La macchina del tempo resta ferma al 2004.
Sono successe tante cose nel 2004.
Solo nei primi due mesi la sonda Spirit della NASA diede le prime immagini di Marte, poi fu inventato Facebook , uscì al cinema La Passione di Cristo di Mel Gibson e…Oh, giusto, in un mese non ben preciso uscì Ao Oni.
Ma qualche mese più avanti verso l’estate di quell’anno, silenziosamente quanto il titolo di cui abbiamo parlato precedentemente qui su Ritorno Al Futuro, fu pubblicato un gioco che sarebbe diventato uno dei veri e propri cult dell’“astrattismo videoludico”.
Nel 2004, mentre alcuni scappavano dal mostro blu, molti giocatori si ritrovarono ad aprire un inquietante e disorientante diario dei sogni.
“Questo gioco, con un’atmosfera dark, ti consente di esplorare il mondo all’interno di un sogno. Non esistono una storia o uno scopo particolari. È semplicemente un gioco esplorativo”
(Descrizione di Yume Nikki sul sito dell’autore KIKIYAMA)
Un “semplice gioco esplorativo”, ecco come viene descritto dall’autore stesso Yume Nikki. Queste premesse tanto semplici hanno però dato vita a ciò che praticamente il 60% della popolazione di internet conosce o almeno ne ha avuto un assaggio, come ad esempio le strane creature presenti nel gioco.
A questo proposito vorremmo citare una di quelle pagine di errore che a volte si vede nei siti internet… Quelle che dicono, generalmente, “Error 404 not found”.
Ecco, Ele un giorno vide una di queste pagine che aveva come sottofondo una delle OST del gioco (“Working, please wait…” o, in lingua originale, “ゆめにっき”), anche se il sito non trattava in alcun modo di Yume Nikki, a giudicare dall’indirizzo. Purtroppo questa pagina oggi non esiste più, anche se abbiamo testimonianze che c’era stata.
Sarà stata una scelta voluta perché chi aveva precedentemente il sito conosceva il gioco? O avrà trovato questa musica così, bazzicando per l’internet?
In ogni caso, Yume Nikki fu uno di quei titoli che più di altri seppe avvicinare ed interessare alla corrente anche chi non era ferrato sul genere RPG Horror. Ma questo per via di cosa?
Scopriamolo insieme.
Storia del prodotto
Rispetto ad Ao Oni, si sono fatte più ricerche riguardo a dove è partito Yume Nikki.
Il primo forum vero e proprio in cui fu pubblicato fu 2Channel (almeno, all’ epoca, ora è stato rinominato in 5Channel). Anche solo cercando su Wikipedia, si può leggere che il gioco appena uscito non ebbe molta popolarità, anche perché quando fu pubblicato la primissima volta era anche un gioco piuttosto incompleto, dove si sono susseguite molte versioni che servivano prevalentemente a dei bug fix.
La versione più recente, infatti, risale al 2005. Dopo quell’anno non ci furono più update… Ma di questo parleremo meglio nel paragrafo dedicato al rapporto autore-opera, perché c’è qualcosa di più inquietante e complicato dietro questa mancanza di aggiornamenti.
Quindi, tornando a noi, Yume Nikki diventò popolare con il tempo, guadagnandosi anche una traduzione inglese, che lo fece spopolare in Occidente.
E qui, quando il titolo iniziò a diffondersi, abbiamo notato un fenomeno abbastanza particolare per la corrente HOR-RPG.
In una recensione di un gioco piuttosto recente, abbiamo iniziato un discorso: quello della differenza tra spettatori “attivi” e “passivi”. Incolliamo la definizione qui
“Chi guarda un prodotto audiovisivo è ovviamente uno spettatore passivo: può “restare seduto là a guardare” e le sue azioni non influiscono sul comportamento di nessuno dei personaggi, così come quello dell’ambiente eccetera, al contrario dei videogiochi: per questo un videogiocatore possiamo considerarlo uno spettatore attivo.”
Iniziando da qui, in quella recensione è stata tirata fuori la questione per cui ormai i giochi considerati HOR-RPG (ma succederà ciò già a partire dalla Generazione 1 degli RPG Horror, il Character Drama) siano seguiti e giocati prevalentemente da spettatori passivi che, data la poca esperienza da spettatori attivi, non hanno una concezione completa sullo sviluppo di un gameplay, e quindi tendono a farsi molte volte anche idee sbagliate sui titoli di cui vogliono parlare.
