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The Witch’s House – Doppio asso

Bene bene bene bene, come preparare un’introduzione decente per questo gioco?

Sì, è quello che leggete dal titolo e dalla copertina. Insomma, il grande The Witch’s House. Non possiamo convincervi ad entrare in questa benedetta casa come se nulla fosse, col rischio che non potreste uscirne vivi…

Ma quanto siamo simpatiche.

Probabilmente in questo articolo ci ripeteremo molto nei concetti, questo…Che dire. È stato semplicemente un gioco che continuiamo a rigiocare, quelli che ri-giochiamo più spesso dei classici degli Rpg Horror.

A livello di ambientazioni è uno dei miei preferiti (PaoGun) mentre Ele smanetta con gli enigmi, entrambe immerse nelle stanze tenebrose della casa e nelle azzeccate bgm di Presence of Music (praticamente il sito se l’è spolpato tutto!). Un gioco che ha saputo fare da subito la sua bella figura per il virtuosismo tecnico e stile elegante (se non tanto forte di personalità grafica quanto Ib) che ha conquistato il cuore di molti appassionati del genere che stava iniziando a formarsi come Rpg Horror.

Un gioco in cui sicuramente sarà stato l’unico caso in cui…Arriviamo alla battuta…

Sì. L’unico caso in cui il giocatore si diverte ad una seconda run a collezionare tutte le morti per il personaggio!

Ahahahah ma quanto ca…volo siamo in vena di scherzare oggi.

….

Era da una vita che lo volevo fare.

Okay mi vado ad impiccar-

Storia del prodotto

Bene! Eccoci qui!     

Qual è stato il percorso distributivo di The Witch’s House? Come sempre sarà Ele a dispiegarsi nella cronologia degli eventi, accompagnandovi questa volta a scoprire l’asso nella manica che ha reso questo gioco uno dei titoli più conosciuti degli HOR-RPG!

Okay, essendo un classico, anche la data d’uscita di The Witch’s House è ben precisa, e perfettamente trovabile su una wiki qualsiasi: 3 Ottobre 2012.

Così come Ib, il titolo è stato rilasciato solo sul sito ufficiale e su una sola larga piattaforma di distribuzione giapponese. Nel caso di The Witch’s House, quella piattaforma è stata “Freem!”

Nulla di nuovo: è una piattaforma che ospita giochi indie (anche altri titoli del genere HOR-RPG, come CAndle) come ne abbiamo già viste, come  freegame-mugen.jp

Da Freem! Il gioco ha ovviamente spopolato dall’Oriente all’Occidente, guadagnandosi come sempre molti gameplay e video dedicati su Youtube, NicoNico Douga e chi più ne ha più ne metta, assieme ad un’accoglienza in generale molto positiva. È infatti considerato uno dei “masterpiece” nel campo dei giochi fatti con RPG Maker (a livello qualitativo viene spesso comparato a To The Moon, altro pilastro del titolo narrativo fatto però con RPG Maker XP) e un cult dell’horror in generale per via degli elementi che vedremo nell’Asso Nella Manica.

Rispetto ad Ib, che come opere ancillari ha avuto versioni alternative, o massimo del merchandise limitato in certi periodi dell’anno, Fummy ha voluto puntare più in alto. Oltre ad avere una parte in una sottospecie di casa stregata nel Nico Nico Chokaigi del 2016, con The Witch’s House abbiamo un fenomeno che si ripeterà per molti degli HOR-RPG più popolari che tratteremo qui…

Il fenomeno delle light novel!

Piccola premessa: considererò il manga e la light novel una cosa sola nelle righe successive, dato che il manga è basato pesantemente sulla novel.

“E allora? Anche Yume Nikki ha avuto una light novel, perché questa è più importante?”

È semplice: questa novel non si limita a usare un mezzo diverso per raccontare la storia detta nel gioco… Ma è bensì un prequel al titolo stesso. Infatti la novel (uscita nel 31 Ottobre del 2013) è chiamata “Il Diario di Ellen”.

Ma pur essendo un caso un po’ diverso rispetto a Yume Nikki, dal punto di vista degli eventi che accadono abbiamo lo stesso problema: non rende giustizia a ciò che è successo nel gioco. Il personaggio di Ellen è stato pesantemente snaturato, il vibe totale è cambiato… Ma vedremo meglio i risultati di quest’operazione commerciale nel Rapporto Autore-Opera.

