Consiste in breve nel tirare una delle leve e andare al bottone corrispondente (che sarà visibile tramite il fatto che è di un rosso più acceso) il più velocemente possibile: se il giocatore non fa in tempo, la leva deve essere tirata da capo.

Ecco, dopo aver risolto l’enigma in questa stanza più tranquilla e aver rigorosamente salvato prima di entrare nella porta che ci porterà alla prossima stanza, succede questo.

“Ah, devo fare come prima!” Pensa il giocatore a questo punto.

Ho davvero apprezzato questo inseguimento: molte volte quando ci sono questi tipi di inseguimenti (o anche boss fight vere e proprie), esse sembrano molto più difficili di dei combattimenti normali… Ma semplicemente perché è molto probabile che il giocatore ci metta più tempo a capire cosa diamine debba fare per non essere ucciso, che farlo effettivamente. Ed è… Fastidioso.

Quest’inseguimento, vi dico, è stato abbastanza lungo per me. Ma sapevo cosa dovevo fare, era proprio la difficoltà effettiva dell’inseguimento a renderlo lungo e anche a tratti complicato, data la difficoltà aggiunta del macellaio che, appunto, insegue Enri che intanto deve andare da un bottone all’altro, da una leva all’altra…

Quindi, citando questo caso, in breve ho apprezzato gli inseguimenti di Purgatory in generale, e la scelta del renderli scriptati, che in molti altri giochi (come Yume Nikki: Dream Diary) rende il tutto molto più noioso, prevedibile, e anche anticlimatico, in questo caso è stata vincente, data la fantasia generale che c’è stata per il gioco dal punto di vista del gameplay.

Un’altra cosa che rende il gioco sicuramente più fruibile, anche se ci sono tutti quegli elementi di gameplay e atmosfera della continuamente citata Generazione 0, per spiegare la trama (il perché Enri sia finita nella macelleria, principalmente), vengono usati dei flashback sottoforma di cutscene, con ovviamente anche un potrait alternativo per Enri per far vedere com’era prima di cadere in quella brutta situazione.

Questa scena, che si ottiene quando si sta per andare nella seconda zona di gioco, è anche accompagnata da una musica. C’è la presentazione di un altro personaggio (Emma), che vedremo nelle cutscene successive e si farà riconoscere per la sua falsa innocenza e subdolaggine, che poi saranno uno dei motivi principali (se non IL motivo principale) per cui Enri si trova nella macelleria.

Durante queste scene si può notare che si sta raccontando una, per quanto semplice, storia in tutto e per tutto. Non c’è un’introduzione solo per spiegare in che luogo siamo, come in Ao Oni, ma degli eventi raccontati con potrait che variano anche d’espressione (in alcuni giochi questa cosa non c’è, quindi mi sembrava giusto dirlo). Sono tutte piccole caratteristiche che contribuiscono a dare un contesto più preciso a tutto ciò che stiamo facendo con Enri nel presente e aiuta molto a non lasciarci quella sensazione di vuoto che normalmente si prova mentre si gioca un titolo della generazione da cui il gameplay di questo gioco prende ispirazione.

Purgatory quindi, per questi motivi, è davvero un bel titolo per i nostalgici dell’Horror Experience che ci portavano le fasi di risoluzione dei puzzle di Ao Oni nel 2004, o anche le prime fasi di Akemi Tan nel 2012, assieme ad altri titoli minori (prendo come esempio Body Elements, con sviluppatore sempre Kona5) ma allo stesso tempo, tramite degli artwork niente male e un piccolo background sufficientemente logico a condire il tutto riesce ad essere più fruibile di altri titoli dello stesso tipo anche ai giocatori più abituati a giochi più lineari dal punto di vista della storyline e del gameplay, quindi anche ai giocatori di RPG Horror più novizi.

Possiamo quindi definire questo titolo “Un pezzo di passato inserito nella modernità”.

midnight train luna

Midnight Train – Recensione (Lettera aperta)

Dlin dlon, in carrozza! Questa sarà la nostra seconda recensione, Midnight Train.

In realtà questa è una vecchia recensione, la seconda che abbiamo fatto. La recensione di A Figment of Discord viene dopo quella di Midnight Train, ma il gioco del destino e le numerose circostanze ci hanno indirizzato a pubblicare negli Archives, per primo, proprio il frammento della discordia –come è stato poi in seguito ma…dettagli. Questo titolo porta sfiga– quando invece questa l’avevamo pubblicata tempo addietro su Itch.Io (vedere commento di “tomorrowavenger”). 

Mbè, allora? Perché stiamo ripescando Midnight Train? Perché rompere le scatole a questo gioco?

Le motivazioni risiedono nel cuore della recensione, ma… Da questo punto in poi l’introduzione è nelle mani di Ele, la videogiocatrice tra le due…


Muhahahah! Ok, no.

Qui c’è da fare tutt’un discorso, per far capire perché abbiamo “preso di mira”, come una professoressa maligna, questo titolo: spettatori attivi, spettatori passivi, e su come recepiscono soprattutto questo genere di giochi entrambe le parti.

Ma cosa intendo con spettatori “attivi” e “passivi”? In verità mi riferisco a due spettatori di due media diversi: il prodotto audiovisivo e il prodotto videoludico.
Chi guarda un prodotto audiovisivo è ovviamente uno spettatore passivo: può “restare seduto là a guardare” e le sue azioni non influiscono sul comportamento di nessuno dei personaggi, così come quello dell’ambiente eccetera, al contrario dei videogiochi: per questo un videogiocatore possiamo considerarlo uno spettatore attivo.

E tutto questo che c’entra con Midnight Train e, più che altro, con la sua autrice Lydia?

Ecco, io e mia sorella abbiamo preso questo come caso di studio perché ci sembra l’esempio eclatante del fenomeno dello spettatore passivo che diventa creator di prodotti per spettatori attivi (potremmo parlare anche di Angels Of Death –come faremo a tempo debito– di cui è diventato più famoso l’anime, guardacaso), anche dal punto di vista più critico del termine, quindi dal punto di vista degli errori che gravano su questo gioco e anche altri del genere RPG Horror (anche se considerare Midnight Train horror… Mah!), proprio per via della probabile ignoranza sul funzionamento di un gameplay, che deriva da poche esperienze di spettatore attivo.
Purtroppo ciò si riflette in Midnight Train, dove si vuole puntare solo su una storyline e quasi per niente sul gameplay… Pur essendo l’RPG Horror un videogioco!

E questo mi fa porgere una domanda da un milione di euro a tutti voi creator, non creator, o anche futuri creator su RPG Maker, dato che si parla di questo tool qui:

RPG Maker per cosa è stato creato?

Sembra una domanda idiota, ma da parte di alcuni troverete una risposta, da altri un’altra risposta.

Ci saranno i videogiocatori che risponderanno: beh, per creare prevalentemente giochi di ruolo in terza persona!

E su questo siamo tutti d’accordo.

Ma ci saranno anche persone, quelli che sono sempre stati spettatori passivi, prevalentemente, che diranno:

“RPG Maker è un buon tool per raccontare le proprie storie!”

Se posso essere onesta, questa frase mi manda in bestia, e l’ho sentita troppe volte da parte di splendidi che volevano lanciarsi nella corrente solo con le loro “storie”, e che volevano sfruttare il tool perché semplice.

In un videogioco non si racconta solo una storia, e non si racconta come in un prodotto audiovisivo. Con un videogioco puoi fare molto di più: certe meccaniche di gioco connesse alla trama per dare l’effetto “wow” al giocatore, per fargli dire “ma che figo, devo farlo?!” oppure “oddio, devo seriamente farlo…?!” (cito l’ “aborto interattivo” della versione americana di South Park: Stick of Truth), oppure anche mischiarlo alla caratterizzazione dei personaggi se durante la storia in alcuni momenti di stallo puoi conoscerli meglio (I Confidant di Persona sono uno dei casi più comuni) e tante, tante altre cose che fanno sentire il giocatore parte integrante dell’esperienza, far avere un rapporto più diretto tra opera e spettatore!

Sicuramente il videogioco si sta sempre più riscoprendo figlio del prodotto audiovisivo, ma non può mai e poi mai sostituirsi a quello.

Tornando adesso a Midnight Train, e perchè il suo gameplay non può essere difeso.

Sono la prima ad amare i giochi prevalentemente narrativi e persino le visual novel, ma qui bisogna considerare tante cose, ma principalmente il genere.

Molti giochi narrativi e con effettivamente poco di gameplay sono “difesi” dal genere a cui puntano; dei casi perfetti sono le visual novel anche classiche, di cui fanno la narrazione il loro “gameplay”, ma anche gli interactive dramas come ad esempio i giochi Telltale.

Lì un giocatore si fa già delle aspettative, sa più o meno i ritmi di gioco, e soprattutto sa quanto “deve giocare” e quanto deve immergersi nella storia.

Ma!

C’è un “ma”.

Prima di tutto: anche nelle visual novel (che, anche a confronto degli interactive dramas, c’è anche oggettivamente ancora meno gameplay) tu, giocatore, hai potere decisionale dalla scelta delle route stessa nelle VN romantiche o simili (prendiamo Doki Doki Literature Club, ad esempio), oppure delle fasi effettive di gameplay, (prendiamo le fasi di investigazione e Class Trial di Danganronpa). In breve… Pur immergendosi molto, il giocatore fa pur sempre qualcosa senza togliere nulla alla trama, e anzi intersecando queste fasi ad essa! Cosa che Midnight Train non ha fatto, ma se ne parla meglio nella recensione. Cominciamo col dire che le varie difficoltà da superare nel gioco non sono direttamente collegati in un certo modo alla trama… Ma ne sembrano un mero contorno!

C’è un motivo per tutto ciò, però.

Purtroppo, da quel che abbiamo notato, soprattutto la corrente degli RPG Horror è seguita prevalentemente da spettatori passivi, pur essendo essi dei videogiochi.

Grazie agli youtuber, prevalentemente, si sono potuti avvicinare a questi titoli fan, ad esempio, di anime, serie TV, film eccetera, perché anche se i video trattavano videogiochi… Gli spettatori erano passivi sempre e comunque, dato che giocava qualcun altro.

