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Mad Father – C’era una volta a… “Hollywood”

Tutto è iniziato da “conosco il segreto di mio padre”, tutto presentato fin dall’inizio con quella che avremmo dovuto recepire fin da subito come un’emozionante storia destinata ad un grande pubblico che ha accettato di buon grado di ascoltarla.

Eccoci finalmente tornare dopo un altro paio di settimane in questa rubrica dedicata a tracciare, per quanto approssimata, una “storia” degli Rpg Horror. Sì, lo sappiamo (per chi può ricordarselo almeno) che avevamo messo inizialmente la data per il 14 giugno ma…Perdonateci. Al momento, parlo come PaoGun, siamo io in piena sessione d’esami ed Eleonorada da sola con la produzione del gioco, ed ogni volta questi articoli si fanno sempre più impegnativi. Insomma, ragazzi, stiamo parlando di Mad Father.
Ve lo ricordate, no? Mad Father…Impossibile non averne sentito parlare almeno una volta per chi bazzica nella categoria dei giochi indie, ma soprattutto di chi segue giochi horror “con una bella storia”. Un tesserino di presentazione fenomenale per il mondo degli Rpg Horror.

Signori, qui si fa sul serio, stiamo parlando di un cult.

L’introduzione all’inizio, le vicende ben narrate, l’integrazione col gameplay e la libertà d’esplorazione che viene proposta, il bel rapporto grafico tra mappe e protraits (le immagini dei personaggi su schermo durante un dialogo) lo riteniamo il miglior HOR-RPG che è stato mai capace di raccontare una storia, e nessuno al giorno d’oggi –vi diciamo, nessuno– è ancora riuscito a rubargli il primato.

Esatto, nemmeno i giochi della Generazione 2, la “Story-telling Focus”, come l’abbiamo chiamata noi.

Quindi ora, aspiranti scrittori, sceneggiatori e sviluppatori, ora aprite Word, mani alla tastiera e prendete appunti dal “vecchio” sen.

Storia del prodotto

Ragazzi cosa vorreste che vi dica: Mad Father è stato la scoperta, la punta dell’iceberg degli HOR-RPG per tanto e tanto tempo la cui presenza in rete ha influenzato la scoperta, di chi prima non li conosceva, di Ib e The Witch’s House.

Qui il fenomeno “dello stardom”, se così vogliamo chiamarlo, o della passione che ha caratterizzato giocatori (e spettatori) da ogni parte del mondo del Web che abbiamo già introdotto nell’articolo su Ib giunge al suo apice e Aya Drevis compare nei motori di ricerca inerenti il suo stesso gioco come eroina indiscussa delle vicende.

Come è iniziato il suo percorso?

Dunque, tanto per cominciare siamo riusciti a risalire ad una versione del gioco in cui il progetto era ancora in development. Un file d’archivio molto interessante che ci offre il canale Nicovideo (per il link al video basta cliccarci sopra).

Il video in questione risale all’11 gennaio 2011.
Già potete vedere una grande differenza rispetto a quelle che sono state le mappe mostrate al rilascio del 2012. Il video sembra avere circa 14.000 visualizzazioni, sarebbe interessante notare se in questo caso il progetto in via di sviluppo era seguito sin dagli albori o l’esplosione è avvenuta soltanto quando il titolo è stato rilasciato e quelle visualizzazioni si siano realizzate soltanto a gioco già conosciuto.

Ora: per chi non lo sapesse, nel 2011 è uscito invece Misao, un altro titolo che è stato conosciuto soltanto più tardi rispetto a Mad Father, quello che ci chiediamo e se avrà contribuito a creare delle aspettative in una community più ristretta di videogiocatori od appassionati giapponesi di titoli horror.

In ogni caso l’uscita ufficiale del titolo è chiara a tutti: il 10 dicembre 2012. È molto difficile cercare di reperire il sito dove è stato inserito il download del gioco nella prima versione che è stata realizzata, ciò che abbiamo trovato è stato ancora una volta una pagina di Freem, anche se non sembra riferirsi alla versione del gioco che tutti conosciamo, ma alle modifiche che hanno cominciato ad essere apportate a partire dal 2014.


Curioso come sen sembri aver rimosso le tracce della prima versione del gioco, quella storica, con cui tutti abbiamo iniziato ad affezionarci alle vicende che si svolgevano in Casa Drevis, rilasciando anche una nuova versione gratuita del gioco, la 2.9.

