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Akemi Tan – A cavallo tra due sponde

Ora, dal 2004, andiamo avanti di almeno 10 anni…
No, no. Toglietene due. Ecco, esatto: 2012. L’anno in cui doveva finire il mondo.
Naufraga la nave Costa Concordia, Putin viene rieletto, c’è l’Expo 2012 in Corea del Sud, si cerca di far entrare il Montenegro nell’UE…
Nel campo degli RPG Horror questo fu un anno di nascita… O di ri-nascita, essendoci stato dal 2005 un bel periodo di stallo, per arrivare a quello che oggi conosciamo come l’anno del boom degli HOR-RPG: Ib, Mad Father, The Witch’s House, ma anche titoli minori come The Crooked Man.

Di quelli però, parleremo più tardi: fanno infatti già parte della Generazione 1 degli HOR-RPG. Prima di andare a questi fenomeni mediatici del genere, vorremmo prendere in esame un titolo che può rappresentare una perfetta transizione tra la Generazione 0,l’Horror Experience, e la Generazione 1, il Character Drama.
Quindi, mentre a Londra ci si preparava perchè mancavano solo due giorni prima dei trentesimi giochi olimpici, in Giappone fu distribuito per la prima volta Akemi Tan.

Storia del prodotto

Akemi Tan, o La Ballata di Akemi, non ha una development-story piena di eventi, evoluzioni o anche particolari controversie… Anche se ha una piccola particolarità dal punto di vista della distribuzione.

Nella categoria “Giochi Horror” di Freegame-mugen.jp, un portale giapponese tutt’ora abbastanza attivo dove vengono distribuiti giochi gratis di ogni genere: si passa dall’RPG Horror a giochi bullet hell alla Touhou Project, fu pubblicato inizialmente Akemi Tan il 25 Luglio 2012, con un “punteggio” di 65 punti.

…Ma non solo Giappone.
Akemi Tan, infatti, si può trovare (anche se questa versione inglese è stata pubblicata nel 2014) sul conosciutissimo portale prevalentemente inglese-americano rpgmaker.net . E il gioco non è stato messo sul sito da qualche fan o qualcuno che ha tradotto il gioco in inglese, ma bensì dall’autore stesso, Kona Kona Kona Kona Kona, Kona5, o Outkataoka.

Esattamente: Kona5 ha fatto tutto da solo dal punto di vista della distribuzione, e l’esportazione del gioco in America è stata fatta da lui stesso.

Il gioco si è guadagnato una buona quantità di commenti in entrambi i paesi, e ci sono anche moltissimi gameplay sia giapponesi sia inglesi, ma la ricezione è stata differente da una community all’altra.

Nella comunità di rpgmaker.net è stato accolto con più entusiasmo, si trovano più commenti positivi a cui l’autore stesso risponde (ma di questo ne parleremo nel rapporto autore-opera), mentre su Freegame-mugen le opinioni sono state molto contrastanti, anche perché è stato più diffuso (forse anche perché in giro da più tempo, la versione giapponese) in Giappone.

Si trovano infatti moltissimi giudizi sia positivi sia negativi, che vanno dalle cinque stelle, alle due stelle, fino ad arrivare ad una stella sola.

Soprattutto dal punto di vista della storia ci sono stati molti utenti che l’hanno trovata poco chiara, anche con l’ultima versione (che sembrava sistemare in parte questi problemi, a quanto detto anche da Kona5 stesso), altri che invece l’hanno capita (e personalmente io, Ele, mi ritrovo tra questi) e si sono goduti il gioco assieme al suo drammatico finale.

Su ciò che però ha scatenato lamentele o elogi al gioco ne parleremo nel paragrafo dedicato all’Asso Nella Manica.

Di questo titolo possiamo però dire che è stato, come fenomeno, un po’ come una supernova: ha avuto il suo periodo dove molti gameplayer ci giocavano, è cresciuto per un po’, ma non ha mai superato la nicchia come i suoi colleghi che ci saranno nei prossimi articoli, oppure come i titoli degli articoli precedenti a questo.

Questo è perché il gioco non aveva quell’appeal che avrebbe attirato il grande pubblico per via della sua trama abbastanza semplicistica (e, a tratti, che scade anche nel cosiddetto “wtf”), e che si basava soprattutto su jumpscare e atmosfera isolante: un gioco così, a meno che non diventi un cult, nella community HOR-RPG non dura.