Quindi si è iniziato a valutare gli RPG Horror come se fossero solo le loro storie, come se fossero ad esempio un anime (eh, quante volte si sono visti tentativi di rendere animate le cutscene di Ib, ad esempio?) o simili, ma questo grazie anche ad un gameplay che in molti casi (tra cui anche due dei “master” Ib e Mad Father) era legato strettamente alla storia e agli ambienti, quindi indivisibile da essa, e anche parte integrante delle atmosfere.

Questo “svalutamento videoludico” dell’RPG Horror, questo quasi abbassarlo solo ad “una bella storia” e basta ha portato a questo: persone mai state videogiocatrici che “pretendono” di fare prodotti per videogiocatori.

E ipotizziamo che nacque così anche Midnight Train.

“Ok, ma che prove avete?”

A questo proposito, prima di far parlare la recensione effettiva vorrei esaminare tre casi in particolare, i miei personali “3 steps of grief” per questo titolo.

3- Siamo allo scalino più basso, il dolore colpisce poco e ci si può ancora vivere:
Nel gioco, ad un certo punto, si troverà un diario appartenente probabilmente ad una ragazza morta in quella struttura. Così i nostri due protagonisti, Neil e Luna, lo prendono.

Esso servirà durante la fase di deduzione con Neil, e questo anche va bene: per spiegare una certa cosa ci è voluta una prova particolare; si ha più o meno integrato un oggetto che prendi nel gameplay in una scena di trama.

Il problema è che l’atto di prendere il diario è in generale forzato: c’è sempre lo stesso problema! Se non lo prendi non hai neanche margini di errore durante la deduzione come può succedere in un L.A. Noire, ad esempio: se non hai abbastanza prove incolpi la persona sbagliata, oppure puoi incolpare quella giusta ma non hai abbastanza prove, quindi un grado più basso alla fine… In breve: o lo prendi in quel momento e lo prendi per forza, o non vai avanti! Io avrei consigliato di poterlo prendere o lasciare là, e magari durante la deduzione Neil ti avvisa che probabilmente non hai controllato bene le aree e lì il giocatore dice “ah, qui serviva il diario!”, e via con una fase libera investigativa!

Ma, come è sempre in questi casi, abbiamo raschiato solo la punta dell’iceberg.

2- Siamo in una fase media, il gameplay generale: il dolore è fastidioso e si arranca un po’ a sopportarlo, ma si fa sempre sentire… Ed è uno schifo.

Anche perché questo problema affligge ogni singola fase in cui bisogna risolvere degli enigmi: è il discorso che facevo prima, il gameplay in questo gioco è solamente un accessorio per non far addormentare il giocatore sulla tastiera: ci sono o non ci sono gli enigmi è la stessa cosa, la storia va avanti comunque! Le fasi di gioco e quelle narrative sono state separate come l’albume dall’uovo!

1-

Questo particolare momento del gioco ha scatenato esplosioni atomiche senza preavviso in varie parti non ben specificate del mondo. Più e più vittime si verificano sulla Terra ogni volta che questi brevi secondi appaiono al giocatore.

Spiego meglio il perché di queste conseguenze apocalittiche.

Vedete quella X nell’immagine? Ecco, quella è una trap

“Dobbiamo esaminare bene quel segno, non ho un buon presentimento.”

Ahem… Si, non ne avevamo bisogno, Neil.

Comunque, se ci passi sopra, game over: vieni schiacciato al muro da un orologio a pendolo camminante… Non facciamoci domande.

Dunque, già guardando una X rossa probabilmente scritta con sangue fresco sul pavimento il giocatore capisce: “Ok,  devo trovare un modo per sviare la trappola, o non devo passare sulla X: la X è una bugia, la X attiva la trappola

Se il giocatore può capirlo anche così… Perché diavolo fare tutt’una cutscene (attivabile se vai giusto a fianco della X) dove Neil lancia una moneta sulla X e WOW! La X è una trappola!

Ma, meme a  parte, ora vi dico una cosa davvero raccapricciante…

Se non avete questa cutscene, anche se avete la chiave per andare avanti, Neil vi fermerà anche se già sapete che quella X è una trappola.

Vi lascio un attimo di tempo per processare.

Si! Esattamente! Non si può andare avanti finchè il diavolo di gioco non ti ha mostrato tutte  le cutscene che ha da offrire, senza tenere conto di quanto te ne possa importare o meno!

Va bene, qualcuno chiederà sicuramente –Vi vedo già con la tastiera pronta, non ci provate- :

“E se un giocatore in quella parte non muore come fa a capire che l’orologio è
pericoloso?”

Semplice: non lo capisce. Perché, c’è davvero bisogno di capire per l’ennesima volta che il luogo in cui Neil e Luna si trovano è pericoloso? Serviva davvero fare una cutscene trattata anche come principale e non opzionale solo per un dannatissimo game over?!

Okay… Torno ad essere seria e professionale per un minuto…

Ahem… Quindi, a parte gli scleri e andando direttamente al gioco, abbiamo il piacere di farvi leggere la lettera che abbiamo scritto a Lydia sulla sua pagina itch.io.


-Lettera Aperta a Lydia. Contiene spoiler sull’intero gioco.
PS A volte ci alternavamo durante la recensione, e potreste leggere alcuni punti in prima persona.

Cara Lydia,

Speriamo stia andando tutto bene per il development.

Noi siamo due rompiscatole che in qualità di giocatrici vorrebbero recensire i primi due capitoli di questo gioco.

Non recensiamo Aria’s Story (che di storia ha proprio 0 -ci stiamo permettendo di usare toni così acidi perché abbiamo notato che vuoi fare un reboot, e questo vorrebbe essere un cattivo modo di spronarti a lavorare meglio sulla sceneggiatura). C’è un problema alla base: non capiamo come Lewin sia riuscito a scrivere una storia basata sull’esplorazione di Aria, e soprattutto ad essere lì con lei quando Aria si stava comportando come un essere umano: in teoria, secondo la logica, se Lewin non scrive, Aria svanisce o sta ferma, non le sono state scritte azioni.
Ma tralasciando Aria, parliamo di Midnight Train perché pensiamo che questo abbia più potenziale e che tu possegga tutte le carte in tavola per portare qualcosa di fresco nella corrente RPG horror (e non).

Abbiamo avuto numerose modifiche delle nostre aspettative su questo gioco

All’inizio il vibe fa pensare ad un titolo più investigativo, con un “campo d’azione” abbastanza ristretto: concentrarsi sulle vicende di pochi personaggi e come luogo principale il treno.
Mai letto, ad esempio, Assassinio sull’Orient Express? Noi no. Non ancora.
Però hanno fatto il film, il punto è che secondo noi potevi sfruttare molto meglio una situazione di suspense perenne, claustrofobia e allo stesso tempo l’idea di essere intrappolati in una gabbia dorata (la mappa del treno ci è piaciuta da impazzire, anzi ci ha ricordato anche titoli come “Il Professor Layton e il Vaso di Pandora”, quindi complimenti per questo).

Invece no.

E’ diventata una classica trama “all’avventura” con mappe piuttosto raffazzonate, con le costruzioni da esplorare, molti clichè del caso… Insomma, parte del potenziale era già perso qui.
A Roma si dice: “li mortacci tua”, in questi casi.

Ci hai fatto pensare bene fino alla fine! Tutta la prima cutscene nel treno… Dai! 🙁

Dopo quella cutscene abbiamo subito intuito e azzeccato la maggior parte delle dinamiche narrative:

Incontro con il co-protagonista (Neil) nel treno
La (alla fine falsa) tensione data dal fatto del tempo limitato. Di questo punto ne parleremo assieme all’approccio intreccio-gameplay.
Tutto l’arco di Diana, dall’inizio alla fine. Anche qua troverai un approfondimento quando ci saranno le varie proposte di re-writing.
Per Apollo è stato lo stesso. Da quando è iniziato il suo arco, è bastato solo scoprire un po’ di più per cadere nel banale.

Ora facciamo una cosa: prendiamo una lente d’ingrandimento e guardiamo alcuni punti da vicino.

Cominciamo dai personaggi.

Luna:

Blanda. Molto blanda, mi dispiace essere cattiva. Ci piaceva il fatto che fosse una che “picchiava”, abbastanza manesca, particolarità molto carina, se solo non venisse pienamente sostituita da Apollo nel secondo capitolo.
Per il resto è una protagonista muta, ma potevi darle con dei dettagli una personalità che non fosse “schifosamente buona”. Ad esempio, per qualche colpo di scena sarebbe stato bello se lei scrivesse cose che non pensava davvero. Non ha neanche il limite del tono di voce: non parla, se scrive normalmente può manipolare a modo suo le situazioni. Non dico debba essere cattiva, ma magari fare qualcosa dove lei ha le intenzioni più buone del mondo, ma usa mezzi sbagliati.
Potevi sfruttare molto il quaderno: potevano esserci molte cose carine!
Ad esempio che se lo controllavi in alcuni punti particolari, Luna scriveva aggiornando le informazioni come se fosse un diario che scrive mentre esplora le costruzioni, magari faceva anche qualche disegnino.
Un’altra cosa: dato che il quadernino era di Neil, se andavi molto indietro con le pagine si potevano vedere suoi appunti su dei vecchi casi che provava a risolvere da solo.

Versione alternativa

Prova ad immaginarla così: perché è così protettiva?
Poteva essere che aveva, in un tempo passato, qualcuno da proteggere, poi quel qualcuno si è fatto del male, magari è persino morto, e quindi in Neil ritrova il suo bisogno di proteggere, ma non volendo essere mai più negligente, inizia a proteggerlo anche in maniera più morbosa rispetto a quella mostrata nel gioco; questo bisogno lo rendevi quasi un suo difetto.
Abbiamo anche in mente un suo sviluppo tra il capitolo due e il capitolo tre, ma ci sarà nell’intera parte sui re-writing.

Neil:


Personaggio abbastanza classico.
Ragazzo con il sogno nel cassetto, ma trattato come un deficiente. E qui ripetiamo: li mortacci tua! Ci piaceva come era mostrato in scena: ha molti dubbi sul suo ruolo nel mondo, effettivamente, ma quell’ultima CG nel capitolo due ci ha spaventate.
Rischia di avere un development molto scontato: Apollo poteva insegnargli, in vita e in morte, ben altro che il solito “io libererò tutti”.

Versione alternativa

Poteva maturare in altro modo, ma per questo dovrai leggere le scene riscritte.