Per fare un esempio, Ao Oni ha subito purtroppo questo trattamento: alcuni giocatori nati appunto come spettatori passivi si sono lamentati della sua mancanza di narrazione, invece chi è sempre stato uno spettatore attivo ci è passato sopra, e l’ha apprezzato per enigmi, inseguimenti, ecc.
Perché Yume Nikki è un caso particolare, quindi, dal punto di vista della community?
Il motivo è che questo gioco tra chi l’ha effettivamente provato, quindi ha vissuto l’esperienza di gioco a 360°; si, perché non c’è storia: Yume Nikki è molto più da giocare che da vedere, ci sono davvero pochi spettatori passivi, se guardiamo i contenuti pubblicati su internet.
Per indicare il tipo di community che in generale ha circondato gli HOR-RPG prenderemo due canali Youtube, da sempre una delle piattaforme che hanno causato dei passaparola su questo genere di giochi.
I due canali sono quello di Rikkukun e quello di Giulyagatta97.
Rikkukun ha sempre trattato e (immagino) tratterà sempre videogiochi. Avrà avuto sicuramente esperienze da spettatore passivo, ma si può dire che il suo settore principale e mondo su cui si concentra è quello videoludico.
Anche giochi abbastanza classici anche dalle serie videoludiche più iconiche: The Legend of Zelda, Dark Souls, Paper Mario, DOTA, anche se nell’immagine possiamo vedere anche LISA e Celeste, giochi dalla narrativa un po’ più presente.
Passiamo al canale di Giulyagatta.
Lei ha già un canale completamente diverso. Si, tratta alcuni giochi anche lei (recentemente sta portando avanti il gameplay di Dragon Age II) assieme alle creepypasta ed altri contenuti –quando era agli albori era famosa per montare AMV, per dire– , ma i giochi che decide di trattare hanno un particolare criterio di scelta che discosta i tipi di video di una persona nata come assidua spettatrice passiva, da una persona nata come assiduo spettatore attivo.
L’importanza e/o la preponderanza della narrazione di una storia.
Non sto dicendo che canali come quelli di Giulyagatta ripudino uno Zelda o quelli come Rikkukun ripudino ad esempio una visual novel o un gioco Telltale, ma semplicemente questi canali hanno criteri di scelta diversi su cosa portare sul loro canale.
Dragon Age II, Hellblade: Senua’s Sacrifice (non c’è stato però un vero e proprio gameplay di questo titolo, ma solo un fandub) Aria’s Story, vari altri RPG Horror facenti parte principalmente di Generazioni 1, 2 e 3 e anche tra quelli più narrativi…
Quindi trama massiccia e/o complicata, con personaggi a cui ci si affeziona anche per “sclerare” tutti insieme… Si, è ciò che in generale si prende come criterio quando si sceglie un’opera audiovisiva o letteraria in moltissimi casi.
Ecco, canali come quelli di Rikkukun, ad esempio, non porterebbero molto probabilmente Aria’s Story. Semplicemente perché il criterio qui credo sia in generale una buona giocabilità. Se poi c’è anche una bella narrativa, tanto di cappello.
E quindi? Tuuuuutto questo discorsone su Youtube che c’entra con Yume Nikki?
Tuuutto questo discorsone è per una domanda principale.
Secondo voi, quale canale ha portato Yume Nikki?
…
…
Non so cosa abbiate risposto, ma la soluzione è Rikkukun!
Giulyagatta prima di tutto ha affermato di aver letto invece il manga di Yume Nikki, e poi semplicemente non ci sono video sul suo canale di un qualsivoglia gameplay del titolo.
Perché Yume Nikki, per noi, è fatto molto di più per i giocatori a tutto tondo, che appunto sanno sapientemente riconoscere e semplicemente, grazie alla loro esperienza, giocare e godersi l’esperienza anche se non ha né dialoghi, né alcun tipo di cutscene: se vogliamo esagerare, un tipo di gioco che è quasi una bestemmia per chi nasce spettatore passivo.