Ma Fummy non si fermò qui. Dopo circa cinque anni dall’uscita del “Diario di Ellen”, nello stesso giorno dell’anno, uscì su Steam un remake di The Witch’s House, fatto con RPG Maker MV… E con anche il nome di qualcun altro sotto quello di Fummy.

Esatto, ragazzi, anche Fummy è arrivato ad avere un publisher! Wow… Non li vedevamo da Corpse Party! Quindi nel 2018 la DANGEN Entertainment (publisher anche di Crosscode ed altri titoli indie) ha preso in mano il remake di The Witch’s House.

Come cambiamenti principali abbiamo, come si vede già dallo screenshot, molte grafiche rimodernate, dalle sprite ai faceset di Viola ed Ellen e, molto più importante a livello pratico, l’aggiunta di due ulteriori livelli di difficoltà, che possono essere decisi prima di iniziare il gioco.

La modalità più interessante è quella “Extra”, ottenibile alla fine di una partita in difficoltà normale (non so se è possibile ottenerla comunque giocando in “Facile”), dove oltre alla difficoltà aumentata ci sono alcuni elementi che possono alludere al background minimo dato dalla light novel.

Ma, se devo parlare personalmente, ho apprezzato molto una cosa di questo remake, che ha alzato di qualche livello il Termometro della Professionalità che vedrete dopo.

Questi cambi di enigmi, e in generale gli elementi che alludono alla light novel, sono solo caratteristici della difficoltà “Extra” del gioco. Se si vuole semplicemente rivivere l’esperienza dell’opera originale con elementi che migliorano solo l’aestethic generale del gioco è possibile farlo in modalità Normale.

È come se Fummy avesse voluto mantenere, in qualche modo, la sua prima opera intoccata, e trattare il passato di quella Ellen snaturata che ha avuto in mente sempre come qualcosa  di aggiuntivo, non come qualcosa che bisogna seguire obbligatoriamente (come succede con molti remake o sequel, che rendono obbligatori elementi aggiuntivi di trama, integrandoli pesantemente con quel che era il gioco originale, prendiamo Corpse Party): The Witch’s House resta sempre quel cult che abbiamo conosciuto nel 2012 con RPG Maker VX.

Ma dal punto di vista più interno, studiando il titolo in sé, cosa effettivamente ha reso The Witch’s House un titolo che neanche l’autore stesso, se non in un’intera altra modalità, si è sentito/a di modificare?

Or dunque, ci troviamo di fronte ad un vero maestro che ha saputo riunire insieme due elementi fondamentali per un’opera (videoludica) di qualità: conciliazione tra gameplay e narrazione.

Abbiamo già citato nella Storia del Prodotto i pregi che hanno reso questo gioco tanto acclamato dalla critica e dal pubblico: le atmosfere, gli enigmi ingegnosi, il buon uso dei jumpscare…  Oltre alle grafiche che già nella versione originale lasciavano molti “makers” e giocatori a bocca aperta per via del buon uso dei parallassi soprattutto per gli ambienti esterni, la quantità industriale di animazioni per la sprite della protagonista Viola (tra azioni compiute e morti)…

…Con aggiunti anche enigmi che, pur non essendo troppo difficili, hanno dei bei concept dietro, assieme ad un bel senso di appagamento da parte del giocatore quando li risolve…

C’è ancora un elemento di più che ha reso questo gioco un classico dell’HOR-RPG, e secondo noi anche nell’horror 2D in generale: la narrazione-

Ah, non siate così scontati! Non intendo questa scena!

Non mi avete neanche fatto finire di parlare: intendo la gestione della narrazione fino al finale.

Per quasi tutto il gioco non abbiamo molte finestre di dialogo che non siano di sistema. Questo è un fattore molto importante, perché rende la distribuzione e gestione delle informazioni molto più riuscita rispetto a molte opere di finzione in generale.

Perché in molte di queste le informazioni sono date allo spettatore (o giocatore, o lettore, si parla in generale) in maniera “banale”, almeno per me? Ecco, mi spiego meglio: troppe volte succede che il giocatore (nei casi di cui parleremo) viene inondato di informazioni date tutte in una volta da un’unica cutscene con tantissime parole che escono dalla bocca dei personaggi che, in quella scena, diventano meri serbatoi di informazioni: seppur il giocatore si senta realizzato di aver scoperto tutte quelle info su una situazione, un personaggio, ecc… La suddetta cutscene diventa a lungo andare pesante, difficile da seguire e stancante a livello psico-percettivo.

