…Volete sapere la verità?
Avevamo davvero poca voglia, dopo il nostro lungo periodo di assenza, di ritornare sul Ludi Tarantula Archives, soprattutto per quanto riguarda la rubrica di Back To The Future.
Parlo soprattutto per quanto riguarda il mio caso, PaoGun. Eravamo giunte a dei punti così cruciali della demo che mi innervosiva il pensiero di interrompere il tutto all’improvviso per “parlare di altri titoli”: pensavo, “cavolo, ma io vorrei tanto continuare ad occuparci di produrre la storia del nostro gioco!”.
Tuttavia, in questi ultimi giorni è successo una cosa che ci ha ricordato che scrivendo questi articoli non stiamo solo “parlando di giochi”. Storia del prodotto, storia degli rpg horror, quelle che raccontiamo in questo sito sono delle storie a tutti gli effetti e tutto sommato in questa rubrica non stiamo facendo altro che raccoglierle per raccontare un’unica grande storia. La grande epopea di un genere di giochi, di una generazione di autori, ma non solo. È anche la grande storia di un tool.
In fondo ora stiamo finalmente parlando della Seconda Generazione, con cui potremmo finalmente concludere il sempre più intricato e doloroso percorso dal mondo degli RPG Horror al mercato degli RPG Horror, ma questo è solo l’inizio del lungo terzo atto che inizieremo in compagnia di Makoto Sanada con la sua prima esperienza, The Forest of Drizzling Rain, per addentrarci assieme, un passo alla volta, in uno dei grandi “demoni” che il mercato liberale produce dall’inizio dei secoli, le corporation.
Ma per questo dovrete continuare a seguire con pazienza la rubrica fino alla fine. Chi l’ha dura la vince.
Comincerà Ele con “Storia del prodotto”, io, PaoGun, tornerò in “Asso nella manica”. A dopo ragazzi.
-Un development travagliato per pura impazienza-
Essendo questo, lo dico sinceramente, un articolo di passaggio nella rubrica per passare dalla prima alla seconda generazione, non parlerò in modo davvero specifico della figura di Makoto Sanada e come ha iniziato a produrre videogiochi (neanche nel Rapporto Autore-Opera), come feci nel primissimo articolo di Back To The Future con il suo omonimo Makoto Kedouin…
Perché semplicemente lascerò quel lavoro all’articolo su Angels Of Death.
Per ora inizio con il dire che in un’intervista per la rivista “Almost Free Game Magazine” su, appunto, Angels Of Death, Makoto descrive l’inizio del development di The Forest Of Drizzling Rain (che abbrevierò per comodità in Kirisame) come un’ispirazione dal caso di Ao Oni, avendolo scoperto assieme a dei suoi amici nel periodo successivo alla sua laurea in teatro.
…Beh, questo mi fa criticare chiunque denigri Ao Oni per un motivo o per l’altro. Ha letteralmente ispirato il Makoto Shinkai degli RPG Horror.
Tornando a noi, preso in mano RPG Maker VX Ace iniziò il development del suo primo, più dimenticato, titolo. Ebbe vari problemi con lo sviluppo del gioco, essendo ancora poco abile con il programma rispetto ad oggi.
Addirittura, la primissima scena della libreria…
Questa qui, sembra, è stata incompleta per ben sei mesi prima della fine della produzione del gioco… Per qualche ragione, così dice Makoto nell’intervista.
Inoltre, per motivi che non sono riuscita a trovare (onestamente dell’intervista ho fatto una scrematura delle informazioni su Kirisame, dato che parlava prevalentemente di Angels Of Death, e non so se essi siano stati mai specificati), il development del gioco si fermò all’improvviso per ben un anno, per dare spazio alla pianificazione del gioco ormai fenomeno di Sanada.
“While I was making “The Forest Of Drizzling Rain”, there was a time when I stopped making it, and I came up with the idea at that time. First, I came up with a situation in which a girl climbs up the building where the murderer awaits, and the story expands from there.”
-Traduzione inglese approssimata di parte dell’intervista di Sanada per Almost Free Game Magazine
Dopo questa specie di “anno sabbatico”, Sanada torna al development del gioco, e inserisce il personaggio di Sakuma, dato che secondo la visione dell’autore avrebbe mosso la storia e l’avrebbe resa più completa.
