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A Figment Of Discord – Recensione

Questa è la prima recensione videoludica che abbiamo il piacere, diciamo (le stroncature non mai tanto un piacere) su Ludi Tarantula’s Archives.
Il titolo in questione è “A Figment of Discord” per due motivi:

– Il primo è perché è stato un invito della stessa autrice. Sicuramente non pensiamo che questa sia una buona giustificazione perché magari non si aspettava questo stile di recensione, anche da una parte alcuni tra i commenti lasciati in giro su Facebook speriamo che sia potuta fare un’idea sulla forma espressiva che utilizziamo.

– Il secondo motivo è che il titolo in questione è stato preso in considerazione per le nomination dei Misao 2019 e questo è stato un fattore che ci ha lasciate perplesse. Quello che ci auguriamo, anche se potrebbe esserci disaccordo nelle considerazioni, è che questa stroncatura possa essere uno stimolo per tentare di applicare un metodo di fare critica anche su Rpg Maker che è stato già sviluppato in campo editoriale e cinematografico, per fare degli esempi.
Ovviamente a chi può essere piaciuto il gioco non abbiamo nulla da dire, sono gusti personali, ma quando si tratta di riconoscimenti e nomination prendiamo le cose seriamente, perché in questo modo entra in gioco una visione oggettiva (e NON soggettiva) del prodotto. 
Del resto, tuttavia, essendo che l’anno scorso a quanto pare un gioco pieno di lacune come Aria’s Story abbia avuto il riconoscimento di narrazione impeccabile non potevamo aspettarci molto.

 

PRIMO AVVERTIMENTO

Ci teniamo a mettere questo avvertimento per via dei toni acidi che potrebbero venire fuori nel corso della recensione, è nella norma al giorno d’oggi di preoccuparsi sempre di rientrare nel giusto e non offendere nessuno in una spirale di buonismo spesso ingiustificato, ma per la critica crediamo che siano necessari questi punti: giustificazione, associazione e/o dissociazione nei confronti delle altre opinioni, confronti con altri prodotti ed esempi che possano spiegare meglio le argomentazioni che verranno stilate ed entertainment.

Se non si usano i termini accattivanti, frasi che possano guidare il lettore e cogliere il suo interesse: sviluppare il carisma è necessario per catturare l’attenzione del pubblico e spesso per questo ce ne rimette il prodotto recensito. Quella del critico è pur sempre una professione.

Tra i nostri riferimenti per il metodo ed il linguaggio abbiamo loro, che sono solo alcuni tra i canali che in un campo o nell’altro fanno della critica seguita e apprezzata rendendo dell’ironia –e alcuni con un pizzico di acidità– il loro cavallo di battaglia: cominciamo dagli italiani, come Ilenia Zodiaco, tra le rubriche più seguite senz’altro “Libri di melma”, ovvero tra i migliori titoli del trash editoriale; Yotobi che oramai non recensisce più film da tempo ma il suo stile ha influenzato ed è stato amato da moltissime persone, prendendo di mira, per entertainment, film indifendibili; tra i critici americani una menzione speciale a Nostalgia Critic che comincia a parlare dei prodotti con sketch introduttivi, ironia dissacrante e alla fine una riflessione e punto di vista costruttivo, e come dimenticare ovviamente i critici videoludici. I PlayerInside, appassionati di cinema, e ciò aggiunge sicuramente un giudizio più critico su sceneggiatura e regia di molti videogiochi e hanno in generale un approccio molto professionale alle recensioni, e quasi televisivo per le loro news della settimana, Parliamo Di Videogiochi  e l’Angry Videogame Nerd, entrambi youtuber che fanno puro entertainment, presentando però tutti i difetti e le incongruenze dei giochi che trattano, perché appunto trattano entrambi giochi di bassa lega (Fraws tratta anche quelli “Di pessimo gusto”, ma stiamo parlando principalmente della serie “Giochi Brutti”) da moltissimo tempo, creando serie molto longeve, la rubrica di Parliamo di Videogiochi è quasi verso i sessanta episodi, e il creator americano ha costruito quella che ormai è una webserie a stagioni, con almeno un centinaio di episodi, di cui molti di noi ricordiamo la sigla (almeno, la fine): “He’s the angriest gamer you’ve ever heard, he’s the Angry Nintendo Nerd. He’s the Angry Atari Sega Nerd, he’s the Angry Videogame Nerd!”

 

Tutti loro sono stati per noi fonti di ispirazione, non riusciremo mai ad emularli e non è nemmeno questo l’intento, ma ci piace pensare che questo tipo di critica un giorno possa esistere anche per il mondo di Rpgmaker.

Detto questo, possiamo cominciare.  

 

AVVERTENZE PER IL LETTORE
In questa recensione non ci esenteremo da spoiler.

 

~Trama, soggetto & sviluppo dell’intreccio~

 

Questa parte dell’analisi la gestiremo in questo modo: seguiremo il tutto dall’inizio con un grande riassunto, commentando le scelte logiche che sono state fatte. È probabile che in questa parte vengano fuori altri aspetti come regia e recitazione (in quanto doppiaggio come nella clip iniziale e nei movimenti delle sprite)  e altri elementi per cui risulteremo pignole e puntigliose.

Cominciamo dall’inizio…

Il titolo. Una ragazza seduta su un trono con un pupazzo tra le braccia, scelta che risulterà ingiustificata e casuale considerando che non ci sarà nessun suggerimento nel corso della storia che la suggerisca come “regina” di qualcosa, né dal suo punto di vista né da quello degli altri. L’artwork ha uno stile sconnesso a differenza dei mezzi busti che verranno mostrate in game, ma questo è un tasto dolente che tocca molti altri Rpg e su cui non ci soffermiamo.
La theme presenta un accompagnamento di cinque note che si susseguono e cambiano la tonalità senza mai arrivare a una linea melodica principale, ed è proprio per questo motivo che ci chiediamo com’è possibile che sia stata scelta come main theme, soprattutto quando tornerà nel carillon: nei carillon solitamente viene messa in evidenza una linea melodica.

 

Ma parliamo delle scelte messe alla rinfusa che dovrebbero corrispondere al “Nuovo gioco”, “Continua”, ed “Esci”: “Dai un morso”, “Assaggia”… Sono la stessa cosa!