Ecco… Ciò che dà un punto in più a Fummy dal punto di vista della scrittura (nel gioco originale, abbiamo già visto che confusione ha fatto con la light novel) è proprio il contrario di ciò che ho detto. Ma prendiamo degli esempi, è più semplice da capire.

Come “cattivo esempio” ho preso uno dei casi più eclatanti, uno dei casi peggiori, ma quel che ho descritto sopra succede in molte opere non necessariamente di cattiva qualità, ma che hanno questa pesantezza di base nel propinare le informazioni.

Prendiamo d’esempio come viene descritto un trascorso di un personaggio in, ad esempio, Corpse Party (1996) e in The Witch’s House.

Il mid-point di Corpse Party: lo ricordate?

”Aspettate, c’è qualcosa che devo dirvi. C’è un’altra me…”

“Sicuramente non andai in paradiso. Non potei passare l’altra parte… Io maledissi quell’insegnante ancora e ancora…” “Il mio odio è continuato a crescere, finchè non ho sentito qualcosa levarsi da me…”

“…Ed ecco quando il mio spirito si è diviso…”

Ho messo pochi screen, per richiamare l’articolo su Corpse Party, di cui abbiamo già parlato qui in Ritorno Al Futuro, ma questa cutscene dura molto, molto di più. Qui abbiamo il discorso che avevo citato sopra: le informazioni vengono date tutte in una volta, nei casi peggiori senza dettagli che possano alludere a certi dettagli di trama o di personaggi.

Si, praticamente uno spiegone.

Ma vediamo The Witch’s House come se la cava.

“Ero malata, quindi nessuno giocava con me”

“Mio padre e mia madre non mi volevano bene”

“Un demone è arrivato e li ha mangiati entrambi”

Per adesso del contenuto delle informazioni dette non ci importa… Ma avete notato una grande differenza tra come è raccontata la storia delle due ragazze, Sachiko ed Ellen? In The Witch’s House la narrazione va avanti in tanti posti diversi. Il racconto di Ellen va avanti se il giocatore va avanti: non resta incollato alla barra spaziatrice della tastiera per andare avanti negli interminabili dialoghi della cutscene “spiegone” di turno.

Le informazioni date così danno anche un bell’effetto di curiosità nel sapere come va avanti la storia della strega citata anche nel titolo del gioco. La rivelazione finale nell’ultimo Diario della Strega è anche più potente, dato che unisci tutti i puntini che ti sono stati dati nel corso dell’intera partita, per tutta la durata della tua esperienza con il gioco.

Un titolo senza precedenti nel campo degli HOR-RPG, che è stato capace di trasmettere a 360° gradi l’emozione data dallo sviscerare una storia nel corso dell’esperienza ludica ed interattiva come solo un videogioco è capace di fare.

Un asso nella manica che potremo definire…Due in uno.

“Aahh, CA**O!”
-Giocatore medio di The Witch’s House in questa scena

Con questa reazione è molto evidente l’effetto che hanno le informazioni gestite in questo modo: questa “Strega” sempre citata nei diari finalmente si incontra, ed è anche direttamente collegata con Viola: per tutto il gioco c’è una tensione crescente data dall’attesa di conoscere la sua identità.

Ecco, per questo chiedo a tutti voi lettori di pensare che la buona narrazione di The Witch’s House ci sia in tutto il gioco, e non solo nella scena finale (perché è pensiero comune che la storia di questo titolo si concentri tutta nella “reveal” finale).

In quella scena si è un po’ caduti in una drammatizzazione molto più esagerata, che chiameremo d’ora in poi “drammatizzazione soap-operistica”. La musica d’effetto, il monologo da villain di Ellen…

“Sono sorpresa che tu sia riuscita a intrappolarmi con i miei stessi poteri… Ma invano”

“Muahahahahah”, aggiungerei.

…Mio Dio, neanche il tempo atmosferico è dalla parte della povera Viola e fa da uccello del malaugurio dicendo “in questa esatta scena tu morirai tra i pianti dei giocatori!”. In breve, per questa scena “o ci si commuove, o ci si commuove”.

Ecco, tenete a mente questo tipo di regia per l’articolo successivo…

Nel frattempo, prima di passare all’altro asso da analizzare, vorrei fare un appunto.

