Cloé’s Requiem (1° PARTE) – Appendice: Personaggi multidimensionali

Essendo questa storia character-driven, come disse PaoGun poc’anzi con tutte le sue giustificazioni del caso, è nostro dovere focalizzarci quindi sui personaggi. Possiamo finalmente iniziare la nostra avventura!

Prima di entrare nel vivo, però, ci tenevo ad introdurre questo paragrafo con il fatto che questo titolo fu una delle opere che mi diede un’introduzione al come si danno sfaccettature ad un personaggio, al come sottintendere certi particolari della sua indole, e in generale al concetto di character analysis, che farò qui, dal character design fino alla rappresentazione di certi particolari inquietanti. Sicuramente non mancheranno delle critiche alla scrittura generale (perché, come verrà detto nella seconda parte, questo titolo soffre di gravi problemi anche a livello di scrittura, soprattutto della sottotrama soprannaturale…), ma… Aspettatevi i risultati di anni e anni di studio su questi ragazzi (in buona parte fatto anche da Pao), e preparatevi ad immergervi nella multidimensionalità dei personaggi di Cloé’s Requiem.

Saranno ordinati dal caso meno “interessante” a quello più complicato e divertente da analizzare, quindi…

Charlotte – La “maid” giapponese… In Francia?

Si, come avrete capito, la cameriera stalker Charlotte è il personaggio meno profondo del gioco.

E dai, mi capirete, guardatela già dal design!

(Non ho un’idea precisa di chi sia il ragazzo a sinistra. Viene da un gioco che Buriki Clock sembra sponsorizzare molto…)

È uno dei personaggi su cui mi offendo di meno, anche quando Buriki Clock fa le sue becere operazioni di marketing!

E questo è semplicemente perché è quella che segue di più lo stereotipo da cui il suo personaggio parte, quello della dandere giapponese.

Si, i fan di Puella Magi Madoka Magica hanno pensato subito a lei, la versione passata di Homura Akemi: ragazzetta timida con occhiali e treccine.

Apro questa parentesi: non so se sono solo io, ma soprattutto nelle opere nipponiche le treccine sono viste sempre come un simbolo di debolezza… Forse Charlotte con i capelli sciolti diventerebbe così?

Per chi ha visto il link, o semplicemente conosce lo stereotipo dandere, è possibile che mi dica:

“Dandere?! Charlotte non è per niente dolce, è una st-”

Infatti, sono d’accordo!

È praticamente una delle poche cose che la stacca dallo stereotipo della cameriera, appunto, dandere, devota al padrone, timida (soprattutto con l’altro sesso), in generale chiusa e taciturna (prima di essere ossessionata da Michel, dopotutto, lei non parlava neanche molto, ciò è perfettamente in linea per un personaggio dandere).

Però, ahimè, questa caratteristica dell’essere comunque delle cattive persone, pur basandosi sullo stereotipo della “ragazza timida” … Charlotte la condivide con un altro personaggio (e quindi, credo con tanti altri).

Toko Fukawa da Danganronpa: Trigger Happy Havoc.

Anche Toko, pur balbettando, avendo gli occhiali e… Beh, le solite treccine che, ora, colleghiamo ad un’idea di “debolezza” in generale, è una ragazza molto acida e antisociale.

“Why does e-everyone keep making fun of me…? I hope you all win the l-lottery and get hit by a b-bus…”
-Toko nel Capitolo 3 di Danganronpa Trigger Happy Havoc

“I’d love to s-scoop out that nasty brain of yours, throw it on the g-ground, and spit on it!”
-Toko nel Capitolo 5 di Danganronpa Trigger Happy Havoc

E ciò, assieme al suo atteggiamento a tratti quasi isterico quando è stressata/irritata, per me la rende un personaggio più particolare.

…A differenza della nostra Charlotte.

Seppur condividano entrambe le trecce, una abilità di relazione con gli altri pari ad uno sgabello e l’ossessione per la persona seria di turno (nel caso di Toko, Byakuya Togami) … Charlotte risulta molto più blanda come personaggio, dato che arrossisce spesso, ecc…

Però, parlando della sua ossessione per Michel, nel caso di Charlotte si aggiunge il fattore dell’oggettificazione (ripeteremo spesso questa parola, tenetela a mente!) di Michel, associando la sua figura a sicurezza e stabilità, dato anche il suo talento con il violino (che lo rende utile e capace a fare qualcosa, rispetto a lei che può solo pulire), eppure c’è qualcosa che non mi torna…

Ecco, questo carattere da… Pettegola? Non lo capisco proprio. È una ragazzina introdotta da poco nell’alta società, non credo che abbia avuto nella sua educazione l’indottrinamento a questo modo di fare (come vedremo più avanti con Pierre).