Quindi quello a cui volevamo arrivare è che la community di Yume Nikki rispetto ad altri giochi considerati HOR-RPG è molto particolare, perché formata prevalentemente non da spettatori passivi che nel 60% (misure indicative) dei casi hanno seguito il gioco dal loro youtuber preferito, ma da spettatori attivi che hanno continuato a giocarlo non per emozionarsi su esperienze altrui, ma hanno vissuto l’esperienza.
Ma cosa ha reso effettivamente questa cosiddetta esperienza tanto speciale e mistica?
Perché ha dato tanta assuefazione? Inizieremo ad elencare qui alcuni punti, ma il tutto verrà approfondito nel paragrafo dell’Asso nella Manica.
Le atmosfere (la Generazione 0 non si smentisce mai) hanno aiutato molto il gioco e sono state date dai i suoi loop ipnotizzanti, la condizione di isolamento generale, le creature…
…Beh, sono una buona parte delle stranezze che si possono benissimo vedere in un mondo onirico e gli ambienti vasti, molte volte disturbanti ma soprattutto disorientanti.
“Disorientante” è uno dei primi aggettivi che è possibile dare a Yume Nikki e si collega sia con lo stile delle mappe, sia con il gameplay, ma di questo parleremo nella sezione dedicata.
Anche fuori dalla sua terra natale per questi motivi il gioco fu apprezzato da molti siti di critica videoludica (il che è abbastanza fuori dal comune dato che codesti siti generalmente non trattano spesso giochi della corrente HOR-RPG), dal pubblico e anche da molti sviluppatori indipendenti, tra cui il game designer Derek Yu (che collaborò per I’m O.K e Acquaria con Alec Holowka), che apprezzò molto lo stile grafico del gioco paragonandolo anche ad Earthbound.
“Mi piace molto questo gioco. La mancanza di dialogo o qualsiasi tipo di “azione” mi dà questo strano senso di terrore. Mi piace anche il contrasto tra il minuscolo appartamento e l’enorme mondo dei sogni. E visivamente, il gioco mi ricorda molto Earthbound (specialmente Moonside!) E cactus, che è un mix davvero fantastico e terrificante.”
-Commento di Derek Yu su Yume Nikki sul sito tigsource.com
Questa popolarità sia in Oriente sia in Occidente fece guadagnare al gioco… Dobbiamo inspirare profondamente ancora una volta…
Un manga, una light novel, un album dei Vocaloid (wow, questo ci è nuovo!), OST pubblicate in una soundtrack di due volumi anche su Amazon Music, arrangiamenti delle stesse, un reboot (di cui parleremo dopo ma, ahimè, ho già i brividi), un’applicazione per Android e iOS del minigioco del NASU e… Dei fangame.
Ah, ci risiamo! Kikiyama, come il suo compagno noprops, ha avuto vari titoli ispirati alla sua opera. Tra questi ricordiamo Yume 2kki e .flow
Yume Nikki però ebbe più fortuna di Ao Oni: prima di tutto questi giochi che saranno elencati non si potrebbero definire dei cloni o copie carbone, ma semplicemente dei giochi ispirati dallo stile, dal gameplay del gioco o dalle sue idee iniziali anche perché, tornando al discorso di prima sulla community che ruota attorno al titolo, sono stati fatti da videogiocatori (ed è da prendere in considerazione come criterio, credeteci).
Confronto dei due nexus di Yume Nikki (a sinistra) e Yume 2kki (a destra)
La differenza sostanziale è che Yume Nikki non è un gioco facile da replicare quanto Ao Oni dal punto di vista delle atmosfere, ad esempio, e ciò ha un po’ “costretto” gli autori di questi giochi ad impegnarsi ed avere anche delle idee originali che riescono a discostarsi molto di più da ciò che l’autore originale aveva creato.
Screenshot da .flow
Il più grande problema di ciò che è venuto dopo Yume Nikki, sorprendentemente, non sono stati infatti i fangame… Bensì le opere ancillari (parleremo principalmente del manga, dato che la light novel è specificatamente solo un’interpretazione del gioco da parte di Akira, lo scrittore, mentre il manga è ufficiale) e un reboot davvero doloroso (che lasceremo alla fine di questo lungo paragrafo sulla storia del prodotto) che sono state anche approvate dall’autore!
Parliamo brevemente del manga. Vi chiederete tutti “Come si adatta Yume Nikki in un manga?!”. Ci piace essere schiette, quindi vi diciamo: “Male!”