Apollo:

Ci ha dato filo da torcere. Era… Ci dispiace dirlo, ma pensato male fin dall’inizio.
Classico distaccato, vita difficile, che però si fa motivare dai primi due ragazzetti che passano. Ma la cosa che dà più fastidio è che nonostante la vita in strada, lui non si sia minimamente indurito in negativo: andiamo, la scena dell’autodifesa era molto forzata su tutti i fronti per una semplice questione legata al realismo:
Come ha fatto, solo alzandosi, a far volare quell’uomo dall’altra parte del cancello?

Questo “cuore sensibile” del personaggio è semplicemente un cliché vecchio come il mondo, che per me non ha mai avuto senso e mai lo avrà. Com’è possibile che, per la vita che ha fatto, resti in lui sempre una parte pura e candida che si prende cura degli animali? Non la troviamo abbastanza giustificata per il tipo di vita a cui è andato incontro, come ha fatto a sviluppare questi principi così in contrasto con il contesto in cui si trova?

Versione alternativa

Poteva essere, magari, un po’ meno “smug”, presentarlo meno come il classico personaggio “figo” e caratterizzarlo con più sincera strafottenza. L’avrebbe reso un personaggio effettivamente odioso agli occhi di molti giocatori, e il sospetto dei protagonisti si sarebbe giustificato meglio.

Forse il suo development sarebbe stato meglio se trattato in maniera più implicita. D’accordo: avrebbe mantenuto le sue idee, ma avrebbe recuperato un briciolo di speranza per Neil e Luna, dato che si sono dimostrati forti, e lui finisce per stimarli, in un certo senso, a considerarli suoi pari e quel minimo di speranza lo porta proprio alla morte, come è stato sviluppato originariamente.
Tuttavia avremmo preferito se questa speranza nascente fosse stata più nascosta, e non buttata fuori con uno spiegone inutile.

Diana…No, non la consideriamo al momento. Anche perché per ora non l’abbiamo analizzata a sufficienza né avevamo gli strumenti necessari, però pare un personaggio piuttosto prevedibile.

Il problema è che sembra piuttosto inutile, così come l’arco in cui appare.

Gameplay

Ci dispiace dirlo in modo tanto schietto, ma il gameplay non porta chissà cosa di nuovo. Esplorazione ed enigmi (tra cui molti abbastanza casuali), con nessuna meccanica o momento particolare che spicchi, abbastanza piatto, dobbiamo dire.

Il gameplay non sembra ben legato alla trama e al contesto a cui appartiene, ma un elemento accessorio, il che è piuttosto grave, se vuoi creare un videogioco.

L’ultima parola è stata messa in grassetto e corsivo perché qui entra in ballo un discorso abbastanza lungo: RPG Maker è per creare giochi, o una scusa per raccontare storie, secondo te?
Al pubblico, ovviamente, interessa una buona trama, ma in un videogioco ci si prende cura anche del gameplay per un motivo, che purtroppo in Midnight Train, Aria’s Story e anche altri titoli da parte di altri autori, sembra molto standardizzato, abbastanza spoglio e poco profondo.

Dato che hai preso sempre Ib come punto di riferimento, ti diciamo il perché in Ib questo gameplay con enigmi ed esplorazione funzionava.
Tutto quanto era pensato per dare personalità alla Galleria, quasi a personificarla nelle figure di Mary e lo stesso Guertena. Pensa al quadro della formica, alla bocca, e a moltissime opere dell’artista spagnolo fittizio che ti rimanevano nel cuore, proprio per via dei vari enigmi collegati ad essi: quasi ti ci affezionavi, alla Galleria stessa.

Vedi la famosa scena della bambola blu gigante nella stanza della bambole, lì c’è una costruzione della suspence notevole: la chiave non si trova e devi squartare bambole di pezza mentre una di queste emerge dalla luce, accompagnata da campane di morte che aspetta solo che il giocatore fallisca. Era un sistema random tra l’altro: dove avevi trovato la chiave una volta non era detto che la trovavi la seconda volta.

In Midnight Train l’intero gameplay poteva essere concentrato sul tempo.
Non sul tempo reale, dà solo ansia inutile al giocatore, ma magari si poteva avere l’interfaccia di un orologio, e tutto il luogo era disegnato per far perdere tempo a chi si ritrovava nelle varie costruzioni.

Ad esempio puoi decidere, ad un certo punto, se darti una rassettata allo specchio, e il giocatore curioso clicca “si”, ma è inconsapevole che ciò gli farà perdere tempo, e quindi renderlo più vicino al game over (che può essere anche un bad end, volendo). Ovviamente, per bilanciare il tutto, anche alcune azioni principali faranno perdere tempo, e sarà più difficile averne, quindi più difficile continuare il gioco, andando avanti per le costruzioni, per via della quantità sempre più alta di “azioni accessorie”, oppure per via del fatto che alcune azioni inutili possono mascherarsi sempre di più da azioni principali, rendendosi quasi irriconoscibili.

Lo stesso rapporto con Neil avrebbe potuto deciderlo il giocatore, parlandoci di più, ma perdendo più tempo, o parlandoci meno per spirito di sopravvivenza: per tutto questo si sarebbe potuta sacrificare un’intera amicizia, e per questo si sarebbe ancora di più sottolineata la brutta situazione in cui sono i protagonisti.

PS: E’ però molto bella la scena in cui Neil e Luna trovano gli orologi, rendeva bene l’atmosfera e la musica era azzeccata. Peccato appunto che sia una tensione morta sul colpo non appena la scena era finita.

 

Scene principali e re-writing

Torniamo alla trama, quello a cui sembri puntare.

Cominciando già dal fatto che non so quanto possa essere comodo per te riunire in un unico intreccio sia il fattore “organizzazione” (questo mi ricorda un po’ Detective Conan) e il fattore sovrannaturale. Soprattutto il primo è in genere un elemento molto difficile da gestire, per il semi realismo da cui sono circondate trame del genere (in generale si va sempre a finire di parlare di politica quando ci sono). Se vuoi un consiglio da parte mia: fermati finché sei in tempo, o meglio, sviluppa meglio uno soltanto dei due aspetti. Se sei sicura su cosa fare, non è importante. Conta questa come una raccomandazione, ma se ti dovesse venire anche il minimo dubbio e la carne messa a cuocere dovesse iniziare a sembrare troppa da poter gestire, ti consiglio di rinunciare ad una delle due strade.

Molti degli aspetti da commentare l’abbiamo già fatto con i personaggi, quindi cominceremo con le proposte di re-writing delle scene. Se le proponiamo non è che pensiamo che siano “migliori”, non possiamo avere questa presunzione, ma le consideriamo delle proposte per rendere più vivo il dramma.

– Primo Re-writing

Ci è venuto in mente come finale alternativo con Diana. Se davvero alla fine saliva sul treno con Luna si sarebbe creata una potenziale sequenza di scene colme di tensione e disagio, come rapporto da sviluppare, soprattutto se Luna aveva sulla coscienza l’abbandono o la morte di Neil.

Quella tra le due ragazze sarebbe stata una complessa e interessante relazione.

– Secondo Re-writing

“We have intelligence… Agility… And strength. If we combine our strengths, this will be very easy. Don’t you want to show that train what we are capable of? I will accept this challenge with pleasure!

Sons of Gondor! Of Rohan! My brothers. I see in your eyes the same fear that would take the heart of me.
A day may come when the courage of Men fails, when we forsake our friends and break all bonds of fellowship, but it is not this day.

An hour of wolves and shattered shields when the Age of Men comes crashing down, but it is not this day!

This day we fight!”

Ce n’era bisogno? :C (Hai già capito la scena) Ti prego, è stupidissima! D:

Suggerimenti su come renderla, se proprio doveva esserci: più discreta, battute significative, Apollo li  spronava e la cosa si fermava lì, nei loro scambi di sguardi continuando a lavorare con i mezzi busti.

…Però, un altro detto che si dice in Italia è “volemose bene”. Ecco, qui ce n’è troppo. Il rapporto tra questi tre poteva essere molto più complicato, e sviluppato come tale. Avevamo in mente una scena in particolare al posto della Deduzione di Neil, quando scopre le informazioni su Apollo, quindi dimentica totalmente questa cosa che hai creato in questo punto, e torniamo un attimo indietro.

Apollo si turba e comincia a picchiare Neil (data la forza bruta che tanto vantava nella scena di prima), e a quel punto Neil ha un crollo dove non gli importa niente del male fisico, ma continua a ripetersi “mi dispiace” fino ad urlarlo ad Apollo durante un crollo emotivo.

Apollo prende le sue come lacrime di coccodrillo e gli causa un ematoma finale. In questa scena soffrono tutti e tre.
Apollo: per la frustrazione di venir giudicato a quel modo, potrebbe prendersela nel sentir trattata la sua vita come un giochino di logica.
Neil: sia fisicamente che sul piano psicologico, è sinceramente dispiaciuto per come ha fatto sentire Apollo.
Luna: mentre cerca di separarli, disperata, quindi soffre sul piano psicologico anche lei

Alla fine Apollo se ne va, magari rendendosi conto di aver esagerato
Tuttavia le sue azioni gli sono sembrate giustificate: dato anche il passato in strada, pensa che la violenza sia una buona soluzione, e che il suo unico errore era solo di non averla dosata bene.

Apollo muore come nella sceneggiatura originale, ma Neil ha un motivo per affezionarsi a lui, che si spiega alla fine del capitolo 3, e da lì decide di non prendere più le cose alla leggera, in una risoluzione interiore.

A Luna invece dispiace molto meno che Apollo sia morto. Lei è ancora accecata dalla sofferenza di quando avevano picchiato Neil (considerando la versione alternativa che ti abbiamo proposto del personaggio, è anche molto più protettiva), e infatti per questo si crea un conflitto tra i due nel capitolo 3.

CAPITOLO 3:

Neil, pur mettendosi in pericolo, vuole sempre seguire i suoi principi volendo trovare sempre più informazioni su, magari, un’altra persona bloccata in quella struttura che è anche più pericolosa di Apollo.

Per questo Luna non ce la fa più e gli scrive, nella rabbia, “Va bene, fatti ammazzare un’altra volta” o cose del genere (da qui si vede che anche Luna perde la pazienza e ha dei difetti).

Per tutto il capitolo, quindi, si va tra i punti di vista dei due, dove Luna non riesce a scrivere più niente nel quaderno, e con lei tutte le porte sono aperte, perché le sfonda tutte, anche per sfogare la frustrazione.