Eccola qui. Lei è Becky. Abbiamo voluto proporre una citazione d’onore a questo anime, Shōkōjo Sēra (Lovely Sara), che ha preso riferimento dal libro “La piccola principessa” (1905) di Frances Hodgson Burnett e come alcuni, forse, potranno ricordare se appassionati degli anime storici degli anni ’80, parla di una bambina molto ricca caduta in disgrazia a seguito della morte del padre, costretta a vivere in miseria e a lavorare come sguattera per il collegio a Londra in cui era ospitata. Tenevamo a citare quest’opera in particolare anche per fare un confronto tra prodotti audiovisivi nipponici che parlano di un certo contesto storico che ha vissuto l’Europa. Quello di cui stiamo parlando è certamente la Rivoluzione Industriale, fenomeno che si è accompagnato tristemente al tema della divisione della popolazione in classi ed in particolare allo sfruttamento del lavoro minorile di cui la serie parla, ci sembrava molto interessante introdurre l’opera da questo punto di vista.

Vi propongo un rimando alla superlativa colonna sonora dell’anime.

Aggiungo minuto 5.52 alla lista

Prego.

Ora, forza. Provate a immaginare Charlotte pulire i pavimenti di casa Alembert mentre cerca di stare bene attenta a non farsi vedere troppo tempo in giro dai residenti della casa. Perché la realtà sembrava essere questa, nei confronti dei lavoratori più umili.

Il personaggio di Becky nell’anime condivide la stessa storia di vita della nostra Charlotte, eppure oltre ad avere un carattere più spigliato pur essendo una ragazza dolce, non è cresciuta adottando i meccanismi che muovono la società borghese del tempo, quindi non ha sviluppato neanche la malizia che Charlotte dimostra molteplici volte

…Perché è molto più facile per un ragazzino essere empatico nei confronti dei suoi coetanei!

Questo errore si poteva sistemare se il bisogno di disegnare personaggi “carini”, assieme a quello di inserire la ragazza timida ossessionata dal protagonista, non fosse stato così importante.
Con le cameriere di casa Ardennes, nella cutscene della madre, vediamo delle ragazze che spettegolano sul fatto che Lady Ardennes sia diventata ormai vecchia, come ricorderete.

Ma quelle ragazze sembra lavorassero lì da un po’, ed essendo (al contrario di quella di Michel, che sembra caduta in disgrazia) la famiglia di Cloé parte dell’alta borghesia, molto probabilmente quelle cameriere avevano lavorato per altri signori. Infatti sono sicuramente molto più grandi della ragazzina che vediamo in casa Alembert.

Quindi, in breve, per sistemare questa parte del suo carattere che non trova una spiegazione molto logica sarebbe bastato dare a Charlotte qualche anno in più, così che potesse fare più esperienza sul funzionamento della società borghese.

Ma chiudendo questa parentesi, torniamo all’impressione generale che si può avere su questa ragazza.

Anche se ha questi momenti…

…Che la staccano un minimo dallo stereotipo, la cameriera di casa Alembert ha poco da analizzare, essendo lei alla fine solo un espediente narrativo per il primo omicidio di Michel (o forse sarebbe morta in maniera migliore dall’essere colpita da un lampadario in testa se non fosse stato così), essendo stata resa volutamente insistente su quel che il ragazzo odia di più.

Infatti lei nutre delle riflessioni che sarebbero palesemente più adatti al personaggio del signor Alembert, che continua (per i suoi fini) a spingere il figlio a suonare e far rendere conto al mondo delle sue abilità, ignorando qualsiasi tipo di fattore più emotivo come il litigio con Pierre, anche se dal punto di vista di Charlotte è stato messo giù come un “odio” che Charlotte prova verso l’altro gemello…
Ma, comunque, i concetti che la rendono solo un “trigger” per Michel non cambiano.

E infatti:

 

Eh, cara Charlotte, del tuo caro e psicolabile “young master” ne parleremo dopo…

Beh, se vi ha sorpreso l’aggettivo “psicolabile” collegato ad un personaggio come Michel… Nella sua analisi ne vedrete delle belle, ve lo assicuro.

Ma per ora andiamo al fratello, per cui Charlotte provava tanto astio.

Pierre – Un lato della facciata: il dramma dell’apparire

Ho una particolare preferenza per questo personaggio.

Ci viene presentato semplicemente come “il gemello (più… Figo, a detta di alcune fan…) di Michel”, anche lui biondo e con gli occhi azzurri.

…E che si tiene una bretella. Gli sta per caso stretta?