 

…Se non altro, le avvertenze prima del video introduttivo sono carine graficamente, e abbiamo apprezzato come sono state realizzate.

Andiamo all’introduzione.

Il doppiaggio. Parliamone, è un disastro sia in italiano che in inglese.

In italiano, però, i gravi problemi di espressione e di “falsazione” della voce sono molto più udibili, anche se pure in inglese (se si ascolta bene) la voce suona davvero… Inespressiva, ma nel senso sbagliato del termine: non ti comunica nulla, e come in italiano la voce è molto falsata, l’ha fatta più “carina”. Un doppiatore non falsa la voce, la muta, la cambia, ma la voce è la sua. Sembrerà una cosa da niente, ma questo video è la distruzione completa del mestiere del doppiatore, che usa generalmente la SUA voce, ma la cambia, e non la falsa in modo tanto palese.

“Ma è un prodotto indie, cosa ti aspetti?” Mi aspetto dei risultati simili alle voice lines di Sen in Mad Father (più che altro dovremmo dare credito al sito Vita-Chii) Lydia in Aria’s Story (che, per quanto non sia un gran gioco, le voci erano apprezzabili, e l’autrice organizza dei veri e propri contest su Twitter per le voci dei suoi personaggi), e per le cutscene, se vuoi mettere del doppiaggio, posso citare Empty Sharp (altro titolo italiano validissimo) come esempio, con un doppiaggio davvero magistrale, seppur fatto da ragazzi per un progetto amatoriale!

L’introduzione è pensata male, scritta peggio e…Davvero, da quant’è che in un gioco non esistono più questi tipi di introduzioni dai primi anni 2000 su quei siti di giochi online che volevano farti conoscere in maniera simpatica i personaggi dei platform scarsi?
Il problema non è la scelta in sé: anche il cliché può considerarsi un’opera d’arte se ben sfruttato, ma ogni scelta deve essere pensata con cognizione di causa e consapevolezza di quello che si presenterà al giocatore.

Per uno scrittore può essere molto importante prendere questo motto come punto di riferimento:  “show don’t tell” (che in un prodotto audiovisivo poi si riflette nella regia).
Un videogioco è una forma d’arte audiovisiva, rispettala. Come hai fatto con il rumore dei bambini in sottofondo, per esempio. Era un buon inizio.

Potevi tuttavia disperdere le informazioni su di lei man mano che si esploravano le mappe e che si interagiva con i personaggi, o se proprio tenevi a riassumere in poco tempo quelle informazioni perché non fare come “Up”, ad esempio.
Certo, citiamo i maestri, che hanno riassunto in pochi minuti di film la vita di un uomo, oppure “La finestra sul cortile”, in cui solo inquadrando le fotografie e gli oggetti nella stanza del protagonista si è rivelato in pochi secondi chi è, cos’ha fatto e cosa gli è accaduto per trovarsi sulla sedia a rotelle.
Prendiamo degli esempi proprio nel mondo degli RPG Horror.
 “The Witch’s house” e la lettura dei diari man mano che prosegui nelle mappe, in un videogioco c’è più libertà per l’autore nella gestione d’informazioni, che può rivelarsi innovativa, davvero gradevole da scoprire, come lo è stato per la storia di Ellen che si conclude con la rivelazione finale data dalla lettera, il primo elemento di partenza con cui abbiamo interagito.

E parlando di allegorie? “Dreaming Mary” è un ottimo titolo: l’introduzione è di poche parole, tutto comincia con le istruzioni date dalla radio che vogliono suggerire un sistema quasi dispotico per come vengono fornite le informazioni e come si comportano poi i personaggi: sono chiari, dalle prime parole che pronunciano capiamo immediatamente chi sono e cosa potrebbero rappresentare, le espressioni di Boaris trasmettono inquietudine sin dal primo incontro e ogni frase sembra costruita per darti l’idea che questo personaggio rappresenta qualcosa di sporco: la tematica sessuale e gli indizi che parlano della pedofilia sono magistralmente filtrati dagli atteggiamenti e dai termini che il cinghiale utilizza.

Andiamo al riassunto.
Eris è una ragazza abbandonata in un orfanotrofio –un orfanotrofio davvero povero e inusuale sul piano realistico, insomma, non so se con così pochi ragazzi poteva considerarsi un’istituzione a tutti gli effetti, e se davvero c’era una sotto-trama più importante a riguardo non è mai stata minimamente accennata o approfondita – e ci fa subito intendere che ha problemi a relazionarsi con gli altri e per compensare la sua solitudine si è “creata un amico immaginario”.
E la malattia, direte voi?
No, davvero, perché la malattia? Com’è nata? Eris soffre di complessi di solitudine da quanto abbiamo visto, cos’è che avrebbe scaturito la sua malattia?
Anche altri ragazzini sono stati orfani, ma questa non è una motivazione sufficiente per parlare di disturbo mentale.
Questo punto lo argomenteremo meglio verso il finale, quando avremo tutte le informazioni in mano.

 

Le scene al presente cominciano con quest’incipit: Eris e Millemiglia, il gatto multicolore, hanno fame, e ci lasciano intendere che nell’orfanotrofio vengono mal nutriti.
Ci sono alcuni battibecchi con le cameriere e poi avviene l’accordo con Chantico: la protagonista sceglie, “per la troppa fame” (ma perché? A breve avrebbero cenato, è una forzatura bella e buona considerando che si aspetta di ricevere leccornie e snack invece di un pasto decente, senza considerare che avrebbe potuto chiedere un favore a Shiva visto che lo considera un ladruncolo) di cedere la sua spilla per una leccornia, per l’appunto, e invece si ritrova con una mela.  

 

Tutto chiaro fin qui? Non notate nulla di strano a proposito di tematiche? Ne parleremo meglio in fondo.

 

Si sente ingannata, l’accordo è fatto, e prende la decisione di riprendersela indietro in quella che dovrebbe essere “Abaddon”, la sua distorsione della realtà, e gli eventi si succedono in maniera piuttosto scorrevole, se non venisse l’altro grande problema: il rogo.