C’è da considerare un elemento molto importante all’interno di questi giochi, che non abbiamo forse approfondito a sufficienza nell’articolo precedente: avete notato come a differenza dei tre giochi della Generazione 0, i nemici abbiano una natura più ambigua?

Nemmeno Akemi-Tan aveva lo stesso, lì c’era una divisione tra “buoni e cattivi”, fazione del bene e del male. In Ao Oni c’era un demone come elemento senz’altro negativo, Yume Nikki ricordiamo come si spingesse più su un approccio sperimentale e immersivo senza voler mantenere minimamente toni realistici.

Tralasciando il caso di Corpse-Party (quello del ’96, la cui trama incentrata sugli spiriti da pacificare rimarca un’antica tradizione di molte opere horror, incentrate su una sfera più umana dei personaggi), possiamo già notare in Ib la differenza: alcune opere d’arte ti danno il game over, altre no. Mary soffre di solitudine, Ellen soffre di solitudine e pare lamentare una mancanza d’affetto. La complessità viene a crescere nello sguardo che dobbiamo rivolgere ai personaggi: hanno infatti intenzioni e motivazioni che partono dall’interno. Bisogni e necessità umane che noi spettatori sperimentiamo tutti i giorni (desiderio di compagnia e socialità o affetto, per l’appunto fare solo degli esempi) ma che spinge i personaggi a compiere le azioni (spesso anche atroci) fortemente negative e di cattivo esempio che ci mostrano con una messinscena, appunto, da opera dell’orrore.
Rpg Horror
.
In particolare questa crescente ambiguità la si noterà anche nelle opere di Sen, Mad Father (per l’appunto: un assassino che si vuole mettere anche nella posizione di una figura genitoriale) e Misao (in cui ci si sposta sempre di più verso la “normalità quotidiana” del contesto), andando ad articolare da qui in avanti caratterizzazioni di personaggi sempre più complessi fino ad arrivare perfino allo schema del Viaggio dell’eroe in The Crooked Man e le articolate sfaccettature dei personaggi di Cloé’s Requiem nella generazione a venire. Ma questa sarà una storia che approfondiremo in seguito, passo dopo passo.

Visto che, in questo caso, soffermarci sui comportamenti delle due ragazze non aggiungerebbe nulla all’analisi che voi già non sappiate (a parte ammirare la determinazione di Viola e interessarsi alla sociopatia di Ellen) non sarà The Witch’s House il gioco che ci farà parlare delle caratterizzazioni dei personaggi, almeno per il momento…

…Questo perché non è un titolo da vantare solo per la narrazione. Anche dal punto di vista del “videogioco” nella sua accezione più primitiva, The Witch’s House ha offerto un elemento molto importante (che, ahimè, manca in molti titoli HOR-RPG o pseudo-tali di oggi), più piacevole da giocare, e a tratti anche più difficile. Non c’è da chiedersi perché l’ha voluto accentuare ancora di più nella versione su Steam del gioco…

Il replay value, ovvero il grado di rigiocabilità.

“Rigiocabilità o replay value è un termine usato per valutare il potenziale di un videogioco per il valore del gioco ha continuato dopo la sua prima conclusione. I fattori che influenzano rigiocabilità sono caratteri extra del gioco, segreti o finali alternativi” (da Wikipedia)

So già cosa starete pensando.
“Ma anche Ib ha 9 finali differenti!”
E avete ragione! Anche Ib ha un replay value relativamente buono, ma ciò che rende The Witch’s House ancora meglio di Ib da questo punto di vista non sono tanto i finali alternativi (anche se The Witch’s House ne ha ben 3, non contando anche il “_____ ending” aggiunto nella versione 1.07), ma bensì le prime due cose citate nella definizione: caratteri extra e segreti.

Essendo il gioco in sé non molto lungo (media di 1 ora e mezza), Fummy ha potuto aggiungere ogni sorta di segreto, dettaglio o finale che dà senso ad una seconda, terza, quarta o quinta giocata. Ecco tutto ciò di cui c’è bisogno per “platinare” The Witch’s House, scoprendone quasi ogni segreto.