Andremo più nel dettaglio su questa cosa più avanti, ma…
Vi è mai capitato, quando siete davvero irritati, di avere un tick? Di infilarvi le unghie sotto la pelle della mano, mordervi il dorso?
Uhm, alcuni hanno probabilmente risposto di no.

Ahah… A me succede sempre…

Ehm, tornando a noi…
Superficialmente, quel che vediamo di lui prima del suo momento di breakdown, è semplicemente un ragazzo furbo, un po’ sul versante “smug” quando parla della palese ossessione di Charlotte.

Ma quello che lo fa saltare subito all’occhio, sempre parlando superficialmente, è la repressione della sua rabbia riguardo al fratello.

Ma non parleremo esattamente di questo, analizzando Pierre Alembert.
Torniamo a ore prima di questo suo momento di rabbia e liberazione.

Se questo dialogo a primo attrito mi sembra davvero didascalico, il potrait che mostra Pierre me lo fa elevare. Di molto, anche.
Più che un palesisissimo foreshadowing sulla sua frustrazione nel dover continuare ad esercitarsi rispetto al fratello, questa frase con collegato quel sorriso amaro… Me la fa suonare come una frecciatina.

Alla fine, è proprio questo che rende Pierre indimenticabile: l’amarezza costante.

Oh, a proposito di questi ultimi due screenshot.
Avete notato che cambio repentino d’espressione?

Nel penultimo stava ancora cercando di persuadere il fratello nel suonare da solo, dati gli ordini del padre… Quindi cercava di essere più convincente e meno disturbato possibile dalla cosa, anche se sicuramente (per com’è) lo avrà segnato.

Come è ovvio che l’acqua è bagnata, Pierre ha represso qui come ha represso la sua frustrazione da quando ha iniziato a suonare con Michel. È diventato ormai un maestro nell’arte della repressione!

Infatti, subito dopo un’attesa di 60 frame…

“Michel, lo dico per te, devi puntare più in alto…”

L’ha buttata sull’ “amore fraterno” che lui in questa scena palesemente non prova.
Infatti, appena il fratello lo contraddice, con l’infantilità (che analizzeremo più avanti) che lo contraddistingue…

“…Testa di cazzo.”

[…]

Sento le sue bestemmie da qui…

Ma perché e come ha imparato ad essere così, praticamente come una pentola a pressione?
Qui si arriva al motivo principale del perché Pierre sia il mio personaggio preferito (seppur il più complicato a livello di carattere sia suo fratello).

Pierre è figlio del suo contesto.

Non è da poco trovare questi tipi di personaggi, soprattutto nella corrente degli RPG Horror indipendenti. Questo è dato prevalentemente dal fatto che ci si concentra così tanto sui personaggi singoli… Da non prendere per niente in considerazione il contesto in cui essi sono.

Descriviamo Pierre con qualche aggettivo: falso, quindi “bipolare” (non nel senso di malattia, ma nell’accezione che si ha più comunemente del termine), frustrato fino ad arrivare a violenti scatti isterici (che riprenderemo con Michel), spigliato e (volendo) buon oratore.

Ditemi: nella sua situazione nel XIX secolo circa come si comporterebbe un ometto perfetto pronto per diventare gentiluomo?

Sembrerà una domanda un po’stupida, ma come dicevo non è molto comune trovare personaggi così integrati con il loro ambiente. Se le miriadi di opere in costume che è possibile vedere di questi tempi non vi aiutano a trovare una risposta concreta, vi dico io che la società al tempo era anche più marcia rispetto a quella che tanto critichiamo adesso. Seppur io non sappia molto di storia (la parte della letterata che vi dice tutto nel dettaglio la lascio a mia sorella, lei sa di più di me…) posso dire che era basata proprio sugli stessi principi su cui si basa Pierre; tra cui la repressione di sentimenti negativi (come l’odio viscerale) per salvare la propria facciata.

Questa così grande integrazione nell’ambiente viene ovviamente dall’esempio di uomo che Pierre ha avuto per tutta la sua vita, suo padre: classico uomo del tempo molto distaccato verso i figli, anzi disposto a sfruttarli per risalire dalla sua perdita di denaro. Pierre ha quindi imparato anche il come colpire senza essere troppo diretti con le parole.

Ma negli esatti momenti in cui viene usata questa espressione (pierre3-5 nei file di gioco), assieme al dettaglio costante che c’è in ogni suo potrait, ovvero tenersi la bretella destra, la facciata si rompe per quei cinque secondi di “…………..”, solo per poi far vedere di nuovo Pierre fingere.

Vi ho fatto una domanda, prima:
“Vi è mai capitato, quando siete davvero irritati, di avere un tick? Di infilarvi forte le unghie sotto la pelle della mano, o mordervene il dorso?”