 

Avrebbe potuto semplicemente prendere la spilla di nascosto e inventarsi delle scuse, perché arrivare al rogo? Millemiglia?
Ma non era solo una sua rappresentazione mentale? Cosa dovrebbe rappresentare in questo momento Millemiglia? Supponiamo che Eris volesse vendicarsi per l’inganno che ha subito.
Se vuole vendicarsi significa che ha piena coscienza di chi sia “la strega”, la brucia per “lavare via i suoi peccati” e poi si risveglia la mattina successiva.

 

Il panico generale si scatena quando si scopre la mattina successiva che Chantico è sparita.
Tralasciando che nessuno abbia notato fuori dall’orfanotrofio –data la poca distanza che lo separa dal luogo del misfatto – non pretendo sospettare delle tracce di fumo, ma almeno la legna bruciata, ma se Eris pensava davvero in maniera totalmente disconnessa perché si sarebbe dovuta preoccupare di togliere le tracce?
Già, cosa sta succedendo ad Eris? Si sta preoccupando o si sta sentendo in colpa?

 

 

Piuttosto problematica la sua totale ignoranza sull’omicidio: si sta davvero rendendo conto solo ora di aver ucciso Chantico? E noi che pensavamo che fosse una rappresentazione, una proiezione di ciò che per lei rappresenta la ragazza. Che senso ha che cada dalle nubi ora?
Chi diamine pensa di aver ucciso allora la scorsa notte, una strega cattiva totalmente a caso, perché le piaceva farlo? Lei parlava di punizioni e peccati, se non si rende conto dell’associazione che ha fatto su Chantico perché allora ha fatto quei discorsi che diventerebbero immediatamente incongruenti e fuori contesto?

 

Hannah Arendt aveva analizzato una questione interessante nel libro “La banalità del male” (si parla dell’ambito storico, ma che tuttavia sto decontestualizzando per sfruttarlo nell’argomentazione), che spesso si rivela la chiave di una natura psicopatica: questi tipi di persone in genere presentano un disturbo alla base che prevede la mancanza di empatia per la natura del prossimo e lo vedono come un oggetto, uno strumento, o una qualsiasi  rappresentazione che precluda anche la sola concezione che possa essere un suo pari.

Eris voleva essere una rappresentazione di questo disturbo? La risposta è ignota, confusa.

Il primo atto si conclude, facendoci comprendere che la divisione in capitoli della storia dipende dai vari omicidi che verranno commessi.

Abbiamo poi il secondo omicidio, Sol.
Faremo solo una menzione ai vari finali: quelli pensiamo sia meglio trattarli nella parte dedicata al gameplay, qui possiamo solo considerarne la noia e la bontà tremenda e falsa di cui si ricoprono, menzione speciale per il finale in cui tutti rimangono in vita.
“Oh, cavoletti! Quindi tutti sapevamo che Moloch è uno sporco villano?”
“Oh, sì! Davvero?!”
“Accidentolino, quanti anni abbiamo passato all’oscuro noi cinque!
“Ma perché non gli andiamo contro ora, correndo a diffamarlo per il villaggio?!”

 

 

Beh, insomma, torniamo alla storyline principale.
L’omicidio di Sol si svolge con una certa amarezza: sembra sapere quello che Eris ha combinato, per questo ritengo ben giustificato la necessità di ucciderla nonostante avesse promesso di non rivelare nulla: è lecito che nascano dei sospetti se manterrà o meno la parola, se l’atto di lasciarla in vita avrebbe procurato dei guai.

Tiriamo in ballo i continui errori di anatomia nelle CG, che dovrebbero essere le “scene madri” del gioco. Questo titolo è stato premiato per i disegni, dicono.

Le morti si susseguono in maniera naturale, o meglio, quella che rimane: lo sfigatissimo Mani.
La sua morte è una richiesta di suicidio, ma prima di arrivare alla fine della prima parte del gioco vogliamo fare una menzione speciale a Glenn: quanto può essere inutile la sua comparsa? È un modo tirato a caso per giustificare la sua presenza nella seconda parte della storia, perché è totalmente normale che uno sconosciuto in una sua tranquilla passeggiata decida, così per caso, di inflitrarsi in un orfanotrofio tramite una breccia nel muro.
Breccia, ricordiamo, offerta gentilmente da Shiva: che genio, che maestria, perché provare a scavalcare i cancelli quando puoi risultare più sospetto e rumoroso nel cercare di frantumare un muro?

Altra menzione speciale vanno agli occhi di falco di Eris quando nel realistico dialogo con Glenn –in cui preferisce prenderlo in giro per il suo abbigliamento piuttosto che preoccuparsi che è entrato un cavolo di estraneo nella struttura– pensa tra sé e sé “Oh, da quant’è che c’è questa breccia?”. Non  l’aveva mai notata.
Il punto è che in RPG Maker la visione della mappa è in genere totale, il giocatore riesce a notare tutto, non c’è lo sguardo guidato come nel cinema, per cui consideriamo che seguiamo il punto di vista di Eris: possibile davvero che gironzolando intorno per la mappa o solo voltando il capo non abbia mai notato un buco come quello?

Ricordiamo con affetto anche la scena di quando ha mollato Glenn su due piedi, senza nemmeno preoccuparsi che un estraneo sia nella struttura: lo ignora e lo lascia lì. Fantastico, non importa a nessuno in quell’orfanotrofio se Glenn potrebbe essere un ladro, un maniaco.

Ma torniamo al suicidio di Mani.

Ciò che sappiamo del personaggio è che è una persona sensibile –ovviamente–, sfortunata e che sperava in un riavvicinamento con la sorella Sol, la sua scelta di suicidio è avvenuta proprio in conseguenza alla morte di quest’ultima. Questa è stata una delle poche scelte notevoli, interessanti, che poteva essere sviluppata meglio.

 

Poco dopo che il disgraziato ci lascia le penne entra Shiva, il punkettaro del villaggio, e con vivida sorpresa e sconvolgimento si rende conto di quello che è accaduto.
Eris lo scansa , nemmeno il tonno si preoccupa di rincorrerla, la musica rimane sempre quella e la scena ci trasmette tantissime emozioni. Ma anche no.