Invece in Neil si vede una vera e propria crescita e presa di coscienza, e questo si può vedere tramite le deduzioni che può fare al sopravvissuto di turno: meno spettacolari, più sobrie, come un detective professionista che ha rispetto per le sofferenze altrui.

FINE CAPITOLO 3 (Non abbiamo approfondito la trama effettiva, quello sta a te farlo) – Il ritorno al treno

Si ritrovano entrambi vicino al treno ed entrano. Luna lo ignora, e va al vagone ristorante. Neil la raggiunge, volendosi chiarire con lei.

Si viene a scoprire che Luna covava tutto questo rancore perché in realtà voleva troppo bene a Neil per vederlo con i segni del male che gli aveva fatto Apollo (Qui ricorre l’ematoma).

Ma in realtà Neil aveva capito il messaggio che Apollo gli voleva dare, e tranquillizza Luna dicendo che ormai “quell’ematoma non fa male”, perché proprio quello gli ha fatto aprire gli occhi.

Luna, per via del proprio passato, anche se con dolore accetta il discorso di Neil, ricordando che ciò che non ti uccide ti rende più forte, e che magari glielo scrive che grazie a lui l’ha ricordato ancora una volta.

Alla fine del chiarimento si abbracciano, CG con loro fuori fuoco e la pagina dove ha scritto Luna di aver ricordato messa a fuoco, con la pagina inumidita dalla sua lacrima.

In tutto questo immagina scene del genere , oppure le tue scene preferite se le nostre non ti piacciono, con le animazioni che sei capace di fare.

Pensa i personaggi come attori, per render memorabili le scene con tutti i loro movimenti, gesti, certi modi di fare che richiamano la loro caratterizzazione.

Anzi, sfrutta di più le sprite, quindi i corpi degli attori nello spazio, rispetto a queste cavolo di CG come primi piani: un linguaggio eccessivamente da anime che, ripetiamo, è da bandire secondo la nostra filosofia.

Conclusione

Per noi sei una creator molto capace, Lydia, e con dei rassettamenti pensiamo che potresti finire facilmente nella categoria di giochi Rpg che ci piace chiamare “Master”, “maestri” appunto.

Buona fortuna con i tuoi prossimi progetti.


Okay, abbiamo riconosciuto sicuramente i valori di Lydia, ma comunque…

“Ho visto un buco sospetto nel muro, credo che dovremmo esaminarlo

E IO NON LO ESAMINO!


…TI ODIO!(-Ele)

a figment of discord rpg horror game

A Figment Of Discord – Recensione

Questa è la prima recensione videoludica che abbiamo il piacere, diciamo (le stroncature non mai tanto un piacere) su Ludi Tarantula’s Archives.
Il titolo in questione è “A Figment of Discord” per due motivi:

– Il primo è perché è stato un invito della stessa autrice. Sicuramente non pensiamo che questa sia una buona giustificazione perché magari non si aspettava questo stile di recensione, anche da una parte alcuni tra i commenti lasciati in giro su Facebook speriamo che sia potuta fare un’idea sulla forma espressiva che utilizziamo.

– Il secondo motivo è che il titolo in questione è stato preso in considerazione per le nomination dei Misao 2019 e questo è stato un fattore che ci ha lasciate perplesse. Quello che ci auguriamo, anche se potrebbe esserci disaccordo nelle considerazioni, è che questa stroncatura possa essere uno stimolo per tentare di applicare un metodo di fare critica anche su Rpg Maker che è stato già sviluppato in campo editoriale e cinematografico, per fare degli esempi.
Ovviamente a chi può essere piaciuto il gioco non abbiamo nulla da dire, sono gusti personali, ma quando si tratta di riconoscimenti e nomination prendiamo le cose seriamente, perché in questo modo entra in gioco una visione oggettiva (e NON soggettiva) del prodotto. 
Del resto, tuttavia, essendo che l’anno scorso a quanto pare un gioco pieno di lacune come Aria’s Story abbia avuto il riconoscimento di narrazione impeccabile non potevamo aspettarci molto.

 

PRIMO AVVERTIMENTO

Ci teniamo a mettere questo avvertimento per via dei toni acidi che potrebbero venire fuori nel corso della recensione, è nella norma al giorno d’oggi di preoccuparsi sempre di rientrare nel giusto e non offendere nessuno in una spirale di buonismo spesso ingiustificato, ma per la critica crediamo che siano necessari questi punti: giustificazione, associazione e/o dissociazione nei confronti delle altre opinioni, confronti con altri prodotti ed esempi che possano spiegare meglio le argomentazioni che verranno stilate ed entertainment.

Se non si usano i termini accattivanti, frasi che possano guidare il lettore e cogliere il suo interesse: sviluppare il carisma è necessario per catturare l’attenzione del pubblico e spesso per questo ce ne rimette il prodotto recensito. Quella del critico è pur sempre una professione.

Tra i nostri riferimenti per il metodo ed il linguaggio abbiamo loro, che sono solo alcuni tra i canali che in un campo o nell’altro fanno della critica seguita e apprezzata rendendo dell’ironia –e alcuni con un pizzico di acidità– il loro cavallo di battaglia: cominciamo dagli italiani, come Ilenia Zodiaco, tra le rubriche più seguite senz’altro “Libri di melma”, ovvero tra i migliori titoli del trash editoriale; Yotobi che oramai non recensisce più film da tempo ma il suo stile ha influenzato ed è stato amato da moltissime persone, prendendo di mira, per entertainment, film indifendibili; tra i critici americani una menzione speciale a Nostalgia Critic che comincia a parlare dei prodotti con sketch introduttivi, ironia dissacrante e alla fine una riflessione e punto di vista costruttivo, e come dimenticare ovviamente i critici videoludici. I PlayerInside, appassionati di cinema, e ciò aggiunge sicuramente un giudizio più critico su sceneggiatura e regia di molti videogiochi e hanno in generale un approccio molto professionale alle recensioni, e quasi televisivo per le loro news della settimana, Parliamo Di Videogiochi  e l’Angry Videogame Nerd, entrambi youtuber che fanno puro entertainment, presentando però tutti i difetti e le incongruenze dei giochi che trattano, perché appunto trattano entrambi giochi di bassa lega (Fraws tratta anche quelli “Di pessimo gusto”, ma stiamo parlando principalmente della serie “Giochi Brutti”) da moltissimo tempo, creando serie molto longeve, la rubrica di Parliamo di Videogiochi è quasi verso i sessanta episodi, e il creator americano ha costruito quella che ormai è una webserie a stagioni, con almeno un centinaio di episodi, di cui molti di noi ricordiamo la sigla (almeno, la fine): “He’s the angriest gamer you’ve ever heard, he’s the Angry Nintendo Nerd. He’s the Angry Atari Sega Nerd, he’s the Angry Videogame Nerd!”

 

Tutti loro sono stati per noi fonti di ispirazione, non riusciremo mai ad emularli e non è nemmeno questo l’intento, ma ci piace pensare che questo tipo di critica un giorno possa esistere anche per il mondo di Rpgmaker.

Detto questo, possiamo cominciare.  

 

AVVERTENZE PER IL LETTORE
In questa recensione non ci esenteremo da spoiler.

 

~Trama, soggetto & sviluppo dell’intreccio~

 

Questa parte dell’analisi la gestiremo in questo modo: seguiremo il tutto dall’inizio con un grande riassunto, commentando le scelte logiche che sono state fatte. È probabile che in questa parte vengano fuori altri aspetti come regia e recitazione (in quanto doppiaggio come nella clip iniziale e nei movimenti delle sprite)  e altri elementi per cui risulteremo pignole e puntigliose.

Cominciamo dall’inizio…

Il titolo. Una ragazza seduta su un trono con un pupazzo tra le braccia, scelta che risulterà ingiustificata e casuale considerando che non ci sarà nessun suggerimento nel corso della storia che la suggerisca come “regina” di qualcosa, né dal suo punto di vista né da quello degli altri. L’artwork ha uno stile sconnesso a differenza dei mezzi busti che verranno mostrate in game, ma questo è un tasto dolente che tocca molti altri Rpg e su cui non ci soffermiamo.
La theme presenta un accompagnamento di cinque note che si susseguono e cambiano la tonalità senza mai arrivare a una linea melodica principale, ed è proprio per questo motivo che ci chiediamo com’è possibile che sia stata scelta come main theme, soprattutto quando tornerà nel carillon: nei carillon solitamente viene messa in evidenza una linea melodica.

 

Ma parliamo delle scelte messe alla rinfusa che dovrebbero corrispondere al “Nuovo gioco”, “Continua”, ed “Esci”: “Dai un morso”, “Assaggia”… Sono la stessa cosa!

 

…Se non altro, le avvertenze prima del video introduttivo sono carine graficamente, e abbiamo apprezzato come sono state realizzate.

Andiamo all’introduzione.

Il doppiaggio. Parliamone, è un disastro sia in italiano che in inglese.

In italiano, però, i gravi problemi di espressione e di “falsazione” della voce sono molto più udibili, anche se pure in inglese (se si ascolta bene) la voce suona davvero… Inespressiva, ma nel senso sbagliato del termine: non ti comunica nulla, e come in italiano la voce è molto falsata, l’ha fatta più “carina”. Un doppiatore non falsa la voce, la muta, la cambia, ma la voce è la sua. Sembrerà una cosa da niente, ma questo video è la distruzione completa del mestiere del doppiatore, che usa generalmente la SUA voce, ma la cambia, e non la falsa in modo tanto palese.

“Ma è un prodotto indie, cosa ti aspetti?” Mi aspetto dei risultati simili alle voice lines di Sen in Mad Father (più che altro dovremmo dare credito al sito Vita-Chii) Lydia in Aria’s Story (che, per quanto non sia un gran gioco, le voci erano apprezzabili, e l’autrice organizza dei veri e propri contest su Twitter per le voci dei suoi personaggi), e per le cutscene, se vuoi mettere del doppiaggio, posso citare Empty Sharp (altro titolo italiano validissimo) come esempio, con un doppiaggio davvero magistrale, seppur fatto da ragazzi per un progetto amatoriale!