…Ma questo non è solo un nostro pensiero, infatti anche la community non vede molto di buon occhio questo manga, infatti dal fandom non viene considerato più di una fanfiction.
“A parte la storia di Madotsuki, vengono raccontate anche quelle di Poniko e Masada. Un altro cambiamento è stato che la storia è stata raccontata con i dialoghi, al contrario dell’originale che puntava tutto sull’interpretazione del giocatore.
(dalla wiki ufficiale)
Leggete il paragrafo di sopra almeno tre volte.
…
Traete voi le conclusioni. Noi possiamo solo concludere che questo adattamento sarebbe stato accolto con più entusiasmo se la community di Yume Nikki fosse formata prevalentemente da spettatori passivi, e questo astio dimostra ancora l’origine di questa fanbase.
Andiamo avanti parlando brevemente (perché questa non è una recensione di questo titolo, se si vuole sapere di più del gioco si può cercare su Google una recensione ed esistono) del cosiddetto “Reboot” di Yume Nikki: Yume Nikki – Dream Diary.
Questo titolo è uscito su Steam nel 2018, per poi passare per PS4, XBOX One e Switch. E qui mi faccio una domanda: se le meritava tutte queste console? Ahimè, penso di no.
C’è da dire che questo Dream Diary ha dato anche parecchia hype ai videogiocatori, perchè il team di sviluppo ha lavorato in stretto contatto con Kikiyama… Almeno è ciò che dicono KADOKAWA e Active Gaming Media, ma non si hanno vere e proprie prove della sua collaborazione a tutto questo.
Dream Diary non voleva essere un “remake” di qualche sorta, viene chiamato infatti reboot per convenzione. È definito dagli sviluppatori come un omaggio al lavoro di Kikiyama, una reinterpretazione in chiave moderna.
Questa “reinterpretazione” quindi, ha soddisfatto alla fine i videogiocatori, o è stato un caso alla Duke Nukem Forever (ma con molti, molti meno anni di attesa)?
…Se vogliamo continuare su questi termini (anche perché il caso di Duke Nukem ha le sue peculiarità, come gli 11 anni di produzione, stiamo parlando principalmente di hype non soddisfatta in generale qui), possiamo dire che il gioco dedicato alla piccola Madotsuki ha subito lo stesso fato del gioco dedicato al Duca: attesa con hype che cresceva da parte dei fan perché “il gioco (o la serie, nel caso di Duke Nukem) sarebbe rinato” ma alla fine ritrovarsi con qualcosa molto al di sotto delle aspettative.
Eh si, con texture fin troppo piatte, inseguimenti scriptati in stile horror classico, puzzle che richiedono semplicemente ricerca di oggetti specifici e poca logica, sezioni platform dai comandi a volte poco reattivi e, soprattutto, percorsi molto lineari nei vari mondi in cui Madotsuki entra, Dream Diary di KADOKAWA (che, personalmente, noi già non vediamo di buon occhio quindi sapevamo come sarebbe andata a finire) è stato in generale una delusione quasi totale per i fan.
Quindi, distaccandoci da questi scempi, nella prossima sezione analizzeremo più accuratamente cosa Yume Nikki ha avuto per diventare ormai un cult.
Con questo titolo viviamo il picco dell’esperienza videoludica d’angoscia promessa dalla Generazione 0 degli HOR-RPG.
Che fosse intenzione dell’autore o meno, gli ambienti in cui il giocatore decide di immergersi e annebbiare la psiche sono di natura surrealista. Vi farò accertare personalmente di come queste mappe possano ricollegarsi a questo linguaggio artistico del ‘900 (ricordiamo che molte correnti artistiche del XX secolo dimostravano che gli artisti –così come tutti– non riuscivano più ad affidarsi alle vecchie certezze, e così tra Dadaismo, Futurismo, Espressionismo e Surrealismo si è tentato di stravolgere e cercare una nuova percezione della realtà).
Da sinistra: Totenklage (Max von Moos, 1936) e Morbida costruzione con fagioli bolliti (Salvador Dalì, 1936)
-A proposito, linkiamo la pagina wiki di una creatura del gioco in particolare, che somiglia effettivamente ad uno dei quadri di Dalì
Proviamo per un attimo a metterle a confronto con degli screen del gioco…
Proviamo a vedere cosa ci dice Wikipedia a proposito.