Con nonchalance, senza nemmeno il minimo fastidio e diversità nella sua espressività, Eris comunica gli ultimi accadimenti e li rigira in proprio favore, dando la colpa proprio a Shiva e sfruttando il pregiudizio nei suoi confronti. Ovviamente non solo non è stata svolta nessuna indagine in merito da parte della polizia locale, ma tutto l’intento non è stato messo in scena ma comunicato come una spiegazione nuda e crude tra i pensieri di Eris.

 

 

E poi, cosa succede? Rimasta solo lei e il direttore  –ovviamente l’orfanotrofio non è stato nemmeno chiuso ed Eris non è stata trasferita–  la nostra protagonista decide di lasciar andare Millemiglia, facendoci intendere che prova dei sensi di colpa, soprattutto per il biglietto che si trova dopo nella seconda parte della storia; e poi viene richiamata da Moloch e si sussegue una colluttazione.   

 

Un’avvincente e realistica scena in cui si mostrano con dei messaggi di testo come il cattivo direttore sta ferendo la povera Eris.

 

Scena da Primavera di Granito – La morte di Leblanc

Si sussegue un inseguimento che termina con la seminazione di Moloch. Chissà, forse gli sarà venuto un infarto al vecchiaccio. No davvero, non si sa più che fine abbia fatto.

In ogni caso nella seconda parte della storia il punto di vista cambia, dopo aver avuto una frase d’intermezzo: “Sarò io la tua famiglia e mi prenderò cura di te”.
Ebbene, ora abbiamo il punto di vista di Alys, il legame con A Timeless Story e la questione del matrimonio compiuto per necessità.

D’accordo, ma ciò che mi lascia perplessa riguardano sempre le motivazioni dell’avvenimento. La vicenda sembra svolgersi in tempi moderni, se non contemporanei. Se Alys si sente talmente a disagio per questo matrimonio, possibile che non abbia mai cercato di trovare un lavoro? Il punto è che non bisogna dare nulla per scontato, anche una breve informazione a riguardo sarebbe bastata.

Sembra scorrere tutto molto bene da questo punto in poi, l’esplorazione della magione diventa rilassante, se non si presentasse un problema legato al rapporto spazio-tempo.
Purtroppo vuoi solo una categoria vuoi solo un’altra, ce ne sono molte di falle del genere in questa parte del gioco.
Uno dei particolari riguardano senz’altro le lettere, ovvero: stiamo parlando di scrivere lettere a persone che difatti si trovano a pochi metri di distanza, e che per altro lei stessa decide di andare a trovare di persona la mattina successiva al giorno in cui le scrive.
Questo è stato perlomeno ciò che sembra trasparire dalla successione degli eventi, perché dopo la prima notte di nozze trascorsa con il beneamato Glenn –è avvenuto il matrimonio perché si era difatti proposto di offrire delle spese per aiutare la madre di Alys– non si comprende se è avvenuto un ellisse temporale o se le vicende continuino a svolgersi la mattina successiva, questo deriva dal grande problema di regia che questo prodotto soffre.

Dato che si sente giù decide personalmente di far visita a sua madre e aveva idea di far visita anche a Lysander; nonostante, sue testuali parole, sarebbe stata “una lunga camminata” .
Letteralmente due passi di distanza.
Ora, capisco la libera interpretazione e il voler rendere questo dettaglio qualcosa di scorrevole e non impegnativo per il giocatore, ma le parole sarebbero dovute essere dosate in maniera diversa. Oppure trovare altre motivazioni che l’hanno spinta ad evitare per tutto quel tempo –quanto tempo effettivamente sarà passato, giorni o mesi?– di andare incontro alle persone a cui tiene.

Sua madre a quanto pare continuava ad essere lasciata sola, e non sembra che il suo disperato stato di salute potesse concordare con quanto avrebbe promesso Glenn . Considerando che Alys ha letteralmente mandato all’aria la propria realizzazione personale, immaginavo che come “migliori cure che si possano offrire” fosse compresa una tutela da parte del personale indicato, eppure Alys non ha avuto nulla da obiettare a proposito dello stato della madre che è morta nel totale anonimato e ricordiamoci che ha lasciato lì. Non si è più saputo nulla sul cadavere che probabilmente a seguito degli ultimi avvenimenti della storia sarà rimasta in putrefazione.

 

E poi ora Alys non ha comunque più motivo per interessarsi al matrimonio e alla magione, se davvero si trova così male perché non se n’è semplicemente andata? Perché in realtà le faceva comodo? Peccato che questa caratteristica del personaggio non è mai risaltata in nessun modo.

Lo stato di tristezza e disperazione dei personaggi ha un senso quando viene ben giustificato.

E soprattutto pensare di avere la capacità di scrittura vuol dire che non dovrebbe esserci bisogno della giustificazione dell’autore, sentire il bisogno di giustificare tutto in un secondo momento lo fa chi non è cosciente del proprio lavoro. Sono diverse cose gli elementi che si lasciano all’interpretazione e gli elementi che dovrebbero tessersi per costruire una trama logica.

Torniamo al riassunto e vediamo la nuova protagonista –o coprotagonista, come forse sarebbe più corretto chiamarla da parte nostra– che vorrebbe chiedere aiuto a qualcuno ma invece si trova davanti…
Eris? Oh cavolo, quanto diamine sei cresciuta? È un problema che riguarda solo questo personaggio: nonostante dopo l’inseguimento con Moloch la regia ci lasci intendere che nel frattempo siano passati degli anni gli altri personaggi, come lo stesso Glenn – o Shiva che si intravede in uno dei finali– siano rimasti del medesimo aspetto dei tempi passati.
Se consideri di cambiare dei tratti dei personaggi per indicare che il tempo ha avuto riscontro è abbastanza inutile proporre questa disparità.

La presenza di Eris insospettisce Alys, Eris si mostra come una prima donna a differenza della caratterizzazione fredda e schiva che aveva da ragazzina e addirittura, chiedendo informazioni ai servitori, una cameriera comunica che Eris, da quando era fuggita, ha vissuto nascosta in una stanza nella magione!
Cosa? Nascosta in una stanza, davvero?
Perché avrebbe dovuto? C’erano problemi con i genitori del suo benefattore? E anche se fosse, una volta che sono morti ha continuato a rimanere nascosta?
Oppure l’ha tenuta rinchiusa per paura che potesse rivelarsi una persona violenta? Peccato che Glenn non l’abbia mai pensata in questo modo visto che negli atti finali si vede chiaramente e con nonchalance che la considera sua amante.