L’introduzione è pensata male, scritta peggio e…Davvero, da quant’è che in un gioco non esistono più questi tipi di introduzioni dai primi anni 2000 su quei siti di giochi online che volevano farti conoscere in maniera simpatica i personaggi dei platform scarsi?
Il problema non è la scelta in sé: anche il cliché può considerarsi un’opera d’arte se ben sfruttato, ma ogni scelta deve essere pensata con cognizione di causa e consapevolezza di quello che si presenterà al giocatore.

Per uno scrittore può essere molto importante prendere questo motto come punto di riferimento:  “show don’t tell” (che in un prodotto audiovisivo poi si riflette nella regia).
Un videogioco è una forma d’arte audiovisiva, rispettala. Come hai fatto con il rumore dei bambini in sottofondo, per esempio. Era un buon inizio.

Potevi tuttavia disperdere le informazioni su di lei man mano che si esploravano le mappe e che si interagiva con i personaggi, o se proprio tenevi a riassumere in poco tempo quelle informazioni perché non fare come “Up”, ad esempio.
Certo, citiamo i maestri, che hanno riassunto in pochi minuti di film la vita di un uomo, oppure “La finestra sul cortile”, in cui solo inquadrando le fotografie e gli oggetti nella stanza del protagonista si è rivelato in pochi secondi chi è, cos’ha fatto e cosa gli è accaduto per trovarsi sulla sedia a rotelle.
Prendiamo degli esempi proprio nel mondo degli RPG Horror.
 “The Witch’s house” e la lettura dei diari man mano che prosegui nelle mappe, in un videogioco c’è più libertà per l’autore nella gestione d’informazioni, che può rivelarsi innovativa, davvero gradevole da scoprire, come lo è stato per la storia di Ellen che si conclude con la rivelazione finale data dalla lettera, il primo elemento di partenza con cui abbiamo interagito.

E parlando di allegorie? “Dreaming Mary” è un ottimo titolo: l’introduzione è di poche parole, tutto comincia con le istruzioni date dalla radio che vogliono suggerire un sistema quasi dispotico per come vengono fornite le informazioni e come si comportano poi i personaggi: sono chiari, dalle prime parole che pronunciano capiamo immediatamente chi sono e cosa potrebbero rappresentare, le espressioni di Boaris trasmettono inquietudine sin dal primo incontro e ogni frase sembra costruita per darti l’idea che questo personaggio rappresenta qualcosa di sporco: la tematica sessuale e gli indizi che parlano della pedofilia sono magistralmente filtrati dagli atteggiamenti e dai termini che il cinghiale utilizza.

Andiamo al riassunto.
Eris è una ragazza abbandonata in un orfanotrofio –un orfanotrofio davvero povero e inusuale sul piano realistico, insomma, non so se con così pochi ragazzi poteva considerarsi un’istituzione a tutti gli effetti, e se davvero c’era una sotto-trama più importante a riguardo non è mai stata minimamente accennata o approfondita – e ci fa subito intendere che ha problemi a relazionarsi con gli altri e per compensare la sua solitudine si è “creata un amico immaginario”.
E la malattia, direte voi?
No, davvero, perché la malattia? Com’è nata? Eris soffre di complessi di solitudine da quanto abbiamo visto, cos’è che avrebbe scaturito la sua malattia?
Anche altri ragazzini sono stati orfani, ma questa non è una motivazione sufficiente per parlare di disturbo mentale.
Questo punto lo argomenteremo meglio verso il finale, quando avremo tutte le informazioni in mano.

 

Le scene al presente cominciano con quest’incipit: Eris e Millemiglia, il gatto multicolore, hanno fame, e ci lasciano intendere che nell’orfanotrofio vengono mal nutriti.
Ci sono alcuni battibecchi con le cameriere e poi avviene l’accordo con Chantico: la protagonista sceglie, “per la troppa fame” (ma perché? A breve avrebbero cenato, è una forzatura bella e buona considerando che si aspetta di ricevere leccornie e snack invece di un pasto decente, senza considerare che avrebbe potuto chiedere un favore a Shiva visto che lo considera un ladruncolo) di cedere la sua spilla per una leccornia, per l’appunto, e invece si ritrova con una mela.  

 

Tutto chiaro fin qui? Non notate nulla di strano a proposito di tematiche? Ne parleremo meglio in fondo.

 

Si sente ingannata, l’accordo è fatto, e prende la decisione di riprendersela indietro in quella che dovrebbe essere “Abaddon”, la sua distorsione della realtà, e gli eventi si succedono in maniera piuttosto scorrevole, se non venisse l’altro grande problema: il rogo.

 

Avrebbe potuto semplicemente prendere la spilla di nascosto e inventarsi delle scuse, perché arrivare al rogo? Millemiglia?
Ma non era solo una sua rappresentazione mentale? Cosa dovrebbe rappresentare in questo momento Millemiglia? Supponiamo che Eris volesse vendicarsi per l’inganno che ha subito.
Se vuole vendicarsi significa che ha piena coscienza di chi sia “la strega”, la brucia per “lavare via i suoi peccati” e poi si risveglia la mattina successiva.

 

Il panico generale si scatena quando si scopre la mattina successiva che Chantico è sparita.
Tralasciando che nessuno abbia notato fuori dall’orfanotrofio –data la poca distanza che lo separa dal luogo del misfatto – non pretendo sospettare delle tracce di fumo, ma almeno la legna bruciata, ma se Eris pensava davvero in maniera totalmente disconnessa perché si sarebbe dovuta preoccupare di togliere le tracce?
Già, cosa sta succedendo ad Eris? Si sta preoccupando o si sta sentendo in colpa?

 

 

Piuttosto problematica la sua totale ignoranza sull’omicidio: si sta davvero rendendo conto solo ora di aver ucciso Chantico? E noi che pensavamo che fosse una rappresentazione, una proiezione di ciò che per lei rappresenta la ragazza. Che senso ha che cada dalle nubi ora?
Chi diamine pensa di aver ucciso allora la scorsa notte, una strega cattiva totalmente a caso, perché le piaceva farlo? Lei parlava di punizioni e peccati, se non si rende conto dell’associazione che ha fatto su Chantico perché allora ha fatto quei discorsi che diventerebbero immediatamente incongruenti e fuori contesto?

 

Hannah Arendt aveva analizzato una questione interessante nel libro “La banalità del male” (si parla dell’ambito storico, ma che tuttavia sto decontestualizzando per sfruttarlo nell’argomentazione), che spesso si rivela la chiave di una natura psicopatica: questi tipi di persone in genere presentano un disturbo alla base che prevede la mancanza di empatia per la natura del prossimo e lo vedono come un oggetto, uno strumento, o una qualsiasi  rappresentazione che precluda anche la sola concezione che possa essere un suo pari.

Eris voleva essere una rappresentazione di questo disturbo? La risposta è ignota, confusa.

Il primo atto si conclude, facendoci comprendere che la divisione in capitoli della storia dipende dai vari omicidi che verranno commessi.

Abbiamo poi il secondo omicidio, Sol.
Faremo solo una menzione ai vari finali: quelli pensiamo sia meglio trattarli nella parte dedicata al gameplay, qui possiamo solo considerarne la noia e la bontà tremenda e falsa di cui si ricoprono, menzione speciale per il finale in cui tutti rimangono in vita.
“Oh, cavoletti! Quindi tutti sapevamo che Moloch è uno sporco villano?”
“Oh, sì! Davvero?!”
“Accidentolino, quanti anni abbiamo passato all’oscuro noi cinque!
“Ma perché non gli andiamo contro ora, correndo a diffamarlo per il villaggio?!”

 

 

Beh, insomma, torniamo alla storyline principale.
L’omicidio di Sol si svolge con una certa amarezza: sembra sapere quello che Eris ha combinato, per questo ritengo ben giustificato la necessità di ucciderla nonostante avesse promesso di non rivelare nulla: è lecito che nascano dei sospetti se manterrà o meno la parola, se l’atto di lasciarla in vita avrebbe procurato dei guai.

Tiriamo in ballo i continui errori di anatomia nelle CG, che dovrebbero essere le “scene madri” del gioco. Questo titolo è stato premiato per i disegni, dicono.

Le morti si susseguono in maniera naturale, o meglio, quella che rimane: lo sfigatissimo Mani.
La sua morte è una richiesta di suicidio, ma prima di arrivare alla fine della prima parte del gioco vogliamo fare una menzione speciale a Glenn: quanto può essere inutile la sua comparsa? È un modo tirato a caso per giustificare la sua presenza nella seconda parte della storia, perché è totalmente normale che uno sconosciuto in una sua tranquilla passeggiata decida, così per caso, di inflitrarsi in un orfanotrofio tramite una breccia nel muro.
Breccia, ricordiamo, offerta gentilmente da Shiva: che genio, che maestria, perché provare a scavalcare i cancelli quando puoi risultare più sospetto e rumoroso nel cercare di frantumare un muro?

Altra menzione speciale vanno agli occhi di falco di Eris quando nel realistico dialogo con Glenn –in cui preferisce prenderlo in giro per il suo abbigliamento piuttosto che preoccuparsi che è entrato un cavolo di estraneo nella struttura– pensa tra sé e sé “Oh, da quant’è che c’è questa breccia?”. Non  l’aveva mai notata.
Il punto è che in RPG Maker la visione della mappa è in genere totale, il giocatore riesce a notare tutto, non c’è lo sguardo guidato come nel cinema, per cui consideriamo che seguiamo il punto di vista di Eris: possibile davvero che gironzolando intorno per la mappa o solo voltando il capo non abbia mai notato un buco come quello?

Ricordiamo con affetto anche la scena di quando ha mollato Glenn su due piedi, senza nemmeno preoccuparsi che un estraneo sia nella struttura: lo ignora e lo lascia lì. Fantastico, non importa a nessuno in quell’orfanotrofio se Glenn potrebbe essere un ladro, un maniaco.

Ma torniamo al suicidio di Mani.

Ciò che sappiamo del personaggio è che è una persona sensibile –ovviamente–, sfortunata e che sperava in un riavvicinamento con la sorella Sol, la sua scelta di suicidio è avvenuta proprio in conseguenza alla morte di quest’ultima. Questa è stata una delle poche scelte notevoli, interessanti, che poteva essere sviluppata meglio.