Come è stato già anticipato nella storia del prodotto, ci troviamo davanti ad un periodo di transizione.

Era impossibile ignorare per noi questo titolo, trovandoci davanti a un prodotto spaccato in due tra tentativi di offrire una trama con un background da un lato, e dall’altro far saltare il giocatore dalla sedia con i suoi jumpscare.

Ebbene, cerchiamo di capire insieme qual è l’asso nella manica di questo gioco.

La schermata del titolo ci mostra una creatura deformata e dai colori accesi e un suono metallico a fare da sfondo alla grafica.
Tutto comincia all’aperto, con un tempio e una ragazza, Shimoko, che sembra tentata di mangiare l’offerta della divinità protettrice del villaggio.

Si sentono solo i rumori della campagna, così come a seguito dell’introduzione tutte le nostre azioni saranno accompagnate da un angosciante silenzio.

Il silenzio è un modo di esprimersi, una scelta che ci darà il costante presentimento di prepararci ad un suono molesto o a una brutta faccia che ci presenteranno sullo schermo.
I jumpscare, rivolti direttamente al giocatore prima ancora che al personaggio che egli interpreta, non sono in questo caso l’asso portante del titolo, sebbene siano tra le caratteristiche del gioco più ricordate e per cui, tra il pubblico, si è diffuso col passaparola. Non sempre la caratteristica più in vista di un titolo, come abbiamo già visto con Corpse Party, corrisponde al suo asso nella manica.
I jumpscare di Akemi-Tan sono tuttavia interessanti se si riflette sul contesto storico in cui sono inseriti, almeno nel campo degli HOR-RPG, in cui nello stesso anno usciva Ib che puntava ad un metodo totalmente diverso per “fare paura”, drammatizzando le atmosfere in funzione dell’ambiente e in seguito della narrazione.

Questi sembrano per davvero l’ultimo grido che i demoni rivolgono al giocatore disposto ad incontrarli, facendosi sempre meno frequenti man mano che cambi abitazione.

Probabilmente per voi ora starò divagando, quindi torniamo al dunque.

Qual è l’asso nella manica di Akemi-Tan?

Eccoci qui.

Questo forse è l’esempio migliore per avvicinarci all’argomento.

Leggete qui…Direttamente dai dizionari online.

SUSPENSE

“Stato d’animo di apprensione, di ansiosa incertezza, proprio di chi attende la soluzione di eventi drammatici; in particolare, in un film o in un racconto, momento o situazione che induce nello spettatore o nel lettore un sentimento di sospensione, di attesa angosciosa: un film, un romanzo ricco di suspense

Etimologia: voce ingl.; dalla loc. fr. (en) suspens ‘in sospeso’, che è dal lat. suspēnsum, part. pass. neutro di suspendĕre; cfr. sospendere.”

Noi vediamo un mostro nella stanza accanto. Così, come per tutta la prima parte del gioco prima di giungere nella foresta in cui questa attesa sembra scemare poco a poco, non sono i jumpscare che ci angosciano, ma la consapevolezza che giungeranno da un momento all’altro.

Non mi credete? Guardiamo un attimo due tipi di immagini e riassumiamo il contesto in cui sono state utilizzate.

A)
Certo, la faccia gialla che apre la bocca sembra avere proprio l’intenzione di farci saltare dalla sedia e poi far esaurire subito lo spavento. Sarebbe stato lo stesso se non avessimo vagato per la casa a lungo, in silenzio? Si tratta di figure il cui sono pensiero che potrebbero apparire da un momento all’altro permette al giocatore di restare col fiato sospeso, in un’atmosfera in cui la realtà quotidiana di Shimoko si spezza pezzo dopo pezzo.

Le immagini utilizzate sono solo una parte della tensione che si prova, la punta dell’iceberg che emerge da tutta la preparazione che c’è dietro. Vedasi altri eventi ricordati che spesso si verificano sulle mappe stesse oltre alle immagini; dalla stella marina gigante alla faccia che appare dal muro.

…E poi abbiamo quest’altro esempio…

B) Questa invece appare nella foresta. Abbiamo già affrontato molti nemici e superato l’esplorazione di ben tre abitazioni. Inoltre abbiamo già visto dalle foto la faccia deformata di Ebiko, e incontrato Akemi, oltre ad esserci difesi da una testa gironzolante colpendola con un martello. Soprattutto, siamo già scappati dal demone una volta.