Essa aggiunge davvero poche cose: la possibilità di regolare il volume, potraits cambiati (praticamente quelli della versione Steam), e un leggerissimo effetto statico di cui, davvero, non è che avessimo così bisogno.

Quindi, se la nuova versione gratuita del gioco non è più quella “completa ed originale” cosa è cambiato nella versione Steam del gioco?


A parte il mio (Ele) non capire esattamente il terzo punto… Il resto può sembrare normale, no? Miglioramenti grafici, giocabilità migliore, spostamento di alcune gemme…

Ines credo sia Coron.

Ecco, qua iniziano i problemi. Provate ad intuire il perché ho sottolineato proprio questo punto…

…Dopo una stagione e mezza di Ritorno Al Futuro sto perdendo la pazienza.

Una novel!? Ancora!? Ah, vi dico: rispetto anche al Diario di Ellen, questa novel è persino più inutile. Come altre che abbiamo visto in questa rubrica, racconta gli eventi del gioco con qualche aggiunta qua e là. Basta, solo questo. Non aggiunge nulla.

Phew… Ecco, volevo arrivare a questo… La vita è troppo breve per leggere ogni pagina di ogni novel scadente su questa Terra… E anche perché non è mai arrivata completamente in Occidente (una ragazza su Wattpad la stava traducendo, ma si è fermata ai primi due capitoli) ma a questo punto avrete capito questo repentino cambiamento di dialoghi e l’aggiunta del passato di un personaggio di cui comunque non c’importava nulla…

Tutti insieme:

Sen ha collegato il gioco alla novel!

Sembrerà banale come fenomeno, ma a questo proposito vi chiedo di ricordare The Witch’s House. Il come, anche in un remake, ha mantenuto la sua dignità a meno che non si giochi solo una modalità in particolare. Ecco, qui si ha il fenomeno contrario, quello che secondo me è un cattivo esempio di remake per un RPG Horror: aggiungere elementi introdotti nella novel nel remake, senza “alcuno scampo” per lo sviluppo della trama precedente.

Sen non sembra aver pubblicato nient’altro di nuovo dopo il rilascio (ed eventuali patch, dati i continui bug e crash report…) dell’incresciosa versione Steam di Mad Father.
Quindi, purtroppo, dal mio punto di vista la storia del cult di sen finisce qui, nella rabbia data da queste diamine di operazioni commerciali che, molte volte, peggiorano il prodotto a livello anche qualitativo.

Tornando però ai suoi vecchi fasti, al come è cresciuto Mad Father prima di decadere in questo modo… Cosa potremo dirvi della storia della sua ricezione?

Certo. E questo anche perché:

“Prima di tutto la madre è MOLTO più bella dell’infermiera occhi di bambola. Secondo, ha avuto il coraggio di tradire quando la moglie e la figlia erano in casa?! DISGUSTOSO! E mi ricorda mio padre: scroccone e traditore…”

Beh, qui l’utente può confrontarsi direttamente con una storia. Può evadere completamente dalla propria esperienza quotidiana vivendo quella di qualcun altro, questo a differenza del tipo di immersività che, se ricordate, ci proponevano i titoli della Generazione 0.

Sembra essere approdata qui l’idea secondo la quale gli RPG Horror possono essere trattati come opere audiovisive “passive”.

Abbiamo tutti gli elementi al completo:

– Personaggi che, dal design o caratteristiche particolari, possano attirare l’attenzione

– Ambienti fortemente caratteristici e dal design ben definito oltre che contenenti caratteristiche horror

– Una storia intrecciata, in questo caso raccontata come un “grande film” pensato per l’industria del grande schermo.

Mad Father ha smesso di esistere come solo un HOR-RPG e si è creato una realtà propria, in cui la protagonista la si è vista spesso affiancata alle altre eroine della corrente che l’hanno preceduta, in particolare Ib, Mary (ah già, è stato così influente da far credere che “Ib avesse rubato Old Doll da Mad Father”. Semplicemente diciamo che è stato in grado di dare una precisa personalità al brano), Ellen, Viola.

Quale miglior modo di chiudere la storia della ricezione di questo titolo se non con queste immagini che per lungo tempo si sono diffuse in rete?

Il trailer fittizio preparato per il Pesce d’aprile del 2014 da Mike Inel ha creato false speranze per molti, molti spettatori che sarebbero stati pronti a seguire le vicende dei personaggi aldilà dei loro giochi.

Come avrete forse letto in altri articoli, ormai sapete che il miglior gioco narrativo integra perfettamente narrazione e gameplay, e ognuno lo fa con un suo stile: in questo Mad Father ha fatto scuola. Ma prima di parlare dell’asso nella manica che si riferisce alla regia “soap-operistica” e al metodo dinamico con cui la vicenda viene narrata voglio far fronte ad un’osservazione.