 

Poco dopo che il disgraziato ci lascia le penne entra Shiva, il punkettaro del villaggio, e con vivida sorpresa e sconvolgimento si rende conto di quello che è accaduto.
Eris lo scansa , nemmeno il tonno si preoccupa di rincorrerla, la musica rimane sempre quella e la scena ci trasmette tantissime emozioni. Ma anche no.

Con nonchalance, senza nemmeno il minimo fastidio e diversità nella sua espressività, Eris comunica gli ultimi accadimenti e li rigira in proprio favore, dando la colpa proprio a Shiva e sfruttando il pregiudizio nei suoi confronti. Ovviamente non solo non è stata svolta nessuna indagine in merito da parte della polizia locale, ma tutto l’intento non è stato messo in scena ma comunicato come una spiegazione nuda e crude tra i pensieri di Eris.

 

 

E poi, cosa succede? Rimasta solo lei e il direttore  –ovviamente l’orfanotrofio non è stato nemmeno chiuso ed Eris non è stata trasferita–  la nostra protagonista decide di lasciar andare Millemiglia, facendoci intendere che prova dei sensi di colpa, soprattutto per il biglietto che si trova dopo nella seconda parte della storia; e poi viene richiamata da Moloch e si sussegue una colluttazione.   

 

Un’avvincente e realistica scena in cui si mostrano con dei messaggi di testo come il cattivo direttore sta ferendo la povera Eris.

 

Scena da Primavera di Granito – La morte di Leblanc

Si sussegue un inseguimento che termina con la seminazione di Moloch. Chissà, forse gli sarà venuto un infarto al vecchiaccio. No davvero, non si sa più che fine abbia fatto.

In ogni caso nella seconda parte della storia il punto di vista cambia, dopo aver avuto una frase d’intermezzo: “Sarò io la tua famiglia e mi prenderò cura di te”.
Ebbene, ora abbiamo il punto di vista di Alys, il legame con A Timeless Story e la questione del matrimonio compiuto per necessità.

D’accordo, ma ciò che mi lascia perplessa riguardano sempre le motivazioni dell’avvenimento. La vicenda sembra svolgersi in tempi moderni, se non contemporanei. Se Alys si sente talmente a disagio per questo matrimonio, possibile che non abbia mai cercato di trovare un lavoro? Il punto è che non bisogna dare nulla per scontato, anche una breve informazione a riguardo sarebbe bastata.

Sembra scorrere tutto molto bene da questo punto in poi, l’esplorazione della magione diventa rilassante, se non si presentasse un problema legato al rapporto spazio-tempo.
Purtroppo vuoi solo una categoria vuoi solo un’altra, ce ne sono molte di falle del genere in questa parte del gioco.
Uno dei particolari riguardano senz’altro le lettere, ovvero: stiamo parlando di scrivere lettere a persone che difatti si trovano a pochi metri di distanza, e che per altro lei stessa decide di andare a trovare di persona la mattina successiva al giorno in cui le scrive.
Questo è stato perlomeno ciò che sembra trasparire dalla successione degli eventi, perché dopo la prima notte di nozze trascorsa con il beneamato Glenn –è avvenuto il matrimonio perché si era difatti proposto di offrire delle spese per aiutare la madre di Alys– non si comprende se è avvenuto un ellisse temporale o se le vicende continuino a svolgersi la mattina successiva, questo deriva dal grande problema di regia che questo prodotto soffre.

Dato che si sente giù decide personalmente di far visita a sua madre e aveva idea di far visita anche a Lysander; nonostante, sue testuali parole, sarebbe stata “una lunga camminata” .
Letteralmente due passi di distanza.
Ora, capisco la libera interpretazione e il voler rendere questo dettaglio qualcosa di scorrevole e non impegnativo per il giocatore, ma le parole sarebbero dovute essere dosate in maniera diversa. Oppure trovare altre motivazioni che l’hanno spinta ad evitare per tutto quel tempo –quanto tempo effettivamente sarà passato, giorni o mesi?– di andare incontro alle persone a cui tiene.

Sua madre a quanto pare continuava ad essere lasciata sola, e non sembra che il suo disperato stato di salute potesse concordare con quanto avrebbe promesso Glenn . Considerando che Alys ha letteralmente mandato all’aria la propria realizzazione personale, immaginavo che come “migliori cure che si possano offrire” fosse compresa una tutela da parte del personale indicato, eppure Alys non ha avuto nulla da obiettare a proposito dello stato della madre che è morta nel totale anonimato e ricordiamoci che ha lasciato lì. Non si è più saputo nulla sul cadavere che probabilmente a seguito degli ultimi avvenimenti della storia sarà rimasta in putrefazione.

 

E poi ora Alys non ha comunque più motivo per interessarsi al matrimonio e alla magione, se davvero si trova così male perché non se n’è semplicemente andata? Perché in realtà le faceva comodo? Peccato che questa caratteristica del personaggio non è mai risaltata in nessun modo.

Lo stato di tristezza e disperazione dei personaggi ha un senso quando viene ben giustificato.

E soprattutto pensare di avere la capacità di scrittura vuol dire che non dovrebbe esserci bisogno della giustificazione dell’autore, sentire il bisogno di giustificare tutto in un secondo momento lo fa chi non è cosciente del proprio lavoro. Sono diverse cose gli elementi che si lasciano all’interpretazione e gli elementi che dovrebbero tessersi per costruire una trama logica.

Torniamo al riassunto e vediamo la nuova protagonista –o coprotagonista, come forse sarebbe più corretto chiamarla da parte nostra– che vorrebbe chiedere aiuto a qualcuno ma invece si trova davanti…
Eris? Oh cavolo, quanto diamine sei cresciuta? È un problema che riguarda solo questo personaggio: nonostante dopo l’inseguimento con Moloch la regia ci lasci intendere che nel frattempo siano passati degli anni gli altri personaggi, come lo stesso Glenn – o Shiva che si intravede in uno dei finali– siano rimasti del medesimo aspetto dei tempi passati.
Se consideri di cambiare dei tratti dei personaggi per indicare che il tempo ha avuto riscontro è abbastanza inutile proporre questa disparità.

La presenza di Eris insospettisce Alys, Eris si mostra come una prima donna a differenza della caratterizzazione fredda e schiva che aveva da ragazzina e addirittura, chiedendo informazioni ai servitori, una cameriera comunica che Eris, da quando era fuggita, ha vissuto nascosta in una stanza nella magione!
Cosa? Nascosta in una stanza, davvero?
Perché avrebbe dovuto? C’erano problemi con i genitori del suo benefattore? E anche se fosse, una volta che sono morti ha continuato a rimanere nascosta?
Oppure l’ha tenuta rinchiusa per paura che potesse rivelarsi una persona violenta? Peccato che Glenn non l’abbia mai pensata in questo modo visto che negli atti finali si vede chiaramente e con nonchalance che la considera sua amante.

Alys, non appena ne sa di più controllando tra le carte disperse per la casa, decide di andare a visitare personalmente l’orfanotrofio che si è mostrato a inizio gioco

E poi, cosa dire sul personaggio di Lysander? Non rispondere quando bussano alla porta senza nemmeno sapere di chi si tratta potrebbe indicare uno stato di grande sofferenza che tuttavia viene obliterato dalla loro breve conversazione in cui si chiedono scusa, almeno questa è una delle scene che si otterrebbe se decidessi di intraprendere la scelta di ottenere due finali che contengono la sua presenza.
Si incontra questo personaggio già in A Timeless Story effettivamente, ma lì il suo dramma sembrava derivare da un serio problema di distanza, di allontanamento fisico che riguardava magari anche nella fuga in paesi diversi, non che rimanesse ancorato allo stesso villaggio dove vive la sua ex compagna di giochi a fare i capricci.

Per ottenere il Secret Ending –a proposito, un secret ending da quanto sappiamo non dovrebbe servire per spiegare delle informazioni principali sulla storia ma solo aggiungere qualcosa in più–  non dovevi avere a che fare con Lysander, quindi continueremo a commentare la storyline principale.

La parte dell’orfanotrofio è noiosa e blanda, forse è tuttavia una delle poche volte –considerando la storia di Eris ed escludendo Alys– in cui si cerca di ricreare un clima difatti horror, anche se seguendo semplici cliché.
A proposito di cliché ingiustificati: se gli spiriti mantengono le loro caratterizzazioni anche nella morte, perché volevano uccidere la coprotagonista? La purificazione è avvenuta quando ha compiuto il rituale –a proposito, un piccolo problema di logica che ha notato anche qualcun altro è il fatto che Alys sappia esattamente dove scavare. A quanto pare tutti conoscevano il nascondiglio di Eris–, quindi vuol dire che sono morti con un pizzico di bipolarismo?

 

Qui comunque Alys scopre che Eris ha compiuto gli omicidi, e i due finali variano a seconda se lei sia a conoscenza o meno che in realtà sono sorelle.

 

Se non lo viene a sapere si sussegue il True Ending e comporta il drama: dopo che si viene a sapere del piano malefico tra Glenn ed Eris, avere un bambino –per…Perché due persone del genere dovrebbero nutrire entrambe questo desiderio? Vorrebbe indicare che in realtà sono due personaggi di buon cuore o comunque che nascondono una sensibilità interiore dato che vogliono trasmettere affetto ed educazione ad un bambino? Non è così che si giustificherebbero dei personaggi, rimangono comunque due canaglie–. Tornando al problema: avere un bambino e aver sfruttato Alys per farlo dato che Eris era rimasta ferita al ventre.

 

Poi, Eris la spara. In questo finale per altro Alys ci fa intendere che il demone lo vede anche lei, è ancora presente.
Allora…Era malata anche Alys, alla fine? Condividono lo stesso sangue e per tanto condividono le allucinazioni?

Perché se il demone esiste davvero allora si insiste nel parlare di malattie mentali in “maniera nuda e cruda”?
Sono altri i maestri che parlano della malattia mentale, che ripetiamo è un problema neurologico, si differenzia a seconda della zona infetta e ci sono varie cause, per esempio ereditarie o per traumi

Poi abbiamo l’altro imbarazzante finale, il “Secret Ending”, ovvero il “Non fa niente se hai ucciso delle persone, sei mia sorella e ti voglio bene lo stesso”, con tanto di commento di chiusura di Glenn: “Che finale inaspettato”.