Non c’è nemmeno più il silenzio, ma ad affiancare queste immagini c’è un accompagnamento sonoro più drammatizzato: è l’affronto finale, il face to face con il demone. Potremo osservare che abbiamo il desiderio da parte del gioco di farci vivere la scena con un certo climax, a differenza della prima immagine commentata.

Quindi, dopo aver commentato l’uso delle immagini in contesti differenti, possiamo dire con certezza che la suspense che circonda tali immagini ad assegnare loro un certo valore.

Badate bene, però, che si tratta di una caratteristica che troneggia indisturbata solo nella prima parte del gioco. La seconda, che vorrebbe concentrarsi di più sul background e comincia a partire da quando Ebiko viene salvata da Akemi nella foresta, sembra cambiare totalmente linguaggio e perciò non ne parleremo, sfortunatamente, in questo paragrafo.

Concludiamo queste prime osservazioni sull’asso nella manica del titolo con queste due immagini in particolari.

Da un lato, la mamma di Ebiko, che vediamo scomporsi pezzo dopo pezzo. Dall’altro abbiamo un primo piano su Akemi ci fa vedere come i suoi occhi si spengono.

Sembrano due immagini totalmente diverse.
Certamente le loro funzioni emotive lo sono. Una dovrebbe farci impressione, l’altra ricerca la nostra empatia e identificazione con il personaggio.
Tuttavia c’è un motivo per cui ve ne sto parlando in un unico paragrafo…Ed è la vicinanza che si cerca con il giocatore.
Similmente alla funzione della sequenza di immagini che appaiono nella foresta durante l’affronto finale e differenziandosi invece delle immagini dei vari jumpscare, queste ci tengono davvero a costruire un certo rapporto di intimità con il giocatore.

La comunicazione che il gioco sembra voler stabilire con noi direttamente in prima persona. Si tratta di una tematica che avevamo già affrontato con Ao Oni, ma che applicata in questi contesti, soprattutto per la seconda immagine, rivela un enorme potenziale per il futuro.
Il contatto stretto con il giocatore non si cerca solo per offrirgli “una botta di spavento”, ma anche per aumentare la durata della sua angoscia, o ancora per spingerlo ad empatizzare con la giovane bastonata.

Un tipo di uso delle immagini che il linguaggio cinematografico conosce molto bene.

E oserei dire, con l’uso che si è fatto di queste immagini la funzione è perfettamente riuscita rispetto a, ad esempio, le CG dei primi piani in Midnight Train che avevamo già recensito.

Guardate anche solo la differenza:

A sinistra Akemi. Abbiamo un primo piano ravvicinato, il sangue, l’espressione sul suo viso esagerata, anche se lo stile di disegno è in conflitto con le immagini delle sue faceset (e questo potrebbe essere considerata una goffaggine tecnica, sommata alla qualità dell’immagine). Possiamo vedere i suoi occhi che si spengono, direttamente a contatto con i nostri.

A destra Neil, di Midnight Train.

Un mezzo primo piano, il viso è rivolto verso di noi solo per metà e lo sfondo è trattato solo con una tinta di colore. Un tipo di immagine da cui noi spettatori, a livello emotivo, non possiamo che prenderne le distanze e considerare il personaggio in questo caso solo come una “bella statuina” che il titolo ha deciso di mettere in mostra in questo punto preciso della storia per farci capire che il personaggio aveva raggiunto la tappa di un percorso psicologico.

Ci sarebbe da fare un’osservazione a proposito, dato che con questo titolo chiuderemo il cerchio della Generazione 0: è curioso come un titolo di questa generazione sembri sfruttare meglio il linguaggio di un prodotto audiovisivo per creare emozioni a differenza di un titolo appartenente a ciò che chiamiamo Seconda Generazione, che sembrerebbe volersi affacciare più spudoratamente al codice narrativo di origine cinematografica.

Termometro della professionalità

Forse avere il termometro a questo livello vi  sembrerà abbastanza scontato. Osserviamo il tutto più nel dettaglio…

Packaging

Un’ottima idea. L’uso dei colori caldi e l’immagine che sembra essere frutto di una pennellata sono una buona presentazione del titolo in contrasto con lo sfondo nero. Il comparto sonoro aiuta il giocatore a sentirsi immediatamente estraniato, promettendo quasi aspettative grafiche più alte rispetto a quanto poi si vedrà riguardo le mappe e i volti dei personaggi.