– Ottenere il finale “buono”;
– Ottenere il finale vero;
– Ottenere il “finale _____”;
– Controllare tutti i libri che appaiono man mano nella libreria andando avanti con il gioco, al posto di continuare ad oltranza di piano in piano;
– Cancellare il file “PublicData” dalla cartella di gioco e quindi nella stanza delle distrazioni si possono avere dei dialoghi con il gatto nero;
– Collezionare tutte le morti.

E inoltre, nella versione MV, finire il gioco in tutte e tre le difficoltà: Facile, medio ed Extra.

Oltre a questo ci sono anche tanti piccoli dettagli che magari in una run sola un giocatore può aver sicuramente mancato. Ad esempio, io non ho mai notato questa bottiglietta nella stanza delle medicine.

Quindi, parlando in termini più pratici, oltre ai finali ci possono benissimo essere altri “trofei/obbiettivi” da ottenere durante il gioco, e ciò moltiplica di molto le run possibili (anche se la quantità varia, dipende da cosa il giocatore ha mancato durante la prima partita).

In breve, gli strati numerosi di cui si ricopre questo titolo (i molteplici livelli narrativi e le molteplici varianti di giocabilità) l’hanno reso di per sé iconico.

Termometro della professionalità

 

Beh gente, che dire. Il termometro qui è abbastanza alto.
Certo, ancora è difficile tornare ai livelli di Corpse Party…Ma l’approccio comincia ad essere diverso dagli altri giochi che abbiamo affrontato in Ritorno al Futuro.

In realtà si tratta di una tematica che affronteremo meglio nel Rapporto Autore-Opera, in cui cercheremo di spiegare meglio cosa è successo con questo titolo a livello di passaggio inter-mediale.

Packaging

Questo è sicuramente un title-screen molto insolito: eccoci davanti soltanto ad una distesa di colori.

Le tonalità sono fredde, vanno dal blu al verde e probabilmente rimandano all’isolamento nella natura in cui ci immerge il gioco nel primo frame in cui la protagonista appare.

Questa tematica ricorrente con la natura mi riporta ad un’altra copertina…

Sì. Sì, esatto.

Ecco, è come se il gioco stesso ci volesse suggerire un ritorno alla natura, una fata dei boschi che poi è diventata strega: la natura che da madre benevola “capaci di avvolgerci in un tappeto di fiori” diventa poi malevola, “indirizzandoci creature che ci divorano la testa a morsi”.

Madre Natura è stata crudele con Ellen e la sua malattia, il suo stato sembra rimandarsi qui quasi a una componente naturale con essa stessa.
Così come Viola, che vive nei boschi ed è rappresentata come questa biondona dal padre cacciatore che si avventura tra sentieri ignoti e cespugli di rose. È dedicata anche una sezione del gioco al giardino della casa della strega, ed in particolare possiamo ricordare l’enigma in cui il giocatore si è trovato costretto a strappare via dei fiori bianchi parlanti dal terreno.

Questo può essere un terreno di confronto interessante rispetto al contesto urbanizzato di Ib, in cui lo stile sembra volersi approcciare al minimalismo e per certi versi all’astrattismo (in questo condivide un punto in comune con Yume Nikki) a differenza del contesto rappresentativo che è stato scelto per questo gioco.

Del resto, il menù e l’interfaccia sono abbastanza semplici, tutta la nostra attenzione deve essere focalizzata sull’esperienza di gioco.

Il packaging pertanto, ed il modo in cui il titolo si presenta, è uno dei motivi per cui, per quanto lo stile sia riconoscibile, non abbiamo alzato ancora di un altro po’ il livello del termometro.

In ogni caso, le spiegazioni per cui il livello dell’acqua è così tanto alto rispetto ai giochi precedenti di cui abbiamo trattato si trovano nei paragrafi successivi…

Rapporto Autore-Opera

Okay, finalmente siamo arrivati a questo punto.
Tanto per iniziare c’è da considerare una cosa rispetto agli altri autori che abbiamo nominato in Ritorno Al Futuro: Fummy sembra molto più presente e padrone dell’opera (e del franchise che cerca di costruire).
Qualcuno ricorderà cosa abbiamo detto di Makoto Kedouin in Corpse Party, o di kouri in Ib, o della totale scomparsa di Kikiyama, o ancora il distacco di noprops.

Non ci stiamo riferendo soltanto al remake che è uscito a pagamento e con una certa operazione di distribuzione sostenuta dai publisher con tanto di differenti traduzioni (l’unico forse a nostro parere che ha mantenuto un alto livello qualitativo e ha saputo sostenere a dovere il confronto con il titolo originale), ma anche ad altre opere ancillari.