Così, probabilmente con molta impazienza nell’iniziare a raccontare la prossima storia, il development di Kirisame finisce.
Quindi l’11 Ottobre del 2013 viene rilasciata la prima versione di Kirisame Ga Furu Mori sul sito Freem!
Il gioco prese velocemente popolarità in Giappone, anche se molto meno in Occidente… Il che è davvero strano, dato che in praticamente ogni articolo di questa rubrica abbiamo segnato come grande passo la popolarità in Occidente.
Questo titolo, invece, non ha avuto moltissimi giocatori americani, italiani, o quel che volete, ma…
Ooh, potevamo saltarci anche all’inizio di questa seconda stagione la fase in cui elenco le varie opere derivate e merchandise di un gioco popolare?!
Gaaaaaaasp…
Manga! Novel! Libro aggiuntivo con interviste a Sanada e approfondimenti sul gioco! Merchandise vario, tra cui…
Panni in microfibra…?
E soprattutto, preparatevi alla chicca…
Un Drama CD! Si, quei CD popolarissimi in Giappone che fanno soprattutto sugli anime (Il primo caso che mi viene in mente è Haikyuu!!), con doppiatori anche di spicco come Rina Hidaka (voce di Silica in Sword Art Online) nella parte di Sakuma o Shintaro Asanuma (Voce di Mitsuru Sasayama in PSYCHO-PASS) nella parte di Suga!
Quindi possiamo affermare con certezza che il debutto di Sanada nel campo RPG Horror (vorrei precisare questo, dato che nel campo del mercato creativo in generale ci era entrato già nel 2007, facendo parte del team di scrittori per il film horror Exte: Hair Extentions) sia stato un successo incredibile in Giappone!
…E sembra sia bastato quello per assicurargli un posto in paradiso con la sua opera successiva.
Si, per ora con la development history sono stata piuttosto sintetica (e calma, rispetto alle cose che ho scoperto su quest’autore che hanno tirato fuori un bel discorsetto tra me e mia sorella, ma ne parleremo nel Rapporto Autore-Opera e nell’articolo su Angels Of Death).
Il background di Makoto Sanada e i suoi titoli è abbastanza vasto, ed esplorabile in buona parte. Ma, vi assicuro, maggiori informazioni le avrete con l’ultimo articolo di questa rubrica. Stay Tuned!
Per ora, però, vediamo cosa molto probabilmente ha attirato il pubblico giapponese su questo gioco.
-Ottime premesse…-
Stiamo parlando della generazione dello Storytelling focus, quindi il punto forte non potrà che essere la narrazione, no?
No.
No davvero, avevamo anticipato questo in qualche modo nell’articolo su Mad Father, un gioco che si rivelato come uno, se non l’unico titolo dalla trama lineare ricca di contenuti in grado di raccontarli come si deve.
Quindi cosa contraddistingue The Forest of Drizzling Rain? È forse la regia, com’era accaduto in Corpse Party? Proviamo a mettere in chiaro una cosa. Quando in un mestiere notiamo che alcune cose sono fatte bene e altre volte no, non dovremmo essere così tanto sicuri che stiamo parlando di maestranze affermate.
Metto subito avanti le mani dicendo che questo titolo presenta numerosi punti in cui la regia è davvero ottima, mi riferisco ad esempio all’inizio del gioco…
I contenuti ci mostrano davvero poco. Ci viene introdotto un funerale, ma è il modo in cui incontriamo la protagonista Shiori che conta. Poche chiacchiere, possiamo scontrarci col suo dolore quando arriva in cucina e ci dice che dovrà riporre tutti i preparativi che aveva organizzato per festeggiare il suo compleanno assieme ai suoi genitori appena defunti. In questa scena abbiamo uno dei primi ricambi dal reparto sonoro, ormai dovremmo aver capito da Corpse Party che il lavoro sulla soundtrack contribuisce almeno al 50% sul successo di un titolo narrativo o meno tanto quanto la trama e le grafiche.
In questa sede farei anche una menzione speciale alla lunga sequenza del museo! La migliore del gioco a mio parere.
Dunque, dovrete aver capito che mi sto riferendo in particolar modo alla successione delle scene notturne, da quando entra nell’edificio e incontra Sakuma fino a quando si vedrà Suga in scena per la prima volta. I ritmi sono giusti, perché avremo continui intermezzi sia per cominciare ad interfacciarci con la leggenda della Kotori Obake, ma soprattutto un ritmo davvero ben distribuito da una scena all’altra.