Ecco, se prendiamo in considerazione la sua natura da persona repressa, possiamo interpretare la tenuta della bretella come uno di questi tick di cui parlavo prima.

Secondo me è questo che lo rende davvero inquietante come personaggio; dimostra (seppur marginalmente perché il gioco si concentra poi su altro) anche da una parte gli effetti dell’educazione del tempo…

Che alla fine gli ha fatto male a livello mentale (ovviamente, no?). Non essendo un uomo già stabile mentalmente (e, anche in quel caso, molti finiscono per impazzirci per i sentimenti accumulati), ma un adolescente alla fine: l’età più instabile di tutte a livello emotivo. L’abitudine alla pesante costrizione da parte di suo padre e ad un confronto così diretto (date le critiche della gente) con il mondo e con suo fratello l’hanno portato a scatti violenti, pensieri d’odio verso chi ci tiene a lui, e momenti di isteria pura… Che ha dovuto sempre coprire alla fine con la falsità.

Pierre, alla fine, rispecchia un po’ l’idea del tempo che si aveva dei ragazzi come degli adulti in miniatura. Infatti agli occhi di alcuni giocatori, Pierre è diventato nient’altro che un verme represso, pronto a minacciare il fratello di uccidersi.

Beh… Per passare al prossimo personaggio, spostandoci da casa Alembert…

“And I’m certain, life is terribly hard…”

Cloé – “Façade”, nella sua completezza

“When your life’s a façade!”

Eh sì, ora parliamo di questa povera ragazzina. Si, se non l’avete capito mi fa davvero tanta tenerezza e… Pena.
Beh, già dalla continuazione del brano avrete capito che anche con lei parlerò di volti molteplici, sicuramente.
A ciò, però, ci si poteva arrivare già solo guardandola in… Faccia. Haha. Sono simpatica.

A parte la sua espressione, su quel faccino, sotto quegli occhietti viola rotondi, che suggeriscono un personaggio tanto carino, tanto (seppur odi usare questo termine per lei…) “moe”…

Non è una caratteristica della produzione astrale, quando è già morta, il potrait che ho preso in considerazione ha il nome di “cloe life 1-1”, quindi è stato usato nei flashback del gioco. Quindi possiamo considerarla proprio una cosa del suo design, che ci suggerisce fin da subito la sua doppia…

(Ogni volta mi piace notare il dettaglio che la pelle della Cloé vivente dei flashback e quella della produzione astrale sono diverse)

Tripla…

Quadrupla faccia.

Okay… Qui dobbiamo andare già con molta calma… Analizzeremo ognuno di questi atteggiamenti di questa povera stella.

Prima facciata: Produzione astrale – “Malinconia kawaii”

Si, è un titolo abbastanza strano. Ma se prendiamo in considerazione come si atteggia in questo stato… Potete capire.

Essendo io una cosiddetta “basic bitch”, l’atteggiamento di Cloé in queste scene mi ha fatto sempre sorridere, è tanto carina lei!
Soprattutto quando ne conosciamo il passato, il giocatore è portato a provare empatia per questa povera ragazza traumatizzata dall’infanzia per via di un mostro che si è ritrovata come padre (che poi ha condizionato l’intera famiglia ad abbandonarla a sé stessa.)

Questo è soprattutto per via dell’elemento con cui vi sto tartassando.

(Scarface, 1983.
Si, si, sono sempre io, Ele, a scrivere questa parte dell’articolo, ve lo assicuro.)

Così come per Pierre (anche se a dirla tutta per me Buriki Clock ha fatto un lavoro magistrale con le espressioni di tutti i personaggi), i potrait di Cloé per via di come è stata strutturata la sua intera espressività facciale tramite i grandi occhi viola comunicano quasi sempre malinconia, anche se ha un design per cui alcuni la considerano una “loli”.

Beh, dopotutto Nanashi No Chiyo stessa, parlando della cugina, ha esternato la sua abilità per il character design anche in un’intervista.

Nubarin’s drawings have different facial expressions depending on the character. A bright character has a cheerful laugh, and a cool character has a modest laugh. It also depends on their personality. You can tell which character they are by just looking at their face without the hair.

Infatti, avrete notato già nel primissimo potrait che vi ho mostrato che ha per la maggior parte del gioco le sopracciglia, anche solo un po’, arcuate. Questo, salvo in alcune espressioni, le dà molte volte uno sguardo perennemente triste, per quanto la bocca sorrida.

Quindi possiamo dire benissimo che il vero dramma di Cloé non è la sua maledizione, che stava “prendendo il sopravvento” prima della sua morte… Di quella, però, parleremo alla fine.