Il titolo sembra essere stato distribuito dall’autore stesso con fare amichevole, non con l’intenzione di offrire un determinato prodotto ad un pubblico. È un giocatore che si rivolge ad altri giocatori, uno sviluppatore che si rivolge a suoi pari.

Di questo ne parleremo nel paragrafo successivo.

Rapporto autore-opera

Se si vede nella sua pagina di rpgmaker.net, è possibile già da subito vedere la differenza tra Kona5 e altri autori già analizzati qui in Ritorno al Futuro, ma anche quelli che verranno presi in esame in futuro.

Nell’articolo su Yume Nikki abbiamo parlato del “mito dell’autore”, sul come non sia tanto una persona, ma bensì un’entità tra la community, che se deve rispondere lo fa in modo molto professionale e distaccato.

Ecco, con Kona5 questo concetto non si applica.

Se pensiamo ad altri autori, ad esempio ponendo su due piani differenti Kikiyama e Makoto Kedouin, vedremo come entrambi condividono un’immagine estraniata di loro stessi nei confronti del loro pubblico.
Vuoi che si tratti di un’identità autoriale poi nascosta da una compagnia di produzione professionista, o vuoi che si tratti di un’identità “mitica” basata sull’aura di mistero che si è costruita, entrambi gli autori sembrano prendere le distanze dagli utenti a cui si rivolgono.
Indipendentemente che si tratti di atteggiamenti intenzionali o meno, è importante considerare come gli autori dei beni nelle industrie cerchino sempre di costruire una certa immagine e rappresentazione di loro stessi. Si tratta di un’immagine che può risultare fatale per il modo in cui poi il pubblico recepisce il prodotto, perché lo assocerà appunto proprio a quel tipo di immagine che un autore si è costruito.

Questo ragionamento purtroppo Kona5 sembra non averlo fatto, poiché probabilmente le sue intenzioni per questo titolo non era appunto di rivolgersi a un pubblico, ma a dei giocatori suoi pari. “Si confonde tra di noi”.

Sebbene nel mercato questo sia un tipo di concetto che si cerca di trasmettere per certi tipi di beni e servizi (vedasi le pubblicità dei prodotti alimentari ad esempio, soprattutto quelli in cui entra in gioco una sorta di patriottismo), c’è da considerare il modo in cui queste pubblicità sono costruite: immagino lo intuite anche voi che si parla di due modi diversi (rispetto agli atteggiamenti dell’autore di Akemi-Tan) di trasmettere lo stesso concetto: uno viene da parte di esperti del marketing, l’altro viene da un vero utente che sta distribuendo un suo gioco. E la differenza si vede.

Sul sito giapponese presumo che gli autori stessi non possano rispondere ai commenti ricevuti, quindi l’autore di Akemi Tan ha mostrato la sua personalità più sul sito americano.

Infatti risponde ai commenti (con anche un buon inglese) in modo che dimostra una natura estroversa e scherzosa, così come il suo profilo stesso con una bio altrettanto simpatica, con molte faccine del caso.

DIFETTI DELL’OPERA

Purtroppo ha fallito nei due punti cardine che definiscono il successo di un videogioco: narrazione e gameplay.

NARRAZIONE

Immagino che non serva il mio intervento in questo ambito per far tornare alla memoria di chi si è affacciato ad Akemi Tan un senso di inadeguatezza e incompletezza per come viene sviluppata la storia.

È vero, abbiamo una risoluzione della main plot: pericolo demoniaco, lunga parte dello svolgimento in cui si affronta questo pericolo e risoluzione del problema con quella che sembra una volontaria citazione all’evento biblico della morte e resurrezione di Cristo nell’ambito cristiano. Ebbene sì, abbiamo previsto e azzeccato la data in un cui far uscire quest’articolo. Felice Pasqua anche a voi, ragazzi.

Tornando a noi, dicevamo che c’è una risoluzione del main-plot, è vero, ma il background?

Akemi che lamenta la sua solitudine, che fa cenni al suo passato senza che questo venga poi approfondito.
Non stiamo dicendo che sarebbe dovuto essere sviluppato per forza, perché purtroppo il gioco sembra sospendersi in una fossa con un piede piantato sulla priorità dell’esperienza di gioco, e l’altro piede sul desiderio di raccontarci qualcosa.
Forse per quelle che erano le intenzioni del gioco sarebbe stato più onesto (anche se forse meno appetibile se l’autore voleva attirare in un certo senso anche l’attenzione di semplici spettatori di passaggio) rimuovere il background su Akemi e lasciarla al 100% nel mistero.
Per quanto sembri una ragazza matura e molto dolce (è un personaggio che mi ha messo molta tenerezza da una parte lo ammetto) sarebbe stato meglio, giunti a queste conclusioni, che non ci rivelasse così tanto su di lei o comunque non in questo modo.