Sembra essere infatti costruita la premessa di una grande avventura perfettamente in linea per un raggiungimento di un target giovanile in grado di valorizzare l’ambiente che si sta esplorando. Qui in particolare la scelta delle musiche è stata fondamentale, consideriamo l’uso di tutte le percussioni che le hanno caratterizzate dandoci quasi l’impressione di trovarci in una giungla e questo si colloca perfettamente nel contesto del villaggio sperduto dai mille misteri.
Tuttavia, “la musica cambia” da quando si verifica, qualche giorno più tardi, la fuga di Sakuma. Ad un tratto lo sviluppo della storia corre all’impazzata cominciando a mostrarci flashback su flashback e la regia si perde in stalli di sospensione a volte fin troppo astratta e dai toni poco attinenti con il resto del gioco: c’è qualcuno tra i fan del gioco che ricorda di questa scena?
Ah no? Beh, se la risposta è negativa credo sia naturale averla rimossa dalla memoria, pensiamoci per un attimo. Per chi se la ricorda: non so voi, ma per noi è stato un colpo al cuore improvviso sentir parlare di aborti, nascite e gore a tema parto, questo è solo l’apice della lunga fase stralunata in cui Shiori finirà intrappolata nella caverna.
In generale le altre scene di suspence e mistero dedicate al background della storia non erano affatto male, il problema è sopraggiunto specialmente quando si è andato ad aggiungere il sotto-testo sulla Kotori Obake. A quanto pare questo sbalzo nei registri resterà una caratteristica paradossale dell’autore anche in Angels of Death.
Ma avremo un intero paragrafo per discutere con calma dei difetti dell’opera, qui dovremmo concentrarci principalmente sui suoi punti positivi dopotutto.
Quello che definirei asso della manica del titolo è la scelta del contesto. Sembrerà qualcosa di banale magari ai vostri occhi, ma ci renderemo conto tutti insieme, andando avanti con la rubrica, che non lo è affatto. Tante volte si sceglie di produrre al giorno d’oggi titoli narrativi conoscendo poco o nulla degli ambienti all’interno dei quali si muoveranno i personaggi, quindi l’idea di dare così tanto spazio ad un villaggio in particolare è ottimo e avrebbe offerto numerosissimi spunti di vita quotidiana oltre che idee per sviluppare alle spalle della main plot un background affatto male, purtroppo l’opportunità è andata sprecata.
Consideriamo questa scelta come un ritorno alle origini delle storie delle opere d’animazione giapponesi (tra cui quelle appartenenti al genere horror), una mossa quasi sempre estremamente efficace. Il titolo si muove quasi di pari passo a Mermaid Swamp (e l’idea di far perdere i protagonisti in un luogo sperduto mentre erano in vacanza…) per quello che riguarda la scelta dei soggetti: la tradizione sembra essere la parola d’ordine.
D’altronde lo stesso The forest of Drizzling Rain è un titolo davvero classico nella sua essenza, ed è sicuramente una caratteristica che lo contraddistingue da altri titoli RPG Horror. Questa familiarità con cui i giocatori (e soprattutto gli spettatori) hanno potuto scontrarsi ha permesso di poter far leva sui personaggi piuttosto caratteristici e a cui ci si affeziona con facilità, non potevamo evitare di fare una menzione ai ragazzi.
È stata sicuramente una scelta davvero apprezzata quella di ingrandire il cast ad almeno quattro membri, perché l’idea di inserire la ragazzina ed il poliziotto oltre ai due main characters ha contribuito all’illusione di star seguendo una trama complessa, la loro presenza si è rivelata un’ottima idea per colmare l’assenza di un intero villaggio.
Magari in questo punto preciso sarà solo un espediente narrativo, ma è stato una scena molto utile per non fossilizzarsi sulla sequela di flashback che ci verranno mostrati a breve. Altri punti in cui questi personaggi hanno rivestito un ruolo importante sono stati soprattutto nell’inizio (colmo di tutte le ottime premesse di cui abbiamo discusso) e alla fine (in cui diventano molto utili per chiudere con tranquillità il cerchio narrativo che si aperto sul passato di Shiori e Suga).