“Il Surrealismo ebbe come principale teorico il poeta André Breton, che canalizzò la vitalità distruttiva del dadaismo. Breton fu influenzato dalla lettura de L’interpretazione dei sogni di Freud del 1900; dopo averlo letto arrivò alla conclusione che fosse inaccettabile il fatto che il sogno e l’inconscio avessero avuto così poco spazio nella civiltà moderna, e pensò quindi di fondare un nuovo movimento artistico e letterario in cui essi avessero un ruolo fondamentale.”
E ancora
“«Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.»
Il surrealismo è quindi un automatismo psichico, ovvero quel processo in cui l’inconscio, quella parte di noi che emerge durante i sogni, emerge anche quando siamo svegli e ci permette di associare libere parole, pensieri e immagini senza freni inibitori e scopi preordinati.” (Il bolding è nostro)
Ed ecco qui svelato il cuore pulsante di un gioco come Yume Nikki. Non si tratta altro che di una meravigliosa manifestazione di viaggio nell’inconscio che molti, per via dei vari mondi, hanno interpretato in chiave pessimistica. Questo sicuramente deriva dall’aspetto desolante del titolo e dei suoi colori cupi. Del resto, con Ao Oni abbiamo già introdotto il tema dell’isolamento del giocatore, elemento ricorrente in quasi tutti i tipi di giochi horror della Generazione 0.
Quindi, che conclusioni possiamo trarre?
Certamente i titoli videoludici horror ed rpg che si sono affidati a questi capisaldi del genere tra il 2004 e il 2012 avevano in comune la sperimentazione dell’esplorazione, in questo Yume Nikki è stato solo dicevamo il picco dell’attività esplorativa, ma fino almeno a qualche titolo della Prima Generazione (il Character Drama) gli ambienti erano soliti avere un importante ruolo nel garantire la linea di riconoscibilità dei loro giochi.
È sempre l’ambiente a trionfare in questi tipi di titoli HOR-RPG giapponesi; che siano d’aspetto claustrofobico o molto estesi questi hanno sempre l’effetto di far sentire il povero giocatore disperso e spersonalizzato della sua soggettività: è il “mondo esterno” a prevalere sull’individuo. Un mondo esterno sconosciuto che può nascondere dei pericoli, ma soprattutto che fa paura perché va oltre ciò che possiamo conoscere. Yume Nikki (così come i surrealisti del ‘900) ci sta suggerendo che questi ambienti misteriosi risiedono nel nostro inconscio assieme a tutti i pensieri che riponiamo e reprimiamo in vista dell’ordine sociale, dandoci forse la pessimistica visione che il primo grande ambiente che non conosciamo è proprio il nostro cervello, rendendoci consapevoli della nostra mostruosa imprevedibilità.
Forse non dovremmo nemmeno stupirci che si sia cercato di rilanciare gli ambienti del gioco sperimentando le tecniche di renderizzazione 3D…
…Come del resto accade oggi con molte correnti artistiche per le quali i musei sperimentano nuove tecnologie per cercare di stupire e allo stesso tempo far immergere al massimo il visitatore.
Foto del museo “Getting Inside Van Gogh”
In conclusione il linguaggio stesso del gioco, la sua natura amatoriale come “prodotto del web” e il mistero che si è costruito attorno al suo autore (di questo ne parleremo in seguito) sommandosi hanno contribuito, assieme alle numerose teorie che sono state fatte e che nessuna sembra iscrivere il titolo in uno schema preciso, a costruire una sua aura.
Questo è un concetto che stiamo rubando dall’opera di Walter Benjiamin (“L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”). Cercherò di spiegarlo qui al meglio che posso: si parla sostanzialmente di un concetto che riguarda la personalità di un’opera, il valore della sua unicità per il quale nessun altro elemento o prodotto artistico potrà eguagliarsi all’opera in questione.
Non a caso, come potete leggere dal titolo del saggio viene nominata la “riproducibilità tecnica”, è trattato in particolare il tema della mercificazione e della serializzazione che si incontra nell’industria culturale.
Quindi sì, stiamo equiparando questo gioco ad un’opera d’arte.
Interrompo qui le mie divagazioni per misurare assieme a voi il Termometro della professionalità.