Seconda facciata: Il diario – “Io sono umana”

Queste frasi, per quanto anche didascaliche, non falliscono mai nel rendermi triste. Nel diario di Cloé ci viene mostrata la sua parte più seria e addolorata, quella che ci ha sempre nascosto fino alla fine del gioco la sua produzione astrale.
Cosa dire? Una ragazzina dall’infanzia calpestata, come dissi qualche riga fa, che però ha sempre capito che quel che ha sopportato è ingiusto (a differenza di Pierre, che ha finito per imparare dal suo genitore abusivo).

[…]
“Friendliness, gentleness,
Strangers to my life,
They are there in his face…”

[…]
“I am in love with the things
That I see in his face –
It’s a memory I know
Time will never erase…”
Sympathy, Tenderness
(Jekyll&Hyde: The Musical)[2]

So bene che il tema di quest’articolo è collegato a Façade, ma non mi sono trattenuta dal citare quest’altra canzone del musical.

…Ma che alla fine è finita per fidarsi di quello che (come vedremo nel suo paragrafo e come vi era stato introdotto da PaoGun) alla fine, quando sarebbe tornato da lei per “salvarla”, avrebbe condiviso le frasi in rosso con il suo stesso predatore, colui che rappresenta alla fine quello che è davvero… Sfortuna, chiamiamola così, diversa da quel che intenderemo più avanti come “maledizione”:

L’oggettificazione.

Si, ve l’ho messo in italic, bold e ho reso anche più grande il testo.
È un tema praticamente centrale nel gioco, soprattutto quando si parla di Cloé.
Ve l’aveva introdotto anche PaoGun nella sua parte di articolo, questa ragazza è stata oggettificata praticamente da tutti, a partire dai suoi stessi genitori.

“Non sono la bambola di nessuno”
(lo interpreto anche in generale come “giocattolo”)
Né un animale da compagnia”

“Quell’animale di pezza”
[…]

“Tu esisti per me. Perché sei mia figlia.”

[…E altre frasi simili, ma l’oggettificazione potete capirla benissimo dato quel che Alain ha fatto a Cloé]

“Nessuno la pensa così.
Né papà. Né mamma.
Nessuno.”

“…Non arriva nessuno”

Quindi, dopo questo bel momento quasi strappalacrime…

Come avrà reagito la fragile mente di Cloé a questi traumi collegati alle persone malate della sua vita?

Terza facciata: Cursed Cloé – Le maledizioni come malattie

Ha creato un’altra Cloé.

Ora, finalmente siamo arrivati al main event per quanto riguarda ‘sta ragazza.
Questo è perché sfruttando la facciata della “maledizione” vorrei introdurre un’intera teoria su cui si basa anche il titolo di questa… Parte di paragrafo.

“Le maledizioni come malattie”

Ora, io non conosco così bene la psicanalisi per fare delle diagnosi complete, (quando ci sarà da farle, mi aiuterà Pao) ma ragionando assieme a mia sorella abbiamo tirato fuori questa teoria. Su cosa si basa?

“Insomma, questa rappresentazione e continuo distanziamento che il libro prende, sotto forma di titolo investigativo, dal beneamato da tutti Dott. Jekyll, potrebbe ricordarci sicuramente il livello di distanziamento e demonizzazione che si fa delle maledizioni.”

Disse Pao, nella sua parte dell’“Asso Nella Manica”. Sicuramente le maledizioni vengono prese sia da Cloé, sia da Michel, come “cose” separate totalmente da loro…
Ma secondo me, nel caso di Cloé, questa cosa non è totalmente falsa.

Tornando al classico che abbiamo preso in considerazione per molte parti di questo Back To The Future… Se Jekyll si è separato totalmente dalla sua parte malata e, nel suo caso, anche omicida… Cloé l’ha fatto inizialmente tramite la dissociazione mentale.
Come dissi inizialmente, ha “creato un’altra Cloé” come strategia adattiva per il suo trauma (tenete in mente i termini “strategia adattiva”, torneranno anche nel caso di Michel).

Quindi, per chi sa un po’ come funziona la psiche umana…
Si, Cloé Ardennes soffre di DID, Disturbo Dissociativo dell’Identità.

Per chi non ha capito ancora questo discorso che vi dico, faccio fatica anch’io a spiegarvi, possiamo aiutarci insieme con Wikipedia, anche se non sono consigli clinici veri e propri:

“I sintomi come l’amnesia dissociativa, la depersonalizzazione e la fuga dissociativa sono correlati alla diagnosi del DDI e non vengono mai diagnosticati separatamente.”

Immagino sia un chiaro esempio di “depersonalizzazione”
“Non sono Cloé.”
“La vera Cloé è stata maledetta.”

E se prendiamo in considerazione il fatto che si è dissociata come strategia adattiva… Abbiamo una fuga dissociativa.