(Ecco uno dei flashback con cui ci interfacciamo dopo
–Hey, ma quelle sono le stesse sprites di Blank Dream!)
Questo è un altro punto a favore del soggetto che è stato scelto.
Un altro punto sulla regia che cito è questo: tante volte quando sentiamo parlare di questo gioco molte persone si ricordano di alcune delle scene che hanno visto, oltre che dei personaggi. Questo è un indizio molto positivo sul grado di attenzione dei giocatori, soprattutto se lo mettiamo a confronto col grado di ricezione di Corpse Party. In conclusione, se potessi inserirei l’intero primo atto in Asso nella manica solo per le premesse che promette lo inserirei, perché mi sentirei davvero in colpa a decretare come caratteristica “vincente” del gioco soltanto la scelta del soggetto, ma la seconda metà di questo titolo purtroppo fa parte del gioco e queste scelte infelici sullo sviluppo e sulla regia saranno da discutere.
Ah, come dite? Lo vedete leggermente frantumato? Nah, forse vi state sbagliando.
Non avete idea di quanto mi senta estraniata a parlare in questo ambito di termometro della professionalità, per quello che riguarda Makoto Sanada per lo meno.
Come potete vedere è più della metà. Perché stiamo dando un giudizio così strano?
Ricordiamolo a noi stesse e anche per chi non si ricorda bene i criteri: in questo ambito passiamo un occhio su tutto, dal titolo in sé alle operazioni esterne che sono state fatte a riguardo.
Parliamoci subito chiaro:
PACKAGING
Per questa volta trascuriamo il titolo, è stato sicuramente apprezzato da molti l’idea di mettere le voci a tema invece del normale “inizia,continua e chiudi”, questo sì. Una delle poche cose interessanti che mi verrebbe da notare è considerare come sia messo in risalto il titolo del gioco.
Andando più nel dettaglio…
Cominciamo con il mettere in evidenza le palesi risorse di default che sono state utilizzate. Vi sembrerebbero messe a frutto, in questo modo, le capacità di una persona che ha studiato teatro? Sì, Makoto ha studiato l’arte del teatro e della messinscena. Eppure il comparto grafico per le mappe è ridotto all’osso per un titolo narrativo di questo tipo e sopratutto per essere da parte di una persona che sembra avere tutta la consapevolezza creativa per poter produrre di meglio. Con questo sto dando per scontato che gli scenari non siano stati pensati in funzione di una direzione artistica ragionata e precisa.
Ora, diamo un’occhiata al menù.
È molto semplice, quasi minimale. È stata un’ottima idea mettere l’immagine dei personaggi che ci accompagnano, anche se sono molto evidenti i tratti sporchi del disegno ciò che importa è come questi abbiano un ottimo concept, lo stile di Sanada dopotutto è sempre stato davvero riconoscibile, sicuramente un punto che gli è tornato estremamente utile per Angels of Death. Ma non sembra anche a voi che qualcosa non quadri?
Gli spunti sembrano perfetti eppure tutto continua ad apparirmi come se fosse una grande bozza, vuoi per il mapping, vuoi per i tratti di disegno; non è certo il tipo di qualità che mi aspetterei dopo che il manga tanto distribuito mi è stato presentato con questi tipi di artwork!
Non credo di star parlando di un’operazione banale, dopotutto sia sen che Fummy avevano alle spalle due giochi davvero solidi nella composizione grafica da cui poi essere supportati dalle opere derivate, possiamo citare anche l’ultimo gioco discusso nella rubrica, Mogeko Castle, un gioco in cui era stato messo tanto cuore per la personalizzazione di tileset ed interfacce. Tenete questo a mente per il futuro, perché sarà un tema che riprenderemo.
Vai, Ele.
Rapporto Autore-Opera – Bistrattato, ma non come credete
Il titolo di questo paragrafo sembrerà strano ad alcuni di voi.
“Bistrattato? Ma come? Makoto ha permesso un sacco di adattamenti!”
Infatti, ho scritto “ma non come credete”!
Il gioco, dal punto di vista commerciale, non è stato totalmente gettato via in favore della sua opera più acclamata. Kirisame, infatti, nel 2018 (due anni dopo l’uscita di Angels Of Death) ha avuto un’uscita per dispositivi mobili, assieme a piccole cose aggiuntive che dimostrano un minimo di persistente attenzione commerciale per il gioco.