Alys, non appena ne sa di più controllando tra le carte disperse per la casa, decide di andare a visitare personalmente l’orfanotrofio che si è mostrato a inizio gioco

E poi, cosa dire sul personaggio di Lysander? Non rispondere quando bussano alla porta senza nemmeno sapere di chi si tratta potrebbe indicare uno stato di grande sofferenza che tuttavia viene obliterato dalla loro breve conversazione in cui si chiedono scusa, almeno questa è una delle scene che si otterrebbe se decidessi di intraprendere la scelta di ottenere due finali che contengono la sua presenza.
Si incontra questo personaggio già in A Timeless Story effettivamente, ma lì il suo dramma sembrava derivare da un serio problema di distanza, di allontanamento fisico che riguardava magari anche nella fuga in paesi diversi, non che rimanesse ancorato allo stesso villaggio dove vive la sua ex compagna di giochi a fare i capricci.

Per ottenere il Secret Ending –a proposito, un secret ending da quanto sappiamo non dovrebbe servire per spiegare delle informazioni principali sulla storia ma solo aggiungere qualcosa in più–  non dovevi avere a che fare con Lysander, quindi continueremo a commentare la storyline principale.

La parte dell’orfanotrofio è noiosa e blanda, forse è tuttavia una delle poche volte –considerando la storia di Eris ed escludendo Alys– in cui si cerca di ricreare un clima difatti horror, anche se seguendo semplici cliché.
A proposito di cliché ingiustificati: se gli spiriti mantengono le loro caratterizzazioni anche nella morte, perché volevano uccidere la coprotagonista? La purificazione è avvenuta quando ha compiuto il rituale –a proposito, un piccolo problema di logica che ha notato anche qualcun altro è il fatto che Alys sappia esattamente dove scavare. A quanto pare tutti conoscevano il nascondiglio di Eris–, quindi vuol dire che sono morti con un pizzico di bipolarismo?

 

Qui comunque Alys scopre che Eris ha compiuto gli omicidi, e i due finali variano a seconda se lei sia a conoscenza o meno che in realtà sono sorelle.

 

Se non lo viene a sapere si sussegue il True Ending e comporta il drama: dopo che si viene a sapere del piano malefico tra Glenn ed Eris, avere un bambino –per…Perché due persone del genere dovrebbero nutrire entrambe questo desiderio? Vorrebbe indicare che in realtà sono due personaggi di buon cuore o comunque che nascondono una sensibilità interiore dato che vogliono trasmettere affetto ed educazione ad un bambino? Non è così che si giustificherebbero dei personaggi, rimangono comunque due canaglie–. Tornando al problema: avere un bambino e aver sfruttato Alys per farlo dato che Eris era rimasta ferita al ventre.

 

Poi, Eris la spara. In questo finale per altro Alys ci fa intendere che il demone lo vede anche lei, è ancora presente.
Allora…Era malata anche Alys, alla fine? Condividono lo stesso sangue e per tanto condividono le allucinazioni?

Perché se il demone esiste davvero allora si insiste nel parlare di malattie mentali in “maniera nuda e cruda”?
Sono altri i maestri che parlano della malattia mentale, che ripetiamo è un problema neurologico, si differenzia a seconda della zona infetta e ci sono varie cause, per esempio ereditarie o per traumi

Poi abbiamo l’altro imbarazzante finale, il “Secret Ending”, ovvero il “Non fa niente se hai ucciso delle persone, sei mia sorella e ti voglio bene lo stesso”, con tanto di commento di chiusura di Glenn: “Che finale inaspettato”.

 

Ah si, in tutto questo non vi sfugge niente? Tipo la famosa simbologia della mela?
Non è mai tornata da quando era avvenuto quel conflitto con Chantico
La mela della mitologia greca era d’oro, perché sarebbe andata alla più bella tra le dee. La mela come simbolo biblico e della tentazione in Adamo ed Eva era un frutto proibito, si parla in entrambi i casi solamente di simboli rispetto a qualcosa di più grande: l’uomo è egoista, non si accontenta di ciò che possiede e ha sempre più aspirazioni anche se questo comporta la sua corruzione interiore.

Eris quale aspirazione avrebbe avuto? Soddisfare la propria fame con una leccornia. Sì, c’è qualcosa che non quadra in questa frase.
Si parlava di bisogno fisico, di fame e mal nutrizione –si insisteva su questo punto, è stata considerata una delle motivazioni principali del suo patto–.

Non c’è stato nemmeno un richiamo forzato, un po’ di impegno nel voler, ad esempio, collegare questa nuova caratterizzazione di Eris come elemento che indicava il punto di partenza: era soddisfatta degli avvenimenti accaduti, perché quell’inganno è stato ciò che l’ha spinta a compiere gli omicidi e quindi venire protetta da Glenn vivendo a casa sua. Cioè, nascosta a casa sua.

È un ragionamento che fa acqua da tutte le parti, si parla infatti di tematiche ricorrenti e simboli che dovrebbero servire solo come spunto comunicativo per comunicare un tipo di messaggio e una tematica chiave, una caratteristica narrativa che viene spesso commentata e trattata nei manuali di sceneggiatura e che film come “Dillinger è morto” hanno preferito trattare con ironia e sfida: c’è una pistola che condizionerà il finale del film, e viene continuamente curata e dipinta dal protagonista a casa propria anche senza alcun senso.

Voleva fare un po’ di autoironia? Visto l’inutilità della presenza di Glenn nella suddetta scena, almeno avrebbe potuto esserci una citazione a Raz Degan in Albakiara quando pronunciò la battuta: “È finito il tempo delle mele, puttana”.

 

 

~Gameplay, meccaniche di gioco e comparto grafico~

 

E dopo l’intreccio che la gentilissima PaoGun ci ha spolpato, passiamo al gameplay perché, ricordiamolo, questo è un videogioco, quindi si deve parlare anche del gameplay!