Per la precisione, voglio raccontarvi una cosa.

A noi piacciono davvero gli RPG Horror, e non ci dispiace andare a caccia delle ultime novità. Questo ci porta a seguire anche pagine di lingue che non capiamo, ad esempio mi capita spesso (qui PaoGun al rapporto) di trovarmi nella Home gli aggiornamenti di una pagina di RPG Horror cinese che aggiorna costantemente su nuove uscite, eventuali remake e post a tema riguardanti la corrente HOR-RPG appunto. Diciamo che è stato grazie a loro che abbiamo scoperto che l’autore di Mogeko Castle ha intenzione di resuscitare il “franchise” e portarci lo spin-off di cui parlava anni e anni fa, o l’intenzione della Buriki Clock di rilasciare un remake sia su Cloé’s Requiem che su Fantasy Maiden’s Odd Hideout, la cui notizia ci ha fatto parecchio incacchiare ma questo è un discorso che faremo a tempo debito…

In ogni caso…Torniamo all’argomento principale.

Questo è solo un esempio, quello più recente che mi sono trovata sott’occhio in questi giorni. Per il resto mi capita spesso di vedere post simili dedicati a titoli che mostrano personaggi disegnati in maniera per certi versi sempre più stilizzata nelle forme e allo stesso tempo sempre dai dettagli sempre più curati mentre gli sfondi e i contesti in cui sono collocati sembrano perdere sempre più importanza, come se si trattassero di novel qualsiasi per certi versi.

Se devo essere onesta con voi questi titoli io non li conosco. Non posso giudicarli perché non so come sono fatti, ma davvero, date un’occhiata anche solo al tipo di copertina di questo, per esempio…

Ragazzi miei, Mad Father è stato solo l’inizio.

Questi nuovi tipi di autori che si stanno affermando sono davvero furbi, in gamba: quello che cercano di riproporre è qualcosa che gli spettatori, giocatori e il tipo di utenti (e quindi il target) in genere a cui ci si rivolge è quello abituato a divorare pacchi di opere di finzione animate. Questi, gente, sono pezzi avanti, capaci di creare un tipo di mercato secondario sulla base di quello che le grandi case di produzione propongono ragionando per imitazione. In breve, qui la via alternativa alle major è già arrivata.

Direi che è proprio qui, poi, la vera e grande sfida: quali di questi può considerarsi per davvero un grande gioco, unico nel suo genere e quale invece pecca di qualità nel momento in cui ci si mette mano? La “teoria della sopravvivenza e dei prodotti più forti” è solo una parte del complesso pensiero liberale. Più la concorrenza è numerosa è capace, più la sfida per rimanere sul pezzo diventa spietata e avvincente, in un’epoca come questa sempre più rapida, sempre in corsa, in cui l’industria dell’intrattenimento si trova a fare i conti con l’effetto “cometa”, come lo chiamo io perlomeno. In un attimo si brilla nel firmamento, su in alto e si raggiungere l’interesse di milioni di persone ma poi altrettanto velocemente si ricade e tutti si dimenticano di ciò che è accaduto.

…Se ci sono tanti prodotti ad essere egualmente validi, ognuno dei quali trasmette un sentimento differente e una propria identità, allora si parla di Golden Age. Le epoche che più si ricordano con malinconia poi negli anni che si susseguono.

E a proposito di epoche d’oro…Sapete qual era uno dei dieci consigli di Billy Wilder, forse uno dei più grandi sceneggiatori di Hollywood?
Lo spettatore va preso per la gola sin dai primi cinque minuti di film.

Ed è stato quello che ha fatto sen (o Miscreant’s room)…

Del resto, ragazzi, come si fa a non essere catturati da questi titoli di testa? “Old Doll” di Amacha Music Studio in sottofondo e immagini di una casa e della luna piena che ci prendono per mano prima di iniziare l’avventura.

Ciò a cui mi sto riferendo è in particolar modo l’introduzione alla storia, la scena nello scantinato.
Affacciamoci quindi al modo in cui ci vengono esposte la trama principale e la sotto-trama riguardante Maria: sicuramente tutti ricorderanno queste parole, “conosco il segreto di papà”.