“Per fuga psicogena o dissociativa si intende un improvviso, inaspettato allontanamento dal proprio ambiente, con incapacità a ricordare il proprio passato, confusione riguardo alla propria identitàe parziale o completa assunzione di una nuova personalità.”

Assunzione di una nuova personalità, quando ha ucciso suo padre…

Inoltre…

“La maggior parte dei pazienti affetti da DID aveva subito abusi sessuali o fisici
[…]

Credo che tutti i pezzi si uniscano: Cloé è una ragazzina malata, prima di essere una ragazzina “maledetta”.

La maledizione della casa, che ha approfondito Pao nella sua parte di questo grandissimo paragrafo, ha fatto semplicemente in modo di dividere dal punto di vista fisico le due parti nella testa di Cloé, quindi rappresenta appieno la sua dissociazione mentale, che però aveva già fatto in passato, quando sentiva che stava subendo gli effetti di “una maledizione”.

Quindi, Cloé dopo la morte si è divisa in due facciate differenti.
Ma la Cloé che scrisse di tutti i suoi tormenti e dispiaceri nel suo diario, la Cloé che fu segnata davvero dagli abusi subiti… È quella che vedrete se sovrapponete queste due CG.

Cloé non è né un “orsacchiotto”, né un demone se si ribella a questi trattamenti.

Lei non è né lo spirito dolce e quasi santo di una morta, né una bestia sanguinaria consumata da una maledizione. Cloé, alla fine, è solo una ragazza malata. Una persona, come lei stessa sottolinea.

O almeno questa sarebbe stata la morale dell’intero gioco (capirete il perché più tardi) se non ci
fosse stata una certa sottotrama!

Vi suggerisco solo un piccolo indizio. Per chi conosce il musical da cui stiamo prendendo ispirazione può intuire che in tutto questo non abbiamo mai citato un brano….

…Un certo brano che si chiama “Confrontation”. Questo perché Cloé non ha mai avuto la possibilità di confrontarsi realmente con la sua maledizione!

Il suo personaggio aveva un ottimo potenziale ma, come avete visto, tutto quello che abbiamo descritto qui sono facciate. Le numerose sfaccettature della sua personalità non si incontrano mai, non abbiamo mai l’occasione di vedere una vera e propria cronologia del suo cambiamento psicologico.

Il motivo? Beh, lo vedremo nei Difetti dell’Opera il motivo.

Perché questo gioco, oltre alla poca chiarezza (ripetiamo nuovamente che nel paragrafo dedicato spiegheremo ovviamente il perché è poco chiaro) ha anche una falla pesantissima che causa un sacco di contraddizioni e che ha ostacolato la costruzione del personaggio di Cloé.

Per il momento quindi rimaniamo fermi a questo punto e torniamo a concentrarci sull’interpretazione della personalità multipla.

Ora mi direte:

“Mio Dio, se Cloé soffre di questi problemi, Michel che diavolo ha in testa?!”

Lo vedremo presto. E ho paura io, che lo so da anni e devo scrivervelo.

Michel – …Cristo.



…Okay, iniziamo!

Non lasciatevi ingannare dal suo bel faccino. Potreste pensare che è il tipico ragazzo kuudere, infantile, problematico… Ma in realtà è molto peggio.

Michel Alembert. Come posso iniziare a spiegare Michel Alembert?[3]

Per comprendere totalmente questo personaggio… Andiamo dall’inizio della vita che noi conosciamo, va bene? Poi ci allargheremo…

Si, la mia paura di parlare di lui è papabile, perché semplicemente non voglio mancare alcun dettaglio da almeno dieci anni di analisi solitaria (da parte mia e di mia sorella) su questo ragazzo!

Quindi… Si, essendo lui il protagonista, quindi l’unico che ha un character development effettivo, ed essendo anche il personaggio più complesso del gioco… Dovremmo dividere il suo cammino in parti, e dovremo seguire gli eventi cronologici al posto dell’intreccio.

Fase 1 – La diagnosi

Prima di passare al tema principale di questa prima fase, ricapitoliamo qualche elemento cruciale della vita di Michel. Aiuterà con la sua diagnosi finale.

Ovviamente, per come suo padre lo tratta, Michel ha dei dubbi sul fatto che lo stia effettivamente usando.

Con questo dialogo che accade qualche giorno dopo… In cui ci spiattellano l’informazione praticamente in faccia, sappiamo che i dubbi di Michel sono fondati.

Ma il dialogo successivo sarà probabilmente più importante del precedente, dato che è quello che fa arrivare al limite il ragazzo.