Sì, esatto. Di nuovo, stiamo parlando della light novel e a seguito del manga che ne è derivato.

“Il Diario di Ellen”. Le vicende sembrano essersi spostate su un piano più drammatico (questo si vede nei tratti decisi del disegno nelle scene più forti e nei toni di chiaro-scuro che si è preferito adottare, i miei complimenti all’artista) e slice of life, come si suol dire: sprazzi di vita quotidiana non raccontati nel gioco.

Beh, sì, insomma. Questa è la visione carina e coccolosa che dovremmo avere di questa mentecatta prima che vendesse l’anima.
Si vede che questo “addolcimento della pillola” non mi ha fatto propriamente impazzire, vero? Eh sì. Non vi si può nascondere niente.

Potreste dirmi che “è naturale che si debba vedere in tutta la sua innocenza”, e io vi rispondo che questa non è innocenza ma fanservice che snatura il personaggio. Dai, andiamo! Una bambina che vive in condizioni di miseria, malattia e che inizia a sviluppare un sentimento ossessivo-possessivo nei confronti di sua madre (ma anche solo per la condizione di vita che affronta), come diamine fate a cogliermela in questa inquadratura con forme tondeggianti, boccuccia spalancata e occhi sbrilluccicosi per aver visto un gattino? Se ricordo bene tra l’altro doveva essere un gatto mentre divorava un topo. Per dire, una scena di caccia.

Okay, non importa. Cerchiamo di arrivare al nocciolo della questione: quello che stiamo cercando di dire è che, anche se i toni sembrano essersi spostati sul piano più drammatico e sicuramente meno ampio a livello comunicativo (gli slice of life non sono proprio quei tipi di generi che si possono vendere ad un pubblico di massa, soprattutto se manca una trama definita) si tratta di una mossa furba, è un tentativo di “costruire il franchise” da tenere in considerazione.

È questo che in fondo fanno le opere commercializzabili. Tutto è legato alla fidelizzazione che si viene a creare da parte del pubblico, ed è stato notevole che sia stato applicato a The Witch’s House.

Questo è il motivo per cui siamo state generose con il punteggio inerente al Termometro della professionalità. Il gioco è chiaro nelle sue intenzioni, offre un’esperienza immersiva e interattiva costruendo poi da quel mondo che ha creato una nuova storia, in questo caso il passato di Ellen.

Il remake credo, vedendola in quest’ottica, che abbia semplicemente fatto parte di una strategia per cercare di rinfrescare il titolo oltre che un modo per mettersi alla prova con un engine differente. Abbiamo apprezzato il fatto che nel remake non ci siano ulteriori approfondimenti sul passato di Ellen, per noi rappresenta una notevole serietà nei confronti dell’opera.

È lodevole la strategia applicata dall’autore/trice, che pur mantenendo un certo distacco dal prodotto a sé cerca in tutti i modi di valorizzarne il contenuto in forme diverse sfruttando l’intermedialità tramite cui si può realizzare un’opera di finzione (vuoi che si tratti di una light novel, manga o videogioco) rispettando il linguaggio che questi diversi espedienti richiedono.

Difetti dell’opera

Ebbene, siamo felici di poter dichiarare che quest’opera non ha difetti!

È dall’articolo di Yume Nikki che non pronunciavamo questa soddisfacente sentenza.
Cercherò come sempre di spiegarmi meglio per i più scettici.