Abbiamo una cut-scene, quindi ci viene immediatamente introdotta l’azione. Badate bene che le vicende sono esposte in maniera molto chiara e coincisa e tutte mostrate sulla scena:

1) Aya bussa alla porta, e quando Alfred risponde viene introdotto l’anniversario della morte della mamma (che, per chi si ricorderà il gioco, sarà un tema ricorrente riguardante l’origine della maledizione e tornerà anche nel finale).

2) Alfred, il padre della ragazzina, torna subito nella stanza da cui si sentono urla e una motosega, suoni che Aya ignora, pur avendoli sentiti.

3) La voce narrante di Aya in off screen ci racconta quindi fin da subito di quello che combina il padre, sappiamo che abbiamo a che fare con un pazzo, si rispecchia quindi quello che si ha esposto in maniera così descrittiva il titolo, e viene anche introdotta la trama su Maria come amante del genitore proprio dopo che nella scena si è citata la madre della ragazza.

Capite che già con questo tipo di introduzione abbiamo fra le mani una miriade di informazioni, proposte in una maniera così dinamica e scenografica che non possiamo che desiderare di averne di più per sapere cosa succederà dopo. In questo caso l’obiettivo della protagonista è salvare suo padre dalla vendetta delle persone che ha ucciso, o così sembra all’inizio.
Viene introdotta la figura di Ogre, che a seguito dell’urlo che la ragazzina sente in piena notte, spiega come stanno le cose: zombie che girano per la casa che aspettano solo di fare a pezzetti l’allegro chirurgo.

Facciamo una piccola pausa dalla trama per parlare di Aya.
Un tipetto niente male, Aya.
Insomma, in Ib avevamo dei personaggi che volevano ricordare un archetipo. La figura genitoriale, la vivacità infantile e l’innocenza (Mary e Ib erano due facce della stessa medaglia in breve). In The Witch’s House c’era “semplicemente” il capriccio di una ragazzina con un evidente disturbo di tipo empatico che non segue alcun principio morale.
Qui possiamo già avere una binaria lettura del personaggio di Aya: da un lato la sofferenza degli altri, dall’altro l’affetto per il beneamato padre.
La situazione che la ragazza si trova ad affrontare ci permette di guardarla in maniera davvero interessante. Il suo in fondo non è che solo un percorso di crescita dall’infantilità (cura del proprio ego, bisogni familiari e solitudine), a quello che vorrebbe giungersi come uno stato maturo. Sappiamo tutti però come va a finire, ma nonostante questo è interessante anche notare come gli zombie cercano di muovere la sua compassione come se dessero per scontato che una bambina, perché solo undici anni appunto, fosse il volto dell’innocenza.

Si può intuire dal finale del gioco come in realtà il suo “percorso di crescita” si sia deviato, tanto per cominciare gli aneddoti che ci vengono mostrati quando ottiene la sua piccola motosega personale. Un finale che tutto sommato è più che naturale e che si correla bene a ciò che sono state le esperienze di Aya.

“Non è giusto far soffrire le persone in questo modo!”, grida il gioco, Dio, gli zombie, e per certi versi cerca di farle capire perfino Ogre.

“Infatti! Molto meglio la morfina!” ci risponde l’Aya adulta.
Questa Aya non ha lo stesso sadismo di suo padre, il vero lato malato nel godersi le sofferenze dei pazienti.

Dopotutto, era una bambina che amava le bambole e gli animali; “le cose belle”, “le cose colorate e coccolose”. Però sentiva spesso delle urla la notte.

Semplice: le urla delle persone l’hanno traumatizzata, non ne vuole sentire più. Come pensate che potesse crescere una bambina in quel tipo di ambiente? Dieci anni sono pur sempre dieci anni.

Tralasciamo gli indizi mostrati nel corso dei flashback che ci ricordavano come Aya tranciasse a fettine numerosi conigli senza rendersene conto e quindi andiamo proprio aldilà della genetica, che per carità può anche aver influito sui comportamenti della ragazzina, ma ciò che ritengo ancora più opportuno sostenere è che le esperienze infantili che si registrano soprattutto sul piano inconscio, essendo ancora difficile che si sviluppi un pensiero razionale, contano purtroppo moltissimo nella vita di un individuo e per quanto sembri banale dirlo da parte mia, contribuiscono nei tipi di atteggiamenti che si sviluppano da adulti.
C’era qualcuno ai tempi che era rimasto deluso dal finale: volevano forse Aya felice e contenta in una villetta di campagna con Maria?

Io lo ritengo molto naturale come finale, logico, che si incastra bene nel filo del discorso e per quanto mi riguarda non poteva essere diverso da come è stato mostrato.