È come mostrare la caramella a un bambino per poi divorarsela tutta intera sotto i suoi occhi delusi, oppure come dice il maestro Miyagi in Karate Kid rivolgendosi al suo allievo:
“Quando cammini su strada, se cammini su destra va bene. Se cammini su sinistra, va bene. Se cammini nel mezzo, prima o poi rimani schiacciato come grappolo d’uva.”.

Un’alternativa sarebbe stata riempire la fase esplorativa di piccoli indizi sul villaggio e sulla ragazza per poter lasciare più spazio al background, ma a questo punto viene da domandarsi se sarebbe stato lo stesso Akemi-Tan che conosciamo.

GAMEPLAY

Purtroppo questo titolo soffre in molti frangenti di un errore che abbiamo visto nella recensione di A Figment Of Discord.
Vi aspettate ancora una volta un “Eeh?!” come quello della prima recensione?
Bene, perché non lo avrete… Almeno a quei livelli.

Possiamo riassumere questo concetto così: l’errore è lo stesso, ma in campi diversi, e a livelli diversi di gravità.

Prendiamo per primo Akemi Tan. In tanti, tanti momenti del gioco devi ritrovarti a fare prima una cosa per poi farne accadere un’altra.

Esempio pratico (ho preso il caso peggiore): Shimoko non può mettere l’offerta all’Ou finchè il giocatore non va sulle scale e il gioco non ti dice “Questo è il tempio dell’Ou, dobbiamo mettere delle offerte” eccetera.

In questo caso una soluzione poteva essere quella di mettere in un altro modo, ancora più “forzato”, la spiegazione sul tempio e l’Ou: ad esempio quelle righe di testo potevano essere mostrate in modo automatico, prima che il giocatore si potesse muovere.

Ora vi lascio alla vecchia recensione di AFoD, che lamentava in modo molto più… Acceso, un’incapacità di gestire il gameplay.

“Eeh?!

Che ci fa ora una torta nella cucina che avevo setacciato alla perfezione dieci minuti fa?!

E’ semplice: prima l’enigma non era stato risolto, quindi la torta non è apparsa. Tutto logico, fila tutto liscio, non è vero? Non è vero.

Secondo il gioco, quell’appunto sugli uccelli che amano le cose luccicanti e i dolci doveva servire a qualcosa… Si, ma attualmente… No.

Il giocatore ricorda che in cucina non c’è niente, e quindi viene normale non controllarla più, quindi questa dannata torta la può trovare solo in un raptus di disperazione in cui cerca di nuovo, per la settantesima volta, in tutte le stanze… Però ha attivato lo switch della torta, quindi può andare avanti. Mi dispiace essere drammatica, ma sto impazzendo. Non si struttura così, un gameplay…”

Bene, l’errore descritto sembra identico.

Ma vi dirò vari motivi del perché in Akemi Tan questi tipi di forzature sono più facili da sistemare e meno gravi in generale come errori.

Prima di andare ad un altro momento del gioco, diciamo il perché non impazzisco e non mi fossilizzo sulla scena iniziale. Semplicemente è molto facile da sistemare: bastava mettere qualche momento prima le stesse identiche linee di dialogo, e già sarebbe stata sistemata: semplicemente è mancanza di accortezza, non vera e propria incapacità.

Ora passiamo ad un altro momento del gioco molto particolare: il cassetto del padre di Shimoko, il codice Nankin e il fucile.

Rispetto alla torta di AFoD, qui c’è un camuffamento niente male della forzatura, in parte.
Infatti essa viene vista più facilmente da chi ha già giocato il gioco, che sa che nel cassetto del padre si trova il fucile che aiuterà la ragazza a scappare da casa sua.

Dirò che anche questa parte non è perfetta, ma andiamo un passo alla volta, ci ritorneremo dopo.

Dato che siamo dal punto di vista di Shimoko, e quella è casa sua, probabilmente lei sa che nel cassetto di suo padre ci sia un fucile: quando la casa è ancora tranquilla, quando lei non sa ancora che “il villaggio è diventato pericoloso” tramite sua madre, probabilmente ha trovato inutile dover prendere il fucile di suo padre.