“Dopo aver passato i vent’anni, sarà una persona ordinaria.
Meglio usarlo ora, quando possiamo…”

Questa battuta (strutturata anche meglio a livello di dialogo), ovviamente lo segna. Soprattutto per il termine “usare” che ha utilizzato suo padre per parlare di lui.

Qui ritorna un caso più o meno analogo a quello di Cloé, e un altro tema centrale del gioco: lo sfruttamento dei fanciulli, seppur da diversi punti di vista. Lo abbiamo molto marginalmente anche con Charlotte.

Questa scena, dove si confermano i dubbi di Michel sul suo palese sfruttamento, avviene dopo la “morte” della gatta di Michel, Cloé.

Ecco, andiamo per un attimo alla gatta, e il perché l’evento della sua “morte”, aggiunto alla rivelazione dei sospetti fondati di Michel, l’ha fatto arrivare all’estremo (anche se, questo lo vedremo più avanti nella sua diagnosi, lui era un soggetto già disposto).

-Cloé, oggetto transizionale-

Mi sono sentita in dovere di mettere un titoletto a questa parte, seppur rientri nel primo pezzo di questo lungo paragrafo su Michel.

La ricordate la sua gatta, no?

“Sento… Che mi sta confortando, in qualche modo.”

Quel potrait, a mio avviso, è davvero inquietante.
Davvero, per come è veloce il cambio d’espressione sembra un jumpscare.

E sapete cosa vi dico? Che quel potrait è perfetto per la situazione!
Anzi, è più che altro perfetto per la parallela che vi farò vedere più avanti, dato che in questa scena Michel sembra non avere alcuna colpa, dato che si prende cura di un gatto che lo ha aiutato a passare quel momento difficile.

Ma perché allora ho usato termini più “gravi” come “oggetto transizionale”?

“L’oggetto transizionale è spesso il primo possesso “non io” che appartiene veramente al bambino. Questo può essere un oggetto reale come una coperta o un orsacchiotto, ma altri “oggetti”, come una melodia o una parola, possono anche svolgere questo ruolo.”

Beh, si, avete presente lo stereotipo nei film del bambino (magari un fratellino) più piccolo che ha sempre un qualche tipo di orsacchiotto in mano? Ecco, collegate questo discorso a questo.

Ma vorrei collegare questa parte precisa del concetto a Michel…

“L’oggetto transizionale è spesso il primo possesso “non io” che appartiene veramente al bambino.”

Non preoccupatevi, capiremo tutto più avanti con la scena che soprannominiamo “How Filthy”.

Per ora volevo solo introdurvi il concetto dell’”oggetto transizionale” collegato a Cloé… Assieme a quel potrait inquietantissimo.
Come dicevo, rivedremo tutto questo più avanti, e quando rivedrete questo concetto… Ooh, lì inizierà il vero motivo per cui Cloé’s Requiem è un gioco “horror”.

Possiamo però concludere che, molto probabilmente per la mancanza di affetto familiare, (suo padre lo tratta come lo sappiamo, la madre… Non è pervenuta, forse è morta, o qualcosa del genere. Se qualche fonte ci può confermare che la signora di casa Alembert sia deceduta, credo che ciò possa rafforzare ancora di più la mia tesi finale) Michel non sia ancora arrivato completamente alla fase in cui ci si stacca da un oggetto transizionale.

Ora, senza andare in discorsi più clinici complicati e anche inutili, Michel ci è descritto continuamente come infantile.

“…Per via dei tuoi desideri infantili, mi dai sempre un sacco di problemi!”
Qui ancora una volta possiamo notare il come Pierre, pur essendo il fratello minore, guardi Michel dall’alto in basso, avendo capito come funziona il mondo prima di lui.

“È vero. Si lamenta, fa i capricci…”

“…Come un bambino” aggiungerei.

Questi sono solo due esempi. Quindi la tesi di un mancato sviluppo da questo punto di vista, per via della mancanza di affetto (o un improvviso distacco da esso, se la madre dei due fratelli si conferma morta), a questo punto è totalmente possibile.

Ma oltre al bisogno costante di qualcosa che lo conforti, che effetti ha provocato questa mancanza nella vita di Michel, dal punto di vista del suo comportamento?

Aiutiamoci ancora una volta con Wikipedia, come abbiamo fatto con Cloé.

Molti dei punti citati saranno collegati alla scena del suo primo omicidio, quello di Charlotte, anche se non mancheranno punti precedenti a questa.

Attenzione, però. Michel non è sceso completamente nel baratro della comunemente chiamata “psicopatia”. Michel per tutto il gioco è stato un soggetto molto predispostoe che ne stava iniziando a mostrare i sintomi. Semplicemente se non fosse stato aiutato in tempo (come vedremo nella terza parte, “La terapia”) sarebbe combaciato perfettamente con queste descrizioni… Perché alcuni atteggiamenti, anche all’età in cui ci viene mostrato nel gioco, ci si avvicinano paurosamente.