Dunque, sicuramente qualcuno potrebbe notare alcuni difetti inerenti ad esempio alla trama. Anzi, è più che plausibile che qualcuno noti come sia impensabile per Ellen aver potuto continuare il diario anche dopo lo scambio di corpi.
Avete pienamente ragione. Questo è un difetto.
Volendo offrire giustificazioni si potrebbe pure ipotizzare che un momento per compilare queste ultime pagine ci sia stato, forse come testimonianza dell’ “ultima goccia della sua sanità mentale”, o un appunto personale che avrà realizzato per concludere “il suo percorso da strega”; ma queste sono solo ipotesi come altre, ce ne potrebbero essere diverse e sarebbe una bella sfida cercare di coprire questo buco di trama.
In realtà c’è un altro difetto, a mio parere più grave.
Mi riferisco alla dichiarazione di Ellen: “la casa mi ha aiutato fin dall’inizio”.
Esattamente, in quali punti la casa della strega avrebbe favorito la sua ex proprietaria facendola proseguire nel gameplay? Se proprio il gioco ci teneva, sarebbe stato più semplice specificare che la casa diventava un ostacolo perché semplicemente non l’aveva riconosciuta, e quella era una routine speciale che seguivano le comuni vittime della strega se non venivano uccise.
Tuttavia…Sì. Continuiamo imperterrite a sostenere che “il gioco non ha difetti!”.
Questo perché non si tratta di errori narrativi tanto gravi quanto quelli di Ib, per cui sarebbe servito elaborare la costruzione di un world-building completo. Ricordiamo la percezione dell’accendino e poi il danno al quadro di Mary o la regola delle due persone: due dimenticanze che avrebbero potuto (o rischiato di) dare un tono totalmente diverso ai finali del gioco se non cambiare la natura del gioco stesso; a differenza dei difetti nominati qua sopra di The Witch’s House. Gli errori derivati dal tentativo di conoscere la correttezza logica degli eventi cronologici off-screen o da quello di cercare una giustificazione approssimativa per gli eventi relativi ai singoli enigmi che avvengono durante la partita non sono tipi di difetti che compromettono la natura del gioco.
…Se sembro così comprensiva nei confronti di quest’opera è per una ragione ben specifica.

The Witch’s House, a differenza di Ib, sapeva bene dove voleva andare a parare.

Non ci vengono forniti tipi di dettagli molto rigidi o particolari sul contesto in cui la vicenda è ambientata, non ci vengono date regole particolari sul come funzioni la casa: l’esperienza a cui siamo andati incontro è una fiaba videoludica.

Una fiaba che va a spezzare la tradizione di Hansel e Gretel: abitazioni nei boschi, la strega cattiva e l’immancabile casa stregata che ritornano protagonisti di una storia in cui interpretiamo proprio il personaggio malvagio.

C’è la storia di Ellen che viene approfondita dai suoi diari, e questo è un altro punto di rottura con le fiabe tradizionali in cui i personaggi sono fortemente caratterizzati e stilizzati, ma questo non toglie nulla al modo in cui le ragazze ci vengono rappresentate. Da notare quando si entra nel corridoio senza luce, ad esempio.

Lo screenshot viene dal remake del gioco

Con tutte le informazioni alla mano postume dalla prima partita, quello che ci sembrava all’inizio un normale elemento inquietante della casa ora possiamo associarlo alle connotazioni di Ellen: rosso con un ghigno nero, praticamente un demonio. Del resto “se è la cattiva è giusto che sia rappresentata in questo modo”.

Oltre allo sguardo spento che si vede dall’interfaccia del menù assimilabile ad un’altra caratteristica essenzialmente negativa.

Questo gioco ha centrato in pieno le caratteristiche che definiscono un gioco di qualità, come abbiamo detto: una spigliata narrazione elaborata su più livelli (ricordate ciò che abbiamo detto nell’Asso nella manica sulla rigiocabilità) incastrata a dovere nella sessione tensiva di gameplay, senza separare i due elementi in maniera drastica.

Avendo fatto pieno centro per entrambe le parti, non possiamo non lodare l’ottimo lavoro che è stato realizzato, a cui sommata la strategia sulla “costruzione del franchise” (anche se non è un’operazione ancora completamente riuscita, per il contenuto dell’opera stessa) lo rende un ottimo prodotto e un’interessante caso di sperimentazione commerciale.

Conclusioni

Siamo giunti alla fine anche di questo articolo. Il 2012 passa in fretta, la macchina del tempo si sta muovendo alla velocità della luce da febbraio a ottobre e da ottobre a dicembre ecco che arriviamo alla conclusione dell’anno…

Abbiamo già potuto notare una differenza nel modo in cui Ib e The Witch’s House si sono avvicinati alla sfida inerente al “racconto di una storia” all’interno di un videogioco esplorativo. Da un lato un approccio più raffazzonato, mentre dall’altro abbiamo una raffinazione del metodo…

E nemmeno passano due mesi, che a dicembre spopolerà un gioco che vanterà la narrazione di drammatiche vicende, raccontate ancora una volta, dal punto di vista di un’anti-eroina.

…Stiamo parlando del secondo grande sparti-acque della storia degli RPG Horror. Mad Father.