Sicuramente non ci si aspetta un gameplay profondissimo da un RPG Horror: per la maggior parte dei giochi appartenenti a questo genere il gameplay consta solo di enigmi ed esplorazione.  Ma quello anche semplicissimo di questo gioco… Giuro che ho pianto.

…Di disperazione.

Il gameplay è fin troppo guidato e forzato quando non dovrebbe: non è un videogioco, è un diamine di interactive drama! Telltale Games, togliti dai piedi! Sono arrivate le Midori Fragments con le loro fantasmagoriche fasi di esplorazione! Ogni punto sarà molto lungo, quindi lo dividerò in paragrafi:

Map design

Le mappe sono raffazzonate e, essendo più schietta di quanto non lo sono stata già adesso, oggettivamente orribili, con asset di default usati male, e pure quelli scaricati sono stati gettati nelle mappe a tradimento, neanche l’ombra di una tinta schermo, che fa sembrare tutti i colori dei luoghi piatti e senza profondità, prospettiva a volte mandata nella discarica, assieme all’intera concezione di map design.

 

E no, non accetto il “Ma alla parte della magione c’erano delle luci!” come giustificazione. Anzi, crea un grande problema di inconsistenza nelle mappe: è molto irrispettoso nei confronti dei videogiocatori fare delle mappe come questa:

 

Nella fase dell’orfanotrofio, dove si dovrebbe (in teoria) conoscere tutto il personaggio di Eris, e l’intero caso dei suoi omicidi nei luoghi significativi per lei.

Sono questi i luoghi significativi della sua vita?

Una distesa verde con qualche albero piantato a caso, con dei blocchi giganti di cemento?
Non si può andare a caso con le mappe esterne! RPG Maker non aiuta sicuramente con esse perché diciamocelo, gli asset che fornisce per gli esterni sono abbastanza mediocri, quindi bisogna avere un’attenzione anche maggiore per le mappe esterne, proprio perché molto più difficili da fare!

 

Oppure come possiamo non citare i meravigliosi corridoi, con le scale di pietra?

Anche qui lo stesso problema: una distesa enorme di un tile di legno con dei muri sempre e rigorosamente di default; si, premo molto su questa cosa perché furono citate le “grafiche originali” di questo gioco. Sorpresa: nel comparto grafico sono da considerare anche le mappe!

 

Tornando alle scale, la loro posizione… Non so neanche davvero come esprimermi. Non mi dilungo.

 

C’è da dire, almeno, che le mappe piccole non sono malvagie, principalmente perché non hanno il problema delle vaste distese di un solo tipo di tile.

 

Andando alla magione, dove le mappe sono più “curate”.

 

Certo, sicuramente dalla fase dell’orfanotrofio c’è un netto miglioramento e si vede, ma da qui a dire che le mappe sono più curate ce ne vuole.

Si, perché c’è lo stesso identico dolore di ogni mappa anche minimamente estesa di questo gioco! Questa moquette gigantesca, che fa sembrare tutto, non smetterò mai di dirlo, PIATTO e senza alcun effetto d’ombra e/o di luce, dato che essi sono dati solo dalla luce delle finestre (storte e messe male, d’altronde), dalle luci dei candelabri (non si poteva mettere lo stesso script nell’orfanotrofio? Non avrebbe fatto male, a quelle mappe!) e dalla tinta schermo neanche tanto preponderante, dato che il suo compito era solo rendere la mappa un minimo più scura.

Insomma, non scrivo ancora una volta il grande problema delle mappe di questo gioco, ma semplicemente “curare” un po’ di più le mappe solo per una certa fase del gioco, come dicevo è irrispettoso verso i giocatori che pretendono una buona qualità dall’inizio alla fine del loro gameplay, e che il “non essere bravi a fare mappe” non giustifica: se una persona si prende questo gran lavoro (perché essere un map designer è un lavoro stressante e con tante responsabilità) allora o lo fa bene, o se non è bravo deve imparare. Mappe così non sono assolutamente accettabili, se vuoi rendere il tuo gioco pubblico, se stai presentando un prodotto ad un pubblico.

 

Gameplay

 

Ora, dopo quella lunghissima parentesi sulle mappe, passiamo al succo della questione, al pezzo forte.

 

Vorrei iniziare con una mancanza che sembra non abbia dato fastidio solo a me, dato che ho anche avuto modo di vedere il video di un’altra youtuber italiana che se ne lamentava:
la corsa. Infatti in tutto il gioco non si può correre. Neanche durante gli inseguimenti, così ci si ritrova in queste scene dove la protagonista dice di dover correre… Ma non corre. Va in giro con tutta la tranquillità di questo mondo.

Questa della corsa potrebbe essere anche una piccolezza, se non per il motivo di questa scelta e l’effetto che ha sul gameplay.

Partiamo dall’effetto: rende il tutto molto più frustrante, perché i movimenti di Eris (o Alys) non sono, di base, molto veloci. Quindi cammini nelle già citate fantastiche mappe con dei pesi da 800 kg sulle caviglie, che non ti permettono di correre e che rendono il muoversi estremamente lento, quindi frustrante per il giocatore. Preparatevi, perché ripeterò spesso la parola “frustrante” quando parlerò del gameplay di questo gioco.

Per il motivo di tutto questo, mi tocca dare una piccola spiegazione di una storia esterna.
Quando fu pubblicato il gioco sul forum italiano RPG2s.com , molti utenti si erano lamentati dell’infattibilità dello “stealth” ad Abaddon, di cui parleremo dopo.

 

Per risolvere il problema, quindi, al posto di sistemare la fase stealth è stata tolta completamente la corsa. Capisco il perché: questo avrebbe comportato il rifare completamente quella fase dall’inizio, perché era stato effettivamente segnalato che c’era un problema alla base, per quello stealth.
Quindi è stata tolta la corsa, rendendo però l’intero gioco noioso da giocare. Voglio applaudire la genialità di questa scelta, davvero.

Ma questo stealth di cui tanto parlo che problemi aveva?

Era molto semplice come funzionamento, in realtà: le ombre rosse si muovono, se ti vedono è Game Over.

Il problema è il come è stato fatto, cosa che ho già capito al primo sguardo: è stato messo un raggio d’azione agli eventi, se si raggiunge quel raggio d’azione è Game Over.