 

Ah si, in tutto questo non vi sfugge niente? Tipo la famosa simbologia della mela?
Non è mai tornata da quando era avvenuto quel conflitto con Chantico
La mela della mitologia greca era d’oro, perché sarebbe andata alla più bella tra le dee. La mela come simbolo biblico e della tentazione in Adamo ed Eva era un frutto proibito, si parla in entrambi i casi solamente di simboli rispetto a qualcosa di più grande: l’uomo è egoista, non si accontenta di ciò che possiede e ha sempre più aspirazioni anche se questo comporta la sua corruzione interiore.

Eris quale aspirazione avrebbe avuto? Soddisfare la propria fame con una leccornia. Sì, c’è qualcosa che non quadra in questa frase.
Si parlava di bisogno fisico, di fame e mal nutrizione –si insisteva su questo punto, è stata considerata una delle motivazioni principali del suo patto–.

Non c’è stato nemmeno un richiamo forzato, un po’ di impegno nel voler, ad esempio, collegare questa nuova caratterizzazione di Eris come elemento che indicava il punto di partenza: era soddisfatta degli avvenimenti accaduti, perché quell’inganno è stato ciò che l’ha spinta a compiere gli omicidi e quindi venire protetta da Glenn vivendo a casa sua. Cioè, nascosta a casa sua.

È un ragionamento che fa acqua da tutte le parti, si parla infatti di tematiche ricorrenti e simboli che dovrebbero servire solo come spunto comunicativo per comunicare un tipo di messaggio e una tematica chiave, una caratteristica narrativa che viene spesso commentata e trattata nei manuali di sceneggiatura e che film come “Dillinger è morto” hanno preferito trattare con ironia e sfida: c’è una pistola che condizionerà il finale del film, e viene continuamente curata e dipinta dal protagonista a casa propria anche senza alcun senso.

Voleva fare un po’ di autoironia? Visto l’inutilità della presenza di Glenn nella suddetta scena, almeno avrebbe potuto esserci una citazione a Raz Degan in Albakiara quando pronunciò la battuta: “È finito il tempo delle mele, puttana”.

 

 

~Gameplay, meccaniche di gioco e comparto grafico~

 

E dopo l’intreccio che la gentilissima PaoGun ci ha spolpato, passiamo al gameplay perché, ricordiamolo, questo è un videogioco, quindi si deve parlare anche del gameplay!

Sicuramente non ci si aspetta un gameplay profondissimo da un RPG Horror: per la maggior parte dei giochi appartenenti a questo genere il gameplay consta solo di enigmi ed esplorazione.  Ma quello anche semplicissimo di questo gioco… Giuro che ho pianto.

…Di disperazione.

Il gameplay è fin troppo guidato e forzato quando non dovrebbe: non è un videogioco, è un diamine di interactive drama! Telltale Games, togliti dai piedi! Sono arrivate le Midori Fragments con le loro fantasmagoriche fasi di esplorazione! Ogni punto sarà molto lungo, quindi lo dividerò in paragrafi:

Map design

Le mappe sono raffazzonate e, essendo più schietta di quanto non lo sono stata già adesso, oggettivamente orribili, con asset di default usati male, e pure quelli scaricati sono stati gettati nelle mappe a tradimento, neanche l’ombra di una tinta schermo, che fa sembrare tutti i colori dei luoghi piatti e senza profondità, prospettiva a volte mandata nella discarica, assieme all’intera concezione di map design.

 

E no, non accetto il “Ma alla parte della magione c’erano delle luci!” come giustificazione. Anzi, crea un grande problema di inconsistenza nelle mappe: è molto irrispettoso nei confronti dei videogiocatori fare delle mappe come questa:

 

Nella fase dell’orfanotrofio, dove si dovrebbe (in teoria) conoscere tutto il personaggio di Eris, e l’intero caso dei suoi omicidi nei luoghi significativi per lei.

Sono questi i luoghi significativi della sua vita?

Una distesa verde con qualche albero piantato a caso, con dei blocchi giganti di cemento?
Non si può andare a caso con le mappe esterne! RPG Maker non aiuta sicuramente con esse perché diciamocelo, gli asset che fornisce per gli esterni sono abbastanza mediocri, quindi bisogna avere un’attenzione anche maggiore per le mappe esterne, proprio perché molto più difficili da fare!

 

Oppure come possiamo non citare i meravigliosi corridoi, con le scale di pietra?

Anche qui lo stesso problema: una distesa enorme di un tile di legno con dei muri sempre e rigorosamente di default; si, premo molto su questa cosa perché furono citate le “grafiche originali” di questo gioco. Sorpresa: nel comparto grafico sono da considerare anche le mappe!

 

Tornando alle scale, la loro posizione… Non so neanche davvero come esprimermi. Non mi dilungo.

 

C’è da dire, almeno, che le mappe piccole non sono malvagie, principalmente perché non hanno il problema delle vaste distese di un solo tipo di tile.

 

Andando alla magione, dove le mappe sono più “curate”.

 

Certo, sicuramente dalla fase dell’orfanotrofio c’è un netto miglioramento e si vede, ma da qui a dire che le mappe sono più curate ce ne vuole.

Si, perché c’è lo stesso identico dolore di ogni mappa anche minimamente estesa di questo gioco! Questa moquette gigantesca, che fa sembrare tutto, non smetterò mai di dirlo, PIATTO e senza alcun effetto d’ombra e/o di luce, dato che essi sono dati solo dalla luce delle finestre (storte e messe male, d’altronde), dalle luci dei candelabri (non si poteva mettere lo stesso script nell’orfanotrofio? Non avrebbe fatto male, a quelle mappe!) e dalla tinta schermo neanche tanto preponderante, dato che il suo compito era solo rendere la mappa un minimo più scura.

Insomma, non scrivo ancora una volta il grande problema delle mappe di questo gioco, ma semplicemente “curare” un po’ di più le mappe solo per una certa fase del gioco, come dicevo è irrispettoso verso i giocatori che pretendono una buona qualità dall’inizio alla fine del loro gameplay, e che il “non essere bravi a fare mappe” non giustifica: se una persona si prende questo gran lavoro (perché essere un map designer è un lavoro stressante e con tante responsabilità) allora o lo fa bene, o se non è bravo deve imparare. Mappe così non sono assolutamente accettabili, se vuoi rendere il tuo gioco pubblico, se stai presentando un prodotto ad un pubblico.

 

Gameplay

 

Ora, dopo quella lunghissima parentesi sulle mappe, passiamo al succo della questione, al pezzo forte.

 

Vorrei iniziare con una mancanza che sembra non abbia dato fastidio solo a me, dato che ho anche avuto modo di vedere il video di un’altra youtuber italiana che se ne lamentava:
la corsa. Infatti in tutto il gioco non si può correre. Neanche durante gli inseguimenti, così ci si ritrova in queste scene dove la protagonista dice di dover correre… Ma non corre. Va in giro con tutta la tranquillità di questo mondo.

Questa della corsa potrebbe essere anche una piccolezza, se non per il motivo di questa scelta e l’effetto che ha sul gameplay.

Partiamo dall’effetto: rende il tutto molto più frustrante, perché i movimenti di Eris (o Alys) non sono, di base, molto veloci. Quindi cammini nelle già citate fantastiche mappe con dei pesi da 800 kg sulle caviglie, che non ti permettono di correre e che rendono il muoversi estremamente lento, quindi frustrante per il giocatore. Preparatevi, perché ripeterò spesso la parola “frustrante” quando parlerò del gameplay di questo gioco.

Per il motivo di tutto questo, mi tocca dare una piccola spiegazione di una storia esterna.
Quando fu pubblicato il gioco sul forum italiano RPG2s.com , molti utenti si erano lamentati dell’infattibilità dello “stealth” ad Abaddon, di cui parleremo dopo.

 

Per risolvere il problema, quindi, al posto di sistemare la fase stealth è stata tolta completamente la corsa. Capisco il perché: questo avrebbe comportato il rifare completamente quella fase dall’inizio, perché era stato effettivamente segnalato che c’era un problema alla base, per quello stealth.
Quindi è stata tolta la corsa, rendendo però l’intero gioco noioso da giocare. Voglio applaudire la genialità di questa scelta, davvero.

Ma questo stealth di cui tanto parlo che problemi aveva?

Era molto semplice come funzionamento, in realtà: le ombre rosse si muovono, se ti vedono è Game Over.

Il problema è il come è stato fatto, cosa che ho già capito al primo sguardo: è stato messo un raggio d’azione agli eventi, se si raggiunge quel raggio d’azione è Game Over.

 

Prima di tutto: in ogni stealth come si deve, i nemici devono prima di tutto vedere il giocatore, prima di far scattare la conseguenza (che sia un Game Over, o altro).
Poi, il movimento quasi casuale è stato il grande fallimento di questa fase “stealth”, che in realtà si traduce in un walk and pray”. Dico “quasi a caso”, perché il pattern è così lungo e con movimenti messi a caso che lo considero, e l’ho anche scambiato a primo occhio, come un movimento casuale.Anche perché bisogna andare, appunto, a caso anche per le direzioni delle sprite, perché esse stesse… Non sono molto eloquenti! Per questo tutto questo stealth non diventa una bella sfida, ma semplicemente frustrante, soprattutto perché il raggio d’azione è troppo largo, e ciò rende il tutto quasi infattibile, data anche la mappa stretta!

C’era una fase stealth anche in un altro RPG Horror, che mi piacerebbe prendere d’esempio: Mad Father.

La fase della “caverna” delle bambole. La ricordate, no? Ogni giocatore di RPG Horror la ricorda. Lì le bambole avevano un pattern preciso di movimento, ma questo non rendeva quella fase estremamente facile, anzi! La difficoltà era data dal raggio d’azione, a volte, e soprattutto dalla velocità delle bambole a spostarsi, e nei “livelli” più avanzati dalla lunghezza dei pattern, e ciò faceva creare una strategia ai giocatori, in base alle informazioni che avevano: velocità, pattern, direzioni. Questo stealth, come dicevo, è estremamente tedioso da gestire, dato che il movimento delle ombre rosse non lo sai, quindi… Vai a caso, pregando che non vedano proprio te, che volevi solo andare a salvare nell’unico salvataggio disponibile.

Esatto! In questo gioco si ha solo un salvataggio per 9 finali! Argh!

Sapete cosa vuol dire avere un unico salvataggio?! Il giocatore avrà questa paura perenne di sbagliare, o di prendere quello che non è il true ending, e avrà sempre paura di dover ricominciare il gioco daccapo!