Sticker ufficiali per l’app di messaggistica “LINE”, molto famosa in Giappone.
Scenette che sembrano prendere il nome di “Dot Theater”
Chi sa il giapponese e vuole illuminarci ulteriormente su quest’operazione, può cliccare il link.
Okay, okay, scusatemi, sono di nuovo PaoGun. Prima di ri-passare la parola a Ele vorrei farvi notare una cosa.
Potrete notare come nella sezione successiva spesso io difenda la linearità dello sviluppo narrativo. Questa è qualcosa che normalmente non farei, soprattutto con questi tipi di autori (conoscerlo meglio durante le nostre ricerche ce lo ha fatto rivalutare peggio di quanto non credevamo prima, credeteci) ma bisogna riconoscergli che sapeva bene quello che stava facendo, non ci dovrebbe stupire dato il contesto produttivo da cui proviene. Avete potuto vederlo da “Storia del prodotto” con Ele quando ha citato la collaborazione di Senada alla scrittura di un film, qui si può fare la differenza con Makoto Kedouin da Corpse Party. Se vi ricordate l’articolo, altrimenti ve lo diciamo qui per i nuovi lettori degli Archives, avevamo parlato di come la primissima versione del gioco derivasse da un contest, un contest in cui un autore indipendente, tra i suoi impegni quotidiani, si è ritrovato a voler produrre un titolo che poi avrebbe sbarrato la strada ad un intero genere di videogiochi (l’articolo successivo abbonderà del tema incentrato sugli autori casuali). Ce ne accorgeremo assieme quando parleremo dei difetti dell’opera, ma The Forest of Drizzling Rain non soffre mai di sbalzamenti troppo strani dello sviluppo narrativo, come invece accadeva in Corpse Party del ’96. Però soffre di altri tipi di difetti che riguardano principalmente la costruzione dei sottotesti, come anticipato prima, e la fretta nella seconda parte della storia. In “Storia del prodotto” avevamo detto che la produzione si era interrotta. Come mai la ripresa sembra essere stata così dolorosa?
-A te la parola, sis.
-Grazie, Pa!
Quindi, perché questo paragrafo non finisce qui?
Semplicemente perché vorrei parlare non solo di quel che viene fatto nei blog/social dell’autore per capire come è trattato da egli il gioco.
…Semplicemente perché si riassumerebbe in frasi abbastanza generiche: il primo titolo non si scorda mai, questo è perfettamente intuibile.
Bensì per criticare in buona parte la fretta di Sanada nell’iniziare Angels Of Death per un prodotto che, come disse PaoGun nell’Asso Nella Manica, aveva davvero delle buone premesse.
Mi permetto di dire questo per via del modo sbrigativo con cui è stata sviluppata la storia per arrivare ai finali.
Dopo aver visto quell’inizio davvero lento, dove si poteva prevedere e si poteva anche pretendere, anzi, una storia sviluppata con i giusti tempi…
…Abbiamo questo?
Un modo sbrigativo e incomprensibile per far vedere cosa lega i due protagonisti?
Credo proprio che se non si fosse avuta alcuna fretta di togliersi questo gioco davanti per svilupparne uno nuovo che ti intriga di più… Beh, si sarebbe spiegato più background (perché, come si dirà nei difetti dell’opera, c’era davvero tanto da spiegare volendo e no, le opere secondarie come manga e novel non contano), non si sarebbe fatta fermare in questo modo la trama per spiegare i flashback e arrivare al finale… Insomma, si sarebbero evitate davvero tante magagne.
Quindi, considerando anche il background di development, secondo cui Sanada quando faceva le parti finali (e credo anche questa qui) aveva già il prototipo di Angels Of Death per la testa… Posso dire che il rapporto che ha avuto con questo prodotto durante la sua creazione è un sentimento, suppongo, di sufficienza.
Si, è davvero triste finire così questo paragrafo, ma… Beh, dobbiamo pur introdurvi in qualche modo al nostro umore quasi perenne durante il nostro secondo incontro con questo autore, e fine di questa lungo viaggio.
Quindi Sanada… Ci vediamo nel 2016, dove sapremo se la tua fretta per questo gioco ha portato a qualcosa di buono nell’opera che tanto aspettavi di fare.