Termometro della professionalità
E proprio avendovi lasciato in sospeso con l’accenno al discorso sull’aura, sulla riproducibilità tecnica e sulla “spersonalizzazione dell’arte” riflettiamo per un attimo nuovamente sugli intenti della Rubrica “Back to the future”…
Immagiamo siate sorpresi di vedere, dopo tutti questi elogi, il termometro della professionalità a metà, non è vero?
Eccoci allora al momento della verità.
Ebbene, ve l’avevamo detto nell’Introduzione che il nostro intento era capire come gli HOR-RPG si muovessero all’interno di un mercato crescente…
…E la risposta è che purtroppo Yume Nikki, per quanto ben realizzato, non è un prodotto commercializzabile. Ecco il perché questo triste liquido rimasto a metà; una metà “simbolica” in cui si possa riconoscere il massimo valore di quest’opera e la sua “relegazione a natura autoriale”.
Lo spiegheremo meglio nei paragrafi successivi…
Packaging
Nella sua semplicità rivela un’ineguagliabile eleganza: il labirinto come logo e il titolo del gioco prevalgono sulla cornicetta rosa che contiene le funzioni del gioco di inizio, continua ed uscita.
Ci vedo in questi tratti un amore per l’universo videoludico e le sue forme stilizzate e geometriche, come accadeva per l’identità dei primi videogiochi degli anni ’90.
Ci sono molti dettagli che rendono il titolo gradevole, come il cerchio che si apre e si chiude sul personaggio durante gli atti di salvataggio, le animazioni e le funzionalità extra (come il camminare con la sedia della cameretta) che rendono l’esperienza di gioco deliziosa.
Rapporto autore-opera
Come vi avevamo promesso dal precedente articolo, eccovi finalmente l’approfondimento sulla questione che riguarda il rapporto tra Kikiyama e Yume Nikki.
Forse non era voluto, ma non solo il gioco stesso ebbe teorie e speculazioni in generale, ma anche l’autore/trice (anche il suo gender è sconosciuto) di questo cult surrealista è un* dei più misteriosi nella corrente, e per un bel po’ di tempo, negli anni tra il 2005 e il 2014, è stat* argomento di discussione.
Ci sono infatti varie stranezze che circondano la figura di Kikiyama ed i suoi comportamenti.
Iniziamo con il dire che non si sa se si sia impegnat* a distribuire a dovere il gioco. Nel paragrafo “storia del prodotto” è scritto che il primo forum su cui si sia parlato di Yume Nikki è 5Channel, ma quel post (anche al momento introvabile sul sito) non si sa se sia stato fatto da Kikiyama stess*, dato che sembrava averlo messo solo sul suo sito e non sembrava avere né blog, né profili social… E soprattutto, non postava su nessun forum. L’unica attività di pseudo-distribuzione era mettere il gioco sul suo sito… Forse. Perché è possibile che si sia anche pubblicizzat* con un altro account ma non sappiamo niente.
Quindi iniziamo così una nostra personale lista dei misteri:
-Chi ha fatto veramente conoscere al mondo Yume Nikki?
Andiamo avanti con gli anni. Il gioco ha la sua versione inglese, spopola, Kikiyama continua ad aggiornarlo ed è l’unico contatto che ha con il “mondo esterno” del web.
Arriva eventualmente alla versione 0.09 .
Kikiyama sparisce nel nulla. Non si hanno aggiornamenti del gioco, e data la mancanza di ogni tipo di altro modo per comunicare con l’utenza, e neanche se ipotizziamo che ne avesse non rispondeva neanche a nessuna e-mail che gli veniva mandata. In quel periodo si ha la prima scomparsa di Kikiyama dal web intero… Fino al 17 Settembre 2005, in cui rilascia una versione 0.10, che sistemava alcuni bug. Poi abbiamo la seconda scomparsa di Kikiyama, dopo la versione 0.10 “sistemata”, rilasciata nello stesso periodo, forse Kikiyama sentiva di aver fatto il suo lavoro e sparisce per ben sette anni.
Infatti nel Febbraio del 2012 il publisher Playism “prese il controllo del gioco” e pubblicò sulle sue piattaforme di distribuzione (tra cui Steam) una nuova versione di Yume Nikki, la 0.10a, dichiarando che era stata creata da Kikiyama stesso nel medesimo giorno in cui ha messo sul suo sito la versione 0.10.