Quando lo giocai, già mi diede parecchio fastidio questa scelta, perché è ovvio che un giocatore preferisce avere più flessibilità possibile con i punti di salvataggio – tu, autore, non sai cosa potrebbe provare a fare qualcuno che gioca al tuo gioco: se magari testare qualche scelta o anche qualche morte in un punto del gioco precedente a quello in cui è, anche solo per divertimento (perché, sapete, il videogioco è prima di tutto qualcosa che deve intrattenere e divertire, molti sembrano averlo dimenticato), è semplicemente crudele lasciare una limitazione come questa a qualcuno che vuole semplicemente divertirsi… Male o meno! Quindi, aggiungiamo alla lista degli elementi frustranti di questo gioco.

E poi se viene messo solo un salvataggio, al giocatore medio di RPG Horror… Senza essere troppo esagerati, ma ha un’ansia perenne giocando, se vuole il true ending! Dovrebbe essere illegale dare un’ansia simile ai poveri giocatori che non sanno della famigerata stanza dei finali, di cui parleremo verso la fine di questo papiro.

Ma ho raschiato solo la punta dell’iceberg.

Il vero, grandissimo, magistrale, mastodontico problema che affligge questo titolo è l’intera fase di esplorazione, in generale.

Finalmente, ci siamo arrivati!

Che faticaccia… E c’è ancora tanto da dire perché, come detto all’inizio, il gameplay esplorativo, che dovrebbe essere il più semplice da portare su RPG Maker… Non è neanche discreto. Semplicemente per un grande problema che lo affligge, e che rende tutto ulteriormente, ripetiamolo insieme, frustrante!

 

Facciamo un esempio, risulterà più semplice.                      
Ad un certo punto del gioco, durante l’infinita esplorazione ad Abaddon (dove, d’altronde, appena arrivati ci ritroveremo completamente allo sbaraglio, dopo tutto quel e noiosissimo ritmo di gioco a cui ci eravamo ormai abituati), Eris dovrà risolvere un enigma nella sala comune (non fatevi domande), che dice
“Di che colore erano i libri?” E il giocatore si chiede, a questo punto:
“Quali libri?!”

 

Ma non li ricordate? I libri sul comodino direttamente sopra alla libreria, di cui ovviamente tutti ci ricordiamo il colore! Poveri noi, comuni mortali che i colori di quei libri li vediamo solo una volta di sfuggita e poi li ignoriamo, pensando siano un elemento di scena qualunque!

 

Secondo questo gioco, noi dobbiamo ricordare ogni singolo elemento di ogni singola mappa… Altrimenti ci ritroviamo in queste situazioni! Perché in teoria dovevamo ricordarci dal mondo reale il colore dei libri, che vengono trattati come normalissimi elementi di scena, e non come elementi da ricordare per un enigma, e poi indovinarlo per avere solo codesta informazione:

 

“I volatili adorano il cibo dolce e le cose luccicanti.”

 

“Quindi?”
Si chiede il povero giocatore.

 

“Quindi si arriva al punto più critico e insensato del gameplay!”

 

Finalmente siamo al punto focale, che in realtà è molto semplice.

 

Il concetto è quello che ho citato all’inizio della mia parte di recensione…

 

Tutto il gameplay è costretto! Nulla è lasciato al giocatore: se non fai prima questa cosa, se non attivi prima questo switch, questa cosa non accade, anche se hai controllato meticolosamente la stanza cinque minuti fa!

 

Con questo concetto in mente torniamo all’enigma.
Dopo aver risolto con una bella imprecazione quest’indovinello, torniamo a bloccarci nelle mappe di Abaddon, dove ormai la BGM ci sarà già entrata in testa come il più fastidioso dei tormentoni estivi. Finchè non torniamo in cucina.

 

 

Eeh?!

 

Che ci fa ora una torta nella cucina che avevo setacciato alla perfezione dieci minuti fa?!

 

E’ semplice: prima l’enigma non era stato risolto, quindi la torta non è apparsa. Tutto logico, fila tutto liscio, non è vero? Non è vero.

 

Secondo il gioco, quell’appunto sugli uccelli che amano le cose luccicanti e i dolci doveva servire a qualcosa… Si, ma attualmente… No.

 

Il giocatore ricorda che in cucina non c’è niente, e quindi viene normale non controllarla più, quindi questa dannata torta la può trovare solo in un raptus di disperazione in cui cerca di nuovo, per la settantesima volta, in tutte le stanze… Però ha attivato lo switch della torta, quindi può andare avanti. Mi dispiace essere drammatica, ma sto impazzendo. Non si struttura così, un gameplay…

 

Il problema è che questi grandissimi difetti di logica (che alla fine influiscono sul gameplay, e quindi sull’intera giocabilità di A Figment of Discord) sono il pane quotidiano di tutte le fasi esplorative, quindi quelle preponderanti in questi tipi di giochi, di questo titolo! Eh già, se prima non si fa quel che il gioco vuole, voi non potete neanche prendere un’innocentissima chiave, e sapete perché?

 

Perché se fosse stato fatto tutto secondo la logica, l’ordine degli eventi sarebbe stato totalmente sballato, perché c’è stato… Anzi, azzardo a dire che non c’è proprio stato, un lavoro terribile nell’integrazione degli enigmi, quindi delle “fasi in cui si gioca”, nella trama, e quindi bisogna ricorrere a questi stupidissimi escamotage senza logica, che rendono solo più stressante il gioco, lo rendono più, un’ultima volta, frustrante!

 

Quindi, concludendo, le fasi in cui ci si blocca in questo gioco non sono date da informazioni che il giocatore non riesce a recepire, ma che vengono date, bensì da informazioni che il giocatore non riceve proprio!

 

…Facendo un altro esempio, vorrei fare una menzione speciale a loro. Gli unici ed inimitabili.

 

 

Li avete visti?

 

 

E adesso?

 

 

E adesso?

 

Quei sempre maledetti sassi che erano inspiegabilmente importanti!

 

Qui abbiamo un problema di fondo con la differenza tra oggetti di scena, e oggetti importanti per la trama. L’abbiamo visto anche nei libri, no? Ma qui si parla comunque di dove Eris ha tenuto il suo cofanetto segreto, non credo l’abbia seppellito tanto male!

 

Grazie Midori Fragments.

 

Ora torniamo ad un punto che avevo citato poco più sopra, che fa finire la mia parte di questa faticosissima recensione/stroncatura.

 

Ricordate la stanza dei finali? Ora ne parliamo.

 

Quindi, per questi impegnatissimi e curatissimi finali dovremmo affidarci alla “stanza dei finali”, che come luogo non ha proprio senso a livello logico: che razza di camera è quella? Perchè ci sono delle porte che quando aperte ti riportano indietro nel tempo, creando probabilmente 800 dimensioni parallele? Che funzione ha la stanza bonus? Perché dovrebbe dire tutto sui personaggi?
Perché tutto ciò esiste?!

 

Sicuramente molti di voi staranno già con la tastiera alla mano per citare Mogeko Castle… Ebbene, lì è diverso.

 

Mogeko Castle è strapieno di queste aggiunte demenziali, è una delle sue peculiarità, il nonsense. Quando sei in quella situazione, quindi quando giochi a Mogeko Castle, fai mente locale e pensi che non devi farti domande.

 

In Mogeko Castle, poi, quella stanza poteva essere benissimo una di quelle del castello, che come dicevo è pieno di queste stranezze, quindi una sala con le statue di tutti i personaggi, una specie di armadio per vestire Yonaka, e tutto ciò che già sappiamo noi che abbiamo giocato Mogeko Castle… Tutto ciò diventa quasi normale, il giocatore è abituato allo strambo castello popolato dagli esserini gialli.

 

Anche Misao, altro RPG con una stanza bonus, aveva il fattore soprannaturale ad aiutare il tutto.

 

Qui no. Ti propinano una trama che vorrebbe anche andare sul “realistico”, e che non punta assolutamente sul nonsense (anzi, questo gioco vuole anche farsi prendere sul serio), i luoghi (a parte Abaddon) sembrano essere villaggi, case, orfanotrofi…

 

E alla fine ci si ritrova questo tappeto gigantesco, 9 porte ad aspettarci e Millemiglia da guardiano a quella stanza maledetta.

 

E una domanda si fa strada nella mia mente…

 

Ma come ci siamo finiti?!

 

Non ci è dato saperlo, sapremo solo che tutte quelle porte rappresentano delle divergenze importanti per i finali, e che se li sbloccheremo tutti la porta in alto si aprirà, mostrando la già citata bonus room.

 

Ecco… Al posto di creare questa maledettissima stanza, si poteva benissimo dare più libertà al giocatore su quando salvare per avere un finale o un altro!

 

Perché semplicemente questa stanza non serve a nulla, e dà solo informazioni inutili sui già citati dimenticabili personaggi, le origini inutili dei loro nomi, è… Un appunto dell’autrice del gioco. Leggiamolo insieme.

 

“Ciao, sono Umi Nagisa, la fondatrice di Midori Fragments,grazie di cuore per aver giocato A Figment of Discord!”

 

Grazie di cuore a te che mi hai fatta arrabbiare, e allo stesso tempo divertire, per un gioco come non avevo mai fatto. Ti ringrazio.

 

“Se hai avuto la pazienza di sbloccare tutti i finali deve esserti piaciuto davvero… spero!”

 

…L’ho continuato per la scienza.

 

“Come dici? Vorresti qualche anticipazione sul nostro prossimo progetto?”

 

No! Vi prego, state ferme! Stiamo tutti bene così… Ahah… Haha…

 

“Posso dire soltanto che ci allontaneremo dal mondo di A Timeless Story e vireremo più sul fantastico.”

 

Bene, così oltre ai problemi di una trama anche abbastanza semplice, potrebbero esserci ancora più incongruenze a livello logico.

 

“Non mi crederai mai, ma un indizio importante sulla trama è stato già dato all’interno di questo gioco!”

 

Temo di non capire. Illuminami. Davvero, è una richiesta innocente.

 

“Non posso dire di più! Continuate a seguirci sui nostri social per restare sempre aggiornati sui lavori in corso, a presto!”

 

E anche io saluto te, Umi, tutto il team di Midori Fragments, e saluto anche voi, poveri sopravvissuti a tutta questa stroncatura fatta con sangue, sudore e lacrime.