(Spoiler: no)
DIFETTI DELL’OPERA
Eccoci tornati assieme belli miei. Ora cerchiamo di riprendere assieme il discorso che avevamo iniziato nell’Asso nella manica.
Dunque, torniamo per un attimo a questo punto della storia.
Sì. Sì, esatto, quello in cui Shiori viene attratta dalla Kotori Obake nella sua tana, parliamone un attimo.
Dopo aver confermato da poco che lei era una residente nel villaggio ed il “museo” era la sua casa la mattina dopo veniamo a sapere che la ragazzina è scappata, il tutto per permettere al giocatore di infiltrarsi nella foresta proibita in cui pochi minuti prima era stato appena detto di non entrare per nessun motivo.
E dunque via, dopo una lunga introduzione buttiamoci nella tana del nemico e scopriamo improvvisamente tutto il lato splatter del gioco…
Seh, SEEH! Sangue, abusi, morti, stanza estremamente inquietante con sottofondi che non mi sembrano così troppo adeguati per un target di ragazzini, okay, okay, vi prego riconciliamoci un attimo: scusate, ma questo che diamine c’entra con la storia di Suga e Shiori?
Okay da bambini hanno avuto a che fare con la promessa che hanno fatto a questa donna, a questo spirito insomma. E quindi? Dove si vorrebbe andare a parare?
Mi spiegate perché diamine Shiori viene attratta in questa caverna che le parla del parto e di violenze sui minori? Sì, l’ho capito che da bambina ha fatto una promessa ma perché insistere così tanto su questo punto? Vorreste forse dare qualche suggerimento sulla sua età e che in qualche modo avrà a che fare con la tematica del diventare una “giovane madre”? Perché tra le varie cose mi è parso di capire che la tematica di questa famosa Kotori Obake fosse questa, o mi sbaglio?
Siamo stati a contatto per tutto il gioco con quella che sembrava essere un titolo d’avventura e mistero per ritrovarci alla fine divisi da due pattern diversi. Da un lato c’è la main plot, quella sui due protagonisti, che segue una certa direzione e dall’altro lato la storia dell’antagonista va da tutt’altra parte. Tra l’altro non mi pare che nel corso del gioco si sia mai approfondita a sufficienza l’identità sociale e la natura del villaggio –se non ovviamente dal punto di vista negativo e violento che spiega la nascita dello spirito maligno ma non è abbastanza questo, soprattutto se consideriamo che la famiglia dei due personaggi positivi avevano a che fare con tutto questo–, la storia della Kotori Obake ti viene innanzitutto presentata come una leggenda popolare tra i libri colorati, o come una fiaba, scegliete la definizione che vi piace di più. Viene presentata come una fiaba (molto cruenta) che poi si scopre reale, punto. Finisce lì.
Nei flashback ci viene dato solo qualche indizio sul carattere dei ragazzini e poi ci viene spiegato il motivo per cui Shiori aveva perso la memoria, tutto qui, e viene fatto con una velocità disarmante. Prima avete potuto vedere che ho sottolineato l’aggettivo “molto cruenta” semplicemente perché “questa fiaba” va totalmente fuori con i toni generali del gioco e sopratutto i protagonisti non sembrano sviluppare alcun tipo di reazione nei confronti della vicenda.
“Oh wow, l’abbiamo sconfitta.”
“Ah-sì.”
“Andiamo a prendere un tè?”
“Okay”
Cosa dovrebbe avergli lasciato esattamente questa esperienza?
In realtà l’autore è stato molto furbo perché quando avrà scritto queste due storie è stato ben attento a non farle intrecciare. Sembrano davvero due trame diverse che quasi casualmente ad un certo punto si sono incrociate, infatti per quanto trovi certi punti davvero strani e “wtf” (per usare un linguaggio giovanile come farebbe Ele), non riesco a prendermela totalmente con questo titolo perché è davvero omogeneo e onesto nei suoi intenti, nella sua semplicità ha trovato la sua fortuna generando una storia tutto sommato abbastanza coerente e lineare, non ci sono buchi di trama troppo grandi nella storyline complessiva perché semplicemente l’ha trattata con molto riserbo.
Sicuramente tra gli appassionati ci sarà qualcuno che potrebbe dirmi: “Ah! Guarda che in realtà c’è una stretta vicinanza perché…A entrambi sono morti i genitori e a Shiori in un incidente d’auto quindi…Appena morti loro, subentra la figura materna pericolosa!”