Questo aggiunge altri vari punti alla lista:
-Perché Kikiyama non ha pubblicato subito la versione 0.10a? Perché farci aspettare sette anni?
-Come ha fatto Playism a contattare Kikiyama, se non rispondeva ad alcun tipo di mail?
-E se eccezionalmente Kikiyama avesse risposto a Playism, perché Kikiyama, che sembra non si sia neanche messo a mettere il gioco su dei forum nel periodo in cui è uscito, si sarebbe dovuto preoccupare di avere un publisher e quindi cedere diritti ad aziende?
Purtroppo ancora oggi a queste domande non si ha risposta. Quindi possiamo solo andare avanti.
Dal 2013 iniziano le misteriose, scadenti e commerciali opere ancillari dedicate a Yume Nikki, ovvero il manga e la light novel… Le aziende coinvolte nella pubblicazione di queste opere derivate dissero che Kikiyama diede il permesso, ma tutti ci chiediamo il perché.
E poi… Di Kikiyama non si avevano notizie, non si avevano neanche aggiornamenti del gioco (perché si, sembra che il gioco fosse ancora bisognoso di aggiornamenti), abbiamo quindi la terza e definitiva sparizione (dal web, ricordiamolo) della mente che creò Yume Nikki.
Il suo sito diventò per un periodo irraggiungibile nel 2015, e i fan andarono nel panico: si iniziò anche ad ipotizzare anche la sua morte per via di un terremoto che nel 2011 colpì il Giappone e fece moltissime vittime, e quindi si pensò ad una certo punto che Kikiyama fosse tra queste. Il sito però ritornò nel 2018… Ma con una piccola differenza.
Il sito nel Luglio del 2008, che restò fino al 2018
Il sito 10 anni dopo, nel marzo del 2018
Lo vedete quel logo nella seconda immagine?
Si, è il logo dell’infame reboot da 20 euro.
Infatti alle mille domande dei fan riguardo allo stato di Kikiyama, KADOKAWA rispose che stava bene, che era in vita e che aveva contribuito attivamente alla realizzazione del reboot… Ma no, abbiamo le stesse domande che si sono presentate sopra, nel caso di Playism. Molti infatti hanno ancora l’ipotesi che Kikiyama sia effettivamente morto e che o (teoria meno probabile, perché sarebbe davvero rischioso per le aziende) Playism, KADOKAWA e chiunque sia dietro a manga e light novel , stia mentendo sui diritti dati da Kikiyama; oppure (teoria forse forse più plausibile) che se ipotizziamo la sua morte i diritti siano passati a qualcun altro.
Qualcosa che secondo qualcuno ha alimentato la teoria della morte di Kikiyama è il gioco stesso. Secondo quest’altra teoria dopo aver rilasciato l’ultima versione Kikiyama non sia morto per il terremoto del 2011, ma che si sia suicidato… Esattamente come si vede nel finale del gioco, quindi secondo quest’ipotesi Yume Nikki potrebbe essere anche il testamento di Kikiyama.
Da una parte, ciò risponderebbe alla domanda del perché Kikiyama non ha pubblicato subito la versione 0.10a, e che magari essa fu trovata da Playism in qualche modo (qui potrebbe unirsi anche la teoria del cedimento dei diritti a dei probabili conoscenti di Kikiyama, che hanno dato all’azienda la nuova versione)
E poi dal 2005 a oggi quello di Kikiyama, se si fosse davvero uccis*, non sarebbe l’unico caso di suicidio nel campo degli HOR-RPG.
Vorremmo aprire una piccola parentesi su Re:Kinder, remake (fatto dallo stesso autore) di Kinder, gioco originariamente uscito nel 2003 creato da Horafuki Yokochou, che prende lo pseudonimo di Parun.
Screenshot da Re:Kinder
Il 3 Febbraio 2011 un post sul blog di Parun da parte di un suo amico a distanza ci annuncia la triste notizia: il 10 settembre 2010 Yokochou si è buttato dal nono piano di casa sua.
Data, ahimè, la nostra ignoranza riguardo la traduzione dal giapponese, e la traduzione barbina di Google Traduttore, non siamo riuscite a capire bene ciò che il post voleva dire, ma se Parun ha compiuto quel gesto… Si, è molto probabile che soffrisse di qualche problema anche lui, anche se questa potrebbe anche essere una teoria del complotto, così come nel caso di Kikiyama.