Anzi, ammetto di essere abbastanza spaventata dalle premesse che si erano fatte nell’ “If”, in cui si presupponeva un ritorno di Dio che “avrebbe fatto qualcosa” nel caso in cui “Aya sarebbe diventata come suo padre” e da come molti si ritenevano entusiasti di questa scelta.

Ma neanche fosse Aya il problema quanto quest’altro tipetto qui. Dio, insomma.
Gesù (sì, era una battuta), ci è sempre stato detto che questo qui era un cadavere!

Forse non sarà morto perché “Hey, gli ha solo staccato via un occhio!”. Io immagino che si possa morire per molte ragioni: dissanguamento, tanto per cominciare. Se non vado errata una causa può essere anche l’eccessiva sopportazione del dolore data da un tipo di tensione nervosa e via dicendo. Lo sappiamo tutti come opera Alfred. Ma non è questo il problema più grave.

Sarebbe stato più logico sapere, a differenza di quanto ha detto poi Ogre “ti ho curato perché le buone persone come te mettono in risalto i malati mentali” (okay, calmino Mastro Lindo) il come, dopo le coltellate di Maria, Dio si sia ripreso semplicemente perché…Beh, è un cadavere vivente per via di un incantesimo! Una maledizione, chiamatela come vi pare.

Non ci sarebbe stato bisogno di alcuna spiegazione come questa che costringe soltanto a vedere una forzatura nel gioco.

Ma, dopotutto, qui stiamo parlando di un extra, una parentesi sulla storia principale che va a toccare più altri paragrafi dell’articolo rispetto a questo e di cui potremo discutere più avanti, anche questo, nel rapporto autore-opera.

Anzi, visto che stiamo parlando dell’Asso nella manica, anche qui ancora una volta abbiamo un perfetto connubio tra narrazione e gameplay, se non uno dei migliori che ci sia mai stato. Ma prima di passare la parola ad Ele e farvi trasportare da lei nel gameplay di Mad Father, discutiamo per un attimo sulla scena finale per cui stavamo tanto scalpitando riguardo la famosa regia “soap-operistica” di cui volevamo tanto parlare.

Eccoci qua. Le fiamme, la musica epopeica con i cori latini che ci accompagnano in questa mega-scena di chiusura.
Non c’è nulla di meglio che proporre la spettacolarità scenografica per far coinvolgere gli spettatori nel finale, sembra dirci qui sen. Qui vengono date le ultime raccomandazioni fatte tra personaggi e proposte le promesse per il loro futuro.

Non è certamente solo in questo punto che potremo parlare della regia, l’avete visto anche dall’immagine che abbiamo scelto per la copertina dell’articolo. Forse a volte fin troppo “drama” per quanto sia una via facile per attirare l’attenzione…
Per dirvi, tra questo tipo di regia e quella di Corpse Party Blood Covered continuiamo a preferire quest’ultima, con la sua lentezza nel farti assimilare gli eventi.

Durante la fase esplorativa del gioco, però, questa regia piuttosto pesante non c’è: è “rilassante” anche se ogni evento ed ostacolo che si affronta ha la sua presenza scenica ed importanza (ad esempio il cane che ingurgita la chiave, che si sente sin da quando sei in cucina con il suo sound effect costante e ripetitivo). C’è, quindi, un approccio molto dinamico agli enigmi e ti spinge ad andare sempre più a fondo nel seminterrato.

Parlando di enigmi… Come se la cava Mad Father con quelli, in generale? Da casi come Midnight Train abbiamo visto che fare ciò, se il gioco è estremamente narrativo, è davvero un’impresa non rendere gli enigmi solo un riempitivo per non far andare avanti nella storia troppo velocemente.

…Ma Mad Father ci è riuscito.

Oltre ai controlli, a cui tengo fare una menzione speciale essendo questo tra i giochi in cui mi trovo meglio, muovendomi in tutte le otto direzioni e soprattutto in maniera molto fluida e veloce (lì c’è da complimentare anche chi ha creato l’engine, WOLF RPG Editor)…  Dopo dei primi minuti in camera di Aya nelle cutscene iniziali (tra cui già un flashback) , appena sappiamo della maledizione ci troviamo davanti il primissimo enigma dopo aver preso la chiave degli archivi dalla camera da letto e uno strano foglietto dai suddetti…

Okay, c’è un codice, andiamo nelle stanze dette dal foglio, esploriamo un attimo la casa…