Si, ci siamo arrivati, siamo al titolo di questo paragrafo.

“La psicopatia può indurre a commettere atti di una crudeltà impressionante, in quanto non è possibile alcun feedback sulle emozioni provate dalla vittima.”

“Eh?”
Ma che reazione è, quando vedi una ragazza morente che chiede aiuto?!

La cosa ancora più “bella” è che lui… Se ne va. Fugge. E lascia Charlotte lì.

“Gli psicopatici ottengono soddisfazione dal loro comportamento, e non provano colpa né rimorso per le proprie azioni. Su qualsiasi minaccia o danno causato a terzi, gli psicopatici non provano vergogna né senso di colpa, mentre invece razionalizzano il proprio comportamento, incolpando qualcun altro o omettendo qualsiasi responsabilità”

“Se sono colti in fallo o posti di fronte a domande impreviste, semplicemente rielaborano la propria narrazione per adattarsi alla nuova realtà senza fermarsi a riflettere sulle cose.”

Si, questi pensieri vengono in maniera direttamente successiva tra loro.

“Hare (uno studioso, sembra) scrive di un assassino condannato che ha parlato dei propri omicidi in maniera del tutto spassionata, in un modo disinteressato”

«Ho dovuto rubare a volte per uscire dalla città, sì,
ma io non sono un criminale del cazzo»
-Ted Bundy, famoso serial killer

(Qui abbiamo semplicemente la famosa “propensione alla menzogna” degli psicopatici”)

Ma anche prima di questo momento, i sintomi che Michel mostra come soggetto a rischio ci sono anche in scene come

“Sono noti per rompere le relazioni, i piani e lasciare i lavori a metà

“Generalmente non sono imbarazzati o preoccupati per la mancanza di successo nella vita.”

“Sul posto di lavoro, anzi, sono noti per la frequenza irregolare, assenze frequenti, ed inaffidabilità.”

…Ci sono chiari segni di un soggetto propensoa soffrire successivamente di una forma di psicopatia.

Ma perché sottolineo sempre i termini “propenso” o “a rischio”?

“Gli psicopatici non percepiscono le proprie emozioni come le persone normali: alcuni medici le hanno descritte come semplici “proto-emozioni” ovvero ‘primitive risposte alle esigenze immediate’”

Vi sembra una proto-emozione, questa?

Delle reazioni come queste combaciano con quest’altra frase?

“Anche se gli psicopatici non sentono le emozioni in profondità, spesso fingono di farne esperienza.”

Assolutamente no.

Ecco, ricordate questa parte? Dove la citazione diceva:
“Se sono colti in fallo o posti di fronte a domande impreviste, semplicemente rielaborano la propria narrazione per adattarsi alla nuova realtà senza fermarsi a riflettere sulle cose.”

C’è un’incongruenza. Michel in realtà riflette sulle sue azioni, le domande di cui ri-elabora le risposte se le fa lui stesso.

Inoltre, mostrandovi gli screenshot di prima, volevo farvi notare che in Michel non si è ancora sviluppato completamente l’elemento principale che contraddistingue gli psicopatici: la mancanza di empatia.

Anche se dimostra molte volte (soprattutto nelle situazioni che gli danno fastidio) un comportamento distaccato (diamine, lo stereotipo del kuudere su cui è basato trova le sue fondamenta in questo!) non si vede mai, a parte durante i suoi scatti di violenza, una mancanza totale di empatia nel personaggio.

Ma anche se abbiamo questi segni che ci possono far tirare un sospiro di sollievo nella sua salute mentale… Beh, il suo personaggio viene messo spesso in parallela con quello di Alain Ardennes, uno dei più grandi mostri che abbiamo visto in questo gioco.

Fase 2 – I danni

“Sympathy, tenderness,
Warm as the Summer,
Offer you their embrace.”

“Friendliness, gentleness,
Strangers to my life,
They are there in this face”

“Goodness and sweetness
And kindness
Abound in this place!”

(Immagini dalla produzione di Jekyll&Hyde del 2012 con David Hasselhoff)

[…]

Sympathy, Tenderness (Reprise)
(Jekyll&Hyde: The Musical)

Lo so, con quest’introduzione vi avrò fatto venire un infarto… Ma vi sarà spiegato tutto. Per ora, concentriamoci sull’ultimo screenshot.

“Ti amo.
…Buona notte, mia Cloé”

Anche all’inizio del gioco Michel ha una frase in rosso simile, dove considera Cloé come “sua”.

L’avete vista anche nell’introduzione del suo paragrafo, no?

Cosa? “Non