Oppure: “No, in realtà l’insicurezza di Suga è strettamente legata ai bambini che venivano intrappolati dallo spirito maligno, perché viene messo in evidenza che anche lui ha perso la madre…! E quindi questa storia parla della sua crescita interiore, questo si vede da…”
Questo non si vede assolutamente da nulla, vi risparmio io la fatica. Non c’è nulla del genere che venga trattato in maniera sufficientemente chiara, nemmeno nelle scene in cui si vede Suga ammazzare i bambini negli atti finali. Tutto questo complesso sottotesto sulla maternità è totalmente scollegato dalla trama principale. Allora, io premetto che ho anche fatto i compiti a casa prima di scrivere questo articolo cercando di fare riferimento a delle fonti esterne: ho cercato di ripassare un po’ sul tema degli spiriti giapponesi (gli Yōkai) e quello che ho capito è che sicuramente nelle loro varietà di forme ci sono veramente tanti casi che dipendono non solo dai singoli simboli che gli si attribuiscono nelle loro leggende (e quindi era una responsabilità del gioco cercare di associare una tematica definita alla storia) ma che sono comunque delle metafore per esprimere dei sentimenti umani, quindi questo grava ancora di più sulla potenza emotiva della messinscena che avrebbe dovuto valorizzare una trama del genere.
Vedete? È con questi tipi di titoli che ci si scervella per associare la simbologia alla trama, non in Ao Oni. Così, prendetela come scusa per rimandarvi all’articolo.
Torniamo per un attimo a Sanada. Se sono così aspra nei suoi confronti è perché qui, in The Forest of Drizzling Rain perlomeno si salva il registro predominante (perché c’è un registro predominante nella storia, valorizzato da una regia davvero buona, questo voglio ricordarlo) che ci aiuta nell’immersione della main plot. Qui, però, in The Forest of Drizzling Rain.
In Angels of Death non è stato così, perché non solo ha inserito tematiche totalmente confusionarie, poco attinenti con il titolo e dannose per la percezione che abbiamo dei personaggi ma queste ultime hanno anche influito a danno della trama principale cambiando totalmente le carte in regola e creando così un gran pasticcio. Ed Angels of Death è stato molto più acclamato e distribuito come opera, creando nuove illusioni nei giovani autori che si approcciano al tool di RPG Maker. Ma di questo ne parleremo a tempo debito.
Okay, siamo pronti per ripartire in auto ragazzi. Forse questo vi sarà sembrato un passaggio breve e fugace, ma sapete che abbiamo iniziato a fare il primo passo verso un mondo davvero complesso, e questo è paradossale per un titolo che ha fatto della classicità e della tradizione il suo cavallo di battaglia. Come avrete già potuto capire da tempo ci ritorneremo a Sanada e alle opere che produce, questo era solo un prologo. L’inizio della fine.
Ricordate il primo articolo su Corpse Party, no? E beh, lo ricordiamo ovunque ormai. Qui ci faccio un rimando per cercare di farvi tenere a mente come in quell’articolo che per noi rappresentava l’inizio di tutto ci focalizzassimo di più sulla natura dei due giochi piuttosto che sul loro contesto di produzione anche se avevamo iniziato a parlarne. Il cuore erano i giochi stessi.
E questo perché forse così potrete notare la differenza con questo articolo. Sicuramente avrete trovato le ricerche esterne inerenti il prodotto più ricche di spunti rispetto all’analisi interna, a questo dovrete iniziare ad abituarvi per capire tutto il meccanismo che si inizia a costruire attorno e in questo il prossimo articolo che finirà sul Back To The Future sarà fondamentale, sarà un articolo talmente lungo e complesso per le cose che dovremo dire che proprio in questi ultimi giorni abbiamo stabilito di dividerlo in due parti. Due i personaggi principali dai caratteri opposti, doppie le indoli di tutti gli altri personaggi, doppio il registro con cui si affrontano le tematiche e i strani sotto-testi che la storia propone, due le autrici e di doppia natura è la storia di produzione di uno dei titoli più articolati e profondi dell’intera storia degli RPG Horror. Stiamo parlando di Cloé’s Requiem, il gioco dalla doppia faccia.