 

Prima di tutto: in ogni stealth come si deve, i nemici devono prima di tutto vedere il giocatore, prima di far scattare la conseguenza (che sia un Game Over, o altro).
Poi, il movimento quasi casuale è stato il grande fallimento di questa fase “stealth”, che in realtà si traduce in un walk and pray”. Dico “quasi a caso”, perché il pattern è così lungo e con movimenti messi a caso che lo considero, e l’ho anche scambiato a primo occhio, come un movimento casuale.Anche perché bisogna andare, appunto, a caso anche per le direzioni delle sprite, perché esse stesse… Non sono molto eloquenti! Per questo tutto questo stealth non diventa una bella sfida, ma semplicemente frustrante, soprattutto perché il raggio d’azione è troppo largo, e ciò rende il tutto quasi infattibile, data anche la mappa stretta!

C’era una fase stealth anche in un altro RPG Horror, che mi piacerebbe prendere d’esempio: Mad Father.

La fase della “caverna” delle bambole. La ricordate, no? Ogni giocatore di RPG Horror la ricorda. Lì le bambole avevano un pattern preciso di movimento, ma questo non rendeva quella fase estremamente facile, anzi! La difficoltà era data dal raggio d’azione, a volte, e soprattutto dalla velocità delle bambole a spostarsi, e nei “livelli” più avanzati dalla lunghezza dei pattern, e ciò faceva creare una strategia ai giocatori, in base alle informazioni che avevano: velocità, pattern, direzioni. Questo stealth, come dicevo, è estremamente tedioso da gestire, dato che il movimento delle ombre rosse non lo sai, quindi… Vai a caso, pregando che non vedano proprio te, che volevi solo andare a salvare nell’unico salvataggio disponibile.

Esatto! In questo gioco si ha solo un salvataggio per 9 finali! Argh!

Sapete cosa vuol dire avere un unico salvataggio?! Il giocatore avrà questa paura perenne di sbagliare, o di prendere quello che non è il true ending, e avrà sempre paura di dover ricominciare il gioco daccapo!

Quando lo giocai, già mi diede parecchio fastidio questa scelta, perché è ovvio che un giocatore preferisce avere più flessibilità possibile con i punti di salvataggio – tu, autore, non sai cosa potrebbe provare a fare qualcuno che gioca al tuo gioco: se magari testare qualche scelta o anche qualche morte in un punto del gioco precedente a quello in cui è, anche solo per divertimento (perché, sapete, il videogioco è prima di tutto qualcosa che deve intrattenere e divertire, molti sembrano averlo dimenticato), è semplicemente crudele lasciare una limitazione come questa a qualcuno che vuole semplicemente divertirsi… Male o meno! Quindi, aggiungiamo alla lista degli elementi frustranti di questo gioco.

E poi se viene messo solo un salvataggio, al giocatore medio di RPG Horror… Senza essere troppo esagerati, ma ha un’ansia perenne giocando, se vuole il true ending! Dovrebbe essere illegale dare un’ansia simile ai poveri giocatori che non sanno della famigerata stanza dei finali, di cui parleremo verso la fine di questo papiro.

Ma ho raschiato solo la punta dell’iceberg.

Il vero, grandissimo, magistrale, mastodontico problema che affligge questo titolo è l’intera fase di esplorazione, in generale.

Finalmente, ci siamo arrivati!

Che faticaccia… E c’è ancora tanto da dire perché, come detto all’inizio, il gameplay esplorativo, che dovrebbe essere il più semplice da portare su RPG Maker… Non è neanche discreto. Semplicemente per un grande problema che lo affligge, e che rende tutto ulteriormente, ripetiamolo insieme, frustrante!

 

Facciamo un esempio, risulterà più semplice.                      
Ad un certo punto del gioco, durante l’infinita esplorazione ad Abaddon (dove, d’altronde, appena arrivati ci ritroveremo completamente allo sbaraglio, dopo tutto quel e noiosissimo ritmo di gioco a cui ci eravamo ormai abituati), Eris dovrà risolvere un enigma nella sala comune (non fatevi domande), che dice
“Di che colore erano i libri?” E il giocatore si chiede, a questo punto:
“Quali libri?!”

 

Ma non li ricordate? I libri sul comodino direttamente sopra alla libreria, di cui ovviamente tutti ci ricordiamo il colore! Poveri noi, comuni mortali che i colori di quei libri li vediamo solo una volta di sfuggita e poi li ignoriamo, pensando siano un elemento di scena qualunque!

 

Secondo questo gioco, noi dobbiamo ricordare ogni singolo elemento di ogni singola mappa… Altrimenti ci ritroviamo in queste situazioni! Perché in teoria dovevamo ricordarci dal mondo reale il colore dei libri, che vengono trattati come normalissimi elementi di scena, e non come elementi da ricordare per un enigma, e poi indovinarlo per avere solo codesta informazione:

 

“I volatili adorano il cibo dolce e le cose luccicanti.”

 

“Quindi?”
Si chiede il povero giocatore.

 

“Quindi si arriva al punto più critico e insensato del gameplay!”

 

Finalmente siamo al punto focale, che in realtà è molto semplice.

 

Il concetto è quello che ho citato all’inizio della mia parte di recensione…

 

Tutto il gameplay è costretto! Nulla è lasciato al giocatore: se non fai prima questa cosa, se non attivi prima questo switch, questa cosa non accade, anche se hai controllato meticolosamente la stanza cinque minuti fa!

 

Con questo concetto in mente torniamo all’enigma.
Dopo aver risolto con una bella imprecazione quest’indovinello, torniamo a bloccarci nelle mappe di Abaddon, dove ormai la BGM ci sarà già entrata in testa come il più fastidioso dei tormentoni estivi. Finchè non torniamo in cucina.

 

 

Eeh?!

 

Che ci fa ora una torta nella cucina che avevo setacciato alla perfezione dieci minuti fa?!

 

E’ semplice: prima l’enigma non era stato risolto, quindi la torta non è apparsa. Tutto logico, fila tutto liscio, non è vero? Non è vero.

 

Secondo il gioco, quell’appunto sugli uccelli che amano le cose luccicanti e i dolci doveva servire a qualcosa… Si, ma attualmente… No.