No, aspetta, dobbiamo prima distruggere quel… Coso, così andiamo avanti…

No, aspè, dobbiamo vedere chi è la voce nella sala ricevimenti…

Aspetta, qual è il primissimo enigma…?
Ecco, chi conosce il gioco, o esplora le stanze nell’ordine corretto dice “Si, viene prima quello della cassaforte, poi gli altri due” no?
Sen però ha deciso di presentarli tutti quanti nei primissimi minuti di gioco “effettivo”, così che il giocatore abbia una bella quantità di cose da fare fin dall’inizio, che lo tengono attaccato allo schermo: anche se ha risolto un enigma, sa già che ce ne sono altri mille da risolvere! Tu puoi esplorare quasi tutta la casa nei primi minuti, solo i sotterranei sono bloccati. Il gioco non ti forza ad andare in certi posti o meno: il giocatore può non aprire la cassaforte e andare direttamente in bagno, dove avrà la chiave della sala la pranzo, e andare direttamente lì, ma dopo aver scoperto la botola, preso l’olio, ma trovando alcuna lampada si ricorderà del foglietto per la cassaforte!

Come in questo caso, quelle volte che il gioco ti impedisce di andare avanti, non è perché devi fare prima una cosa piuttosto che un’altra: devi semplicemente avere tutti gli elementi che possono farti procedere, che puoi prendere nell’ordine che preferisci.
Un gameplay tutt’altro che forzato che rende questo titolo sempre interessante e senza tempo.

Ricordate cosa dissi su Midnight Train, giusto? Il come in quel gioco il gameplay fosse un mero contorno alle cutscene? Qui abbiamo tutto il contrario, lo schema cambia totalmente.

…Anzi, torniamo un attimo a scuola, schematizziamo proprio come si struttura il gameplay dei due giochi.

Premetto: in entrambi i titoli ci sono fasi e fasi, che a volte rompono gli schemi che verranno descritti sotto, ma queste sono le combinazioni che troviamo più spesso rispettivamente in Midnight Train e Mad Father.

……..

Già dalla lunghezza degli schemi potete capire quale gioco ha il gameplay più complicato.

Un altro pregio che hanno gli enigmi di Mad Father è la loro buona correlazione con la trama, o con gli ambienti (tranne alcune parti nei sotterranei, ad esempio le stanze gemelle).

Quindi, oltre alla profondità delle sue “zone giocate” (e questo lo scrivo anche in faccia a chi, impropriamente e non considerando il gioco nel suo genere, definisce il gameplay di Mad Father “poco profondo”) quando il giocatore… Gioca, egli allo stesso tempo non si stacca mai dalla storia.

Gli enigmi sono collegati sempre in qualche modo a ciò che stiamo vivendo: alla realtà che era la famiglia Drevis, al lavoro del padre di Aya, alla maledizione… Non sentiamo mai che la narrazione ci abbandoni per farci giocare un attimo e poi riprendere nella cutscene di turno. Abbiamo sempre qualcosa di nuovo da scoprire, nella colossale magione della famiglia Drevis.

In tutto questo aggiungo un’osservazione: perché nel gameplay sen si è potuto “permettere” di aggiungere tanti pezzetti di flashback e approfondimenti inerenti i personaggi della storia per poterci farci affezionare? Perché la storia principale è stata già spiegata nei primi dieci minuti introduttivi! È stata questa la mossa geniale.

Il contesto e le informazioni principali che dovevamo sapere ci sono state mostrate prima, unendo l’esposizione diretta sullla scena (on-screen) a quella off-screen in un ritmo dinamico per l’appunto, così che le informazioni sul contesto scoperte del gameplay non fossero mai qualcosa che potesse distrarre completamente il giocatore, questo rende la sessione di gioco più ricca e soprattutto libera per potersi occupare degli enigmi e degli approfondimenti sull’ambiente che si sta esplorando. 

Potrei stare davvero per ore a scrivere di altri pregi del gameplay di Mad Father, ma preferisco non rubarvi tempo e finisco dicendo che è proprio questo che rende Mad Father uno dei giochi con il gameplay più ben pensato di tutti i tempi e di tutte le generazioni…

Ma siamo sicuri che il rapporto tra sen e la sua opera, citato nella Storia del Prodotto, sia idilliaco?

Termometro della professionalità

Ci siamo quasi.
No, ancora non torniamo per il momento ai livelli del Termometro della professionalità di Corpse-Party…. Ma dopo tutte le magnifiche qualità che abbiamo esposto e punta di diamante della corrente sul discorso della commerciabilità direi che se l’è proprio meritato, un livello così alto!