Ecco, dunque, come si sono sviluppate una serie di circostanze che fanno favorito la costruzione di teorie, un percorso che ha portato ad una sola certezza: nell’HOR-RPG il creatore sparisce definitivamente.
Questo infatti non è più, in questo periodo, un utente che crea dei contenuti, ma “un’entità astratta”, qualcuno o qualcosa che ci mostra un mondo nascosto che si rivela chissà quale malata rivelazione del suo subconscio.
Spesso non si guarda nemmeno più a queste persone come figure professionali o aspiranti tali. Purtroppo questo tante volte fa parte del “gioco-sociale” a cui questi tipi di prodotti vanno incontro.
Consideriamo la tematica dell’immaginario sociale-collettivo. Per chi non sapesse di cosa si tratta stiamo parlando di immagini e temi ricorrenti in una società, appunto –che a volte alcuni chiamano luoghi comuni o miti urbani, ed è questa una materia molto cara all’industria dell’intrattenimento.
Ebbene, secondo questa idea noi, come persone, tendiamo molto spesso a lavorare sull’immaginazione invece di ricercare dei dati concreti per osservare la realtà che ci circonda. Quindi possiamo concludere come accennato prima che questi purtroppo sono soltanto i risultati di una serie di circostanze che hanno spinto gli utenti del web a sviluppare il loro mito sulla figura di quest’autore.
-Fonti per la “development history” di Yume Nikki : Podcast “Nelle Storie” di Sara Gavioli, Kikiyama e il diario dei sogni
Difetti dell’opera
Ebbene, era questo a cui guardavamo quando parlavamo del termometro della professionalità.
Si tratta di un argomento spinoso che abbiamo accennato nella Storia del prodotto, quando abbiamo nominato le numerose e fallimentari opere ancillari che hanno provato a rilanciare Yume Nikki con tutt’altri tipi di toni e linguaggi.
Questo non è un prodotto che possa sopravvivere nel complesso universo della commercializzazione, un mondo che prevede anzitutto una larga linea di comunicabilità. In pratica adopera un linguaggio “comprensibile per tutti” che ha origini nella narratività classica hollywoodiana, un elemento che spesso contraddistingue questi tipi di opere “per le masse”.
Il mondo commerciale dicevamo che è un universo complicato, in particolare nell’industria dell’intrattenimento.
Un’industria che permette a uno spettatore (o giocatore, perché no), tramite l’identificazione parziale con dei protagonisti, di esorcizzare le paure che attanagliano la sua vita quotidiana.
Prima di tutto, un’opera commerciale sceglie un tema portante e lo argomenta nel modo più chiaro e leggibile possibile, ecco perché spesso rischia di cadere nel mainstream.
Spesso invece, l’aura dell’“opera d’arte” è stata sempre associata ad un forte individualismo grazie alla quale ognuno, tramite interpretazioni o realizzazione stessa di un’opera, si possa sentire protagonista.
Yume Nikki, neanche a dirlo, rientra pienamente nel secondo caso. L’estraneazione del titolo durante le esplorazioni (un concetto totalmente opposto all’identificazione: perfino Ao Oni sembrava aver avuto più fortuna con le opere ancillari), la soggettività che ogni giocatore sente richiamare a sé quando espone le riflessioni sul prodotto e la natura di “entità creatrice” dell’autore hanno contribuito, ripetiamo, da una parte a costruire un’importante aura di personalità del gioco ma dall’altra parte hanno reso quasi impossibile adattarlo, così com’è nella sua natura, in un modo commerciale.
Conclusione
Eleggiamo Yume Nikki a pilastro dell’individualismo, un esponente della malinconica memoria di qualcosa che al giorno d’oggi non si potrebbe più realizzare (come è successo per altre opere più recenti e di cui discuteremo, come ad esempio Faust Alptraum e lo strano caso di Pocket Mirror, titolo che sarà presente nella rubrica Back To The Future) per via dei cambiamenti sociali costanti che cambiano di anno in anno, di decade in decade e che si verificano anche qui, sul World Wide Web.
Un cambiamento che si osserva nel tipo di pubblico e nei tipi di persone che diventiamo. Un cambiamento che si osserverà sin dal prossimo articolo, con i primissimi approcci ad una costruzione dei personaggi che anticiperà la Generazione del Character Drama.