 

Il giocatore ricorda che in cucina non c’è niente, e quindi viene normale non controllarla più, quindi questa dannata torta la può trovare solo in un raptus di disperazione in cui cerca di nuovo, per la settantesima volta, in tutte le stanze… Però ha attivato lo switch della torta, quindi può andare avanti. Mi dispiace essere drammatica, ma sto impazzendo. Non si struttura così, un gameplay…

 

Il problema è che questi grandissimi difetti di logica (che alla fine influiscono sul gameplay, e quindi sull’intera giocabilità di A Figment of Discord) sono il pane quotidiano di tutte le fasi esplorative, quindi quelle preponderanti in questi tipi di giochi, di questo titolo! Eh già, se prima non si fa quel che il gioco vuole, voi non potete neanche prendere un’innocentissima chiave, e sapete perché?

 

Perché se fosse stato fatto tutto secondo la logica, l’ordine degli eventi sarebbe stato totalmente sballato, perché c’è stato… Anzi, azzardo a dire che non c’è proprio stato, un lavoro terribile nell’integrazione degli enigmi, quindi delle “fasi in cui si gioca”, nella trama, e quindi bisogna ricorrere a questi stupidissimi escamotage senza logica, che rendono solo più stressante il gioco, lo rendono più, un’ultima volta, frustrante!

 

Quindi, concludendo, le fasi in cui ci si blocca in questo gioco non sono date da informazioni che il giocatore non riesce a recepire, ma che vengono date, bensì da informazioni che il giocatore non riceve proprio!

 

…Facendo un altro esempio, vorrei fare una menzione speciale a loro. Gli unici ed inimitabili.

 

 

Li avete visti?

 

 

E adesso?

 

 

E adesso?

 

Quei sempre maledetti sassi che erano inspiegabilmente importanti!

 

Qui abbiamo un problema di fondo con la differenza tra oggetti di scena, e oggetti importanti per la trama. L’abbiamo visto anche nei libri, no? Ma qui si parla comunque di dove Eris ha tenuto il suo cofanetto segreto, non credo l’abbia seppellito tanto male!

 

Grazie Midori Fragments.

 

Ora torniamo ad un punto che avevo citato poco più sopra, che fa finire la mia parte di questa faticosissima recensione/stroncatura.

 

Ricordate la stanza dei finali? Ora ne parliamo.

 

Quindi, per questi impegnatissimi e curatissimi finali dovremmo affidarci alla “stanza dei finali”, che come luogo non ha proprio senso a livello logico: che razza di camera è quella? Perchè ci sono delle porte che quando aperte ti riportano indietro nel tempo, creando probabilmente 800 dimensioni parallele? Che funzione ha la stanza bonus? Perché dovrebbe dire tutto sui personaggi?
Perché tutto ciò esiste?!

 

Sicuramente molti di voi staranno già con la tastiera alla mano per citare Mogeko Castle… Ebbene, lì è diverso.

 

Mogeko Castle è strapieno di queste aggiunte demenziali, è una delle sue peculiarità, il nonsense. Quando sei in quella situazione, quindi quando giochi a Mogeko Castle, fai mente locale e pensi che non devi farti domande.

 

In Mogeko Castle, poi, quella stanza poteva essere benissimo una di quelle del castello, che come dicevo è pieno di queste stranezze, quindi una sala con le statue di tutti i personaggi, una specie di armadio per vestire Yonaka, e tutto ciò che già sappiamo noi che abbiamo giocato Mogeko Castle… Tutto ciò diventa quasi normale, il giocatore è abituato allo strambo castello popolato dagli esserini gialli.

 

Anche Misao, altro RPG con una stanza bonus, aveva il fattore soprannaturale ad aiutare il tutto.

 

Qui no. Ti propinano una trama che vorrebbe anche andare sul “realistico”, e che non punta assolutamente sul nonsense (anzi, questo gioco vuole anche farsi prendere sul serio), i luoghi (a parte Abaddon) sembrano essere villaggi, case, orfanotrofi…

 

E alla fine ci si ritrova questo tappeto gigantesco, 9 porte ad aspettarci e Millemiglia da guardiano a quella stanza maledetta.

 

E una domanda si fa strada nella mia mente…

 

Ma come ci siamo finiti?!

 

Non ci è dato saperlo, sapremo solo che tutte quelle porte rappresentano delle divergenze importanti per i finali, e che se li sbloccheremo tutti la porta in alto si aprirà, mostrando la già citata bonus room.

 

Ecco… Al posto di creare questa maledettissima stanza, si poteva benissimo dare più libertà al giocatore su quando salvare per avere un finale o un altro!

 

Perché semplicemente questa stanza non serve a nulla, e dà solo informazioni inutili sui già citati dimenticabili personaggi, le origini inutili dei loro nomi, è… Un appunto dell’autrice del gioco. Leggiamolo insieme.

 

“Ciao, sono Umi Nagisa, la fondatrice di Midori Fragments,grazie di cuore per aver giocato A Figment of Discord!”

 

Grazie di cuore a te che mi hai fatta arrabbiare, e allo stesso tempo divertire, per un gioco come non avevo mai fatto. Ti ringrazio.

 

“Se hai avuto la pazienza di sbloccare tutti i finali deve esserti piaciuto davvero… spero!”

 

…L’ho continuato per la scienza.

 

“Come dici? Vorresti qualche anticipazione sul nostro prossimo progetto?”

 

No! Vi prego, state ferme! Stiamo tutti bene così… Ahah… Haha…

 

“Posso dire soltanto che ci allontaneremo dal mondo di A Timeless Story e vireremo più sul fantastico.”

 

Bene, così oltre ai problemi di una trama anche abbastanza semplice, potrebbero esserci ancora più incongruenze a livello logico.

 

“Non mi crederai mai, ma un indizio importante sulla trama è stato già dato all’interno di questo gioco!”

 

Temo di non capire. Illuminami. Davvero, è una richiesta innocente.

 

“Non posso dire di più! Continuate a seguirci sui nostri social per restare sempre aggiornati sui lavori in corso, a presto!”

 

E anche io saluto te, Umi, tutto il team di Midori Fragments, e saluto anche voi, poveri sopravvissuti a tutta questa stroncatura fatta con sangue, sudore e lacrime.