 

 

 

Packaging

Nulla di nuovo da dire rispetto a quanto abbiamo già notato in precedenza. Lo stile di disegno sembra “asciutto” , non ci sono colori o tinte particolarmente brillanti.

La protagonista disegnata in stile anime copre gran parte dello schermo, eppure potremmo ancora notare il modo in cui le svolazzano i capelli mentre quella che è stata definita neve che cade al contrario le vola attorno.

Ah già, a proposito di nuovo del “drama” di cui abbiamo già parlato: sembra essere una caratteristica ricorrente nelle CG di gioco, lo spirito estremamente esagerato con cui i nostri personaggi preferiti si mettono in posa che nemmeno una telenovela indiana.

Per il resto possiamo solo considerare come il rapporto tra potraits e mappe sullo schermo sia ben composto ed elegante, le tonalità di blu sono ricorrenti per tutto il gioco e l’equilibrio compositivo generale è a nostro parere eccellente.

Rapporto autore-opera

Anche sen, come Fummy, ha deciso di tentare più volte di dare più possibilità al gioco e riproporlo in varie salse, da remake a novel. In questo caso ha puntato ad aggiungere sempre nuovi dettagli per la trama, dall’If al remake con la storia di Coron (che non aggiunge nulla alla trama principale e nemmeno alle tematiche affrontate!), rendendosi conto che aveva creato un universo narrativo con molto potenziale per poterlo sfruttare a livello commerciale…

…Anche a scapito della qualità del prodotto stesso. 

È vero, nella Storia del prodotto e in una parte dell’Asso nella manica sembriamo esserci un po’ inacidite quando abbiamo parlato della novel e del remake, ma forse ci sono delle ragioni dietro il comportamento di sen.

– Misao, “Trovami” –

Eccoci qua. Oggi, in via eccezionale apriamo una piccola parentesi su un altro gioco all’interno del paragrafo dedicato al rapporto autore-opera.

Ambientazione scolastica, primi dialoghi in cui si conosce l’amica della protagonista e trasporto di tutta la scuola nel mondo dell’aldilà per conto della maledizione lanciata da Misao, l’obiettivo delle ricerche della nostra protagonista Aki.

L’avevamo anticipato nella Storia del prodotto: Misao è uscito un anno prima Mad Father. Eppure volete sapere qual è la cosa davvero ironica?

Tutte quelle teorie che hanno visto Aya nella Signorina Libreria, le domande riguardo “i capelli viola di Alfred” e il “clone di Aya” che si vede soltanto a fine del gioco di Mad Father.

Dunque…Dato l’ordine di uscita, oserei dire giunti a questo punto che quello non è il clone di Aya, ma la stessa Aya pensata qui probabilmente solo come un prototipo per promuovere il futuro gioco che aveva in sviluppo di cui abbiamo visto le prime mappe su Nicovideo.

Probabilmente senza il boom scatenato da Mad Father questo gioco non sarebbe nemmeno stato scoperto, sebbene la trama sembri anche qui seguire un approccio classico e lineare a livello narrativo e anche il rapporto tra narrazione e gameplay sembra somigliarsi e integrarsi meravigliosamente allo stesso modo.

Spostiamoci un attimo, perché con Ele abbiamo trovato nel corso delle nostre ricerche, qualche mese fa, un titolo particolare dal portfolio di sen bazzicando sul sito di VgPerson.

Sapete qual è stata la nostra prima impressione su questo titolo? Che sarebbe stato un ottimo gioco per console.

Uno stile personale e sempre più sfaccettato, nuove atmosfere, puzzle ingegnosi e nuove meccaniche.

…Ragazzi, veniamo al dunque, quanti di voi sapevano l’esistenza di questo gioco?

Per noi la totale indifferenza nei confronti di questo titolo rappresenta un caso ancora più grave, poiché si discosta ancor più dal genere di gioco che sono stati Mad Father e Misao. Un gioco che non è stato considerato dal grande pubblico solo perché è stato adottato un linguaggio e tipi di atmosfere che gli utenti non sono stati in grado di riconoscere, e questo è certamente scoraggiante per certi versi.

Sembra come se i soli tipi di giochi in grado di sopravvivere aldilà di una community più piccola e strettamente determinata fossero quelli narrativi per l’appunto, i quali devono essere capaci di attirare l’attenzione come succede tra le opere audiovisive odierne, che come degli alberi di Natale devono essere alla ricerca di lucine sempre più appariscenti per attrarre la curiosità degli utenti del web tra uno scrolling e l’altro.

È qui che possiamo constatare, per quanto sia una realtà triste e deprimente per un autore (è quello che proveremmo noi mettendoci nei suoi panni), il risultato di una fidelizzazione non premeditata sin dalla prima distribuzione di un prodotto.

Il gioco va avanti da solo, ma non c’è una vera e propria attenzione verso chi quel titolo l’ha realizzato; qui sembra davvero iniziare a sentirsi il peso di “giochi nati dal caso” anche per quello che riguarda soltanto i singoli titoli. Qui si sentono trascinare le catene che sembrano ancorare questi titoli ad una natura ed ambiente autoriale che invece potrebbero spiccare il volo.

Difetti dell’opera

Per quello che concerne i difetti… Potremo introdurre l’argomento con una premessa che richiama il discorso che abbiamo fatto su The Witch’s House. Non devono essere considerati come una vera penalità del titolo: la decisione del tipo di gioco che vuol essere Mad Father è molto stabile e la sua personalità è forte e compatta.

I difetti di cui stiamo per parlare vogliamo esporli come una spinta fare di più.

Potrei stare qui a parlare dello stesso Alfred ad esempio, di come si veda sempre e solo con questa fronte scura e occhiali spessi che non ci mostrano mai la direzione del suo sguardo e di come queste caratteristiche ci impediscano di vederlo anche solo una minima volta come un papà, difatti.

È vero che è un “padre pazzo”. È letteralmente lo scienziato pazzo che i B-movie ci spiattellano sempre nelle opere horror, slasher e parodie associate. Ma se è vero che è anche un padre, perché non ci viene mai mostrato come tale?

Per quello che ne sappiamo il motivo per cui cercava di impedire Aya ad usare la motosega poteva anche essere che non voleva che “la sua bambola si sporcasse le mani e rimanesse pura e innocente”, in una sorta di feticismo.

Potrei citare anche altri personaggi, ma Alfred in questo senso è il personaggio più emblematico per introdurre un discorso più importante: egli è infondo il principale “villain” del gioco, dà il nome al titolo. Si tratta solo di uno degli esempi, approcciandoci in questo caso ai personaggi, per parlare del livello di profondità di un’opera creativa e che in genere va ad affiancare la main plot che viene narrata.

Ma cos’è il livello di profondità?

Semplicemente la somma dei livelli di lettura che offre un’opera creativa e la sua presenza nel nostro caso può distinguere a nostro parere un “bel gioco” da un grande gioco.
Per puntare più in alto, a tipi di prodotti high concept che poi diventano parte della cultura popolare.

Questo, ripeto, non vuole essere un difetto oggettivo (a noi, nei flashback, basta sapere che siamo dal punto di vista di Aya, che sia lei a vederlo come un punto di riferimento genitoriale) ma una spinta a cercare un costante miglioramento anche per i giochi che verranno.
Questo discorso sarà poi da trattare nei confronti di chi, pur seguendo le intenzioni da opera commerciale, che ha realizzato un risultato disastroso perfino nella costruzione della main plot.
Okay, in breve quando arriveremo ad Angels of Death ne parleremo in maniera più articolata (prendendo in ballo quella che è stata una grande opera animata per fare dei confronti, ma non anticipiamo altro al momento). In ogni caso, non riteniamo giusto dilungarci nel discorso in questo articolo.

Possiamo solo concludere affermando che la complessità e bellezza di un’opera si definisce anche e soprattutto dalla molteplicità di chiavi di lettura che si possono estrapolare. La chiarezza della main plot è essenziale e il preferibile punto di partenza per tracciare il percorso principale, ma da lì ogni utente si interfaccia deve sentire addosso il potere di poter costruire la propria deviazione.

Conclusioni

E questi, ladies and gentlemen, erano i tre masterpiece della Prima Generazione. Quelli che hanno spalancato le strade a tutti i titoli a venire, potendo questi ultimi essere immediatamente categorizzati dagli utenti e riconosciuti in quella che sembrava essere una corrente ormai quasi affermata che è quella degli HOR-RPG.

Come starete iniziando a notare le dinamiche di produzione stesse si fanno sempre più complicate, e noi speriamo di farvele comprendere al meglio in questo viaggio nella nostra personalissima macchina del tempo.

È nel prossimo articolo che sembreremo quasi fare un piccolo salto all’indietro: la scenografia perde il suo surrealismo e “pomposità”, tornando alla realtà quotidiana di tutti i giorni in un gioco alle prese con le vicende di un “ragazzo qualunque”. Per un attimo si riassaporano i fantasmi della Generazione 0 in The Crooked Man della Strange Man Series.