Prima della telefonata della madre di Shimoko alla figlia, dove dice esplicitamente “esci dal villaggio, è diventato un luogo pericoloso” il gioco non ti dà neanche la possibilità di poter inserire un codice al cassetto del padre proprio per questo.

A questo punto si doveva rendere più palese questa cosa: infatti prima della chiamata della madre il cassetto non dà neanche una textbox che dice “Il cassetto di papà, è bloccato da un codice Nankin”, oppure dire in modo palese che ci sia un fucile, che appunto Shimoko troverà utile dopo.

A questo punto si dovevano semplicemente aggiungere anche una o due textbox che davano più rilevanza al cassetto, così che il giocatore potesse anche controllarlo più volte, nel peggiore dei casi.

Vedete? Spostare un po’ prima il testo, rendere un po’ più palese un oggetto importante… Questi sono più che altro problemi di comunicazione. I problemi di comunicazione si sistemano con poco, semplicemente dicendo di più, migliorando il focus degli oggetti importanti, non ci sono magagne alla base.

Mettiamo ancora a confronto con la torta di AFoD, citando ancora la mia parte di recensione.

Il giocatore ricorda che in cucina non c’è niente, e quindi viene normale non controllarla più”

Ecco, qui viene un altro punto a favore del cassetto di cui abbiamo parlato prima.

In Akemi Tan, esso si doveva rendere solo più palese, ma non è che nella stanza non sia mai apparso prima. Il giocatore sa che c’è, semplicemente si doveva solo far capire che era un elemento importante.

Per AFoD e la sua torta magica che appare dal nulla… C’è un vero e proprio problema alla base, appunto.

La torta non appare prima in alcun modo finchè il giocatore non legge un biglietto che cita “le cose dolci”. La torta poteva esserci fin dall’inizio, ma il giocatore la collegava a qualcosa di utile (e, dal punto di vista della protagonista, le veniva in mente di controllarla meglio) quando legge il biglietto, e quindi può pensare “Ah, i dolci c’entrano qualcosa… La torta che era in cucina!”

Il gioco sembra prendere il giocatore quasi per stupido, come se non fosse in grado di fare collegamenti tra ciò che legge e ciò che vede, quindi come se non possa istintivamente ricordare una torta che poteva vedere prima e quindi il tutto risulta nauseante e senza senso.

Ecco, queste sono vere e proprie falle di gameplay che hanno dei problemi proprio alla base.

Tornando ad Akemi-Tan, abbiamo inoltre notato che non è l’unico ad avere delle difficoltà di comunicazione con il giocatore: anche in Ao Oni c’erano questi problemi nel gameplay. Ecco una parte del nostro articolo su Ao Oni:

“Gli enigmi. Stiamo parlando…Del rilascio delle informazioni in merito.

Ebbene, per quanto possano essere ingegnosi molti non sono riusciti ad apprezzarli fino in fondo, lamentando una relativa complessità.

Questo credo sia dato soprattutto dal fatto che spesso non c’è sufficiente comunicazione del gioco per il giocatore, lasciandolo completamente a se stesso senza offrire delle istruzioni che possano far comprendere all’utente la natura dell’enigma.”

A questo punto possiamo ipotizzare che questo sia un vero e proprio problema che caratterizza la Generazione 0, perché qualcosa di simile l’abbiamo visto anche in CORPSE-PARTY, ma dal punto di vista narrativo. Ecco un’altra parte, stavolta dell’articolo su Corpse Party, che parla di questo:

“Si passa da un’atmosfera concitata, da quando Ayumi e Yoshiki sono stati riportati nel mondo reale finché scoprono che la dimensione parallela è ancora alle loro spalle, ad una incredibilmente lenta che deve far fronte all’accumulo di informazioni che si concentra tutto in una volta.

Durante il resto del gioco, prima di questo punto non sono stati lasciati nemmeno degli indizi che potessero far assimilare poco per volta le vicende passate e che ci vengono narrate in questa scena.”

Conclusioni

E così, finalmente, terminiamo la prima parte del nostro viaggio.

Forse non tutti i lettori avranno conosciuto a primo occhio i titoli da noi proposti, ma c’è da considerare che senza questi non si sarebbero sviluppate le caratteristiche degli RPG Horror che tutti conosciamo.

La vicinanza che si cerca con il giocatore, il desiderio di offrire un’esperienza immersiva, lo spirito del vagabondaggio. Questa, signori, è stata la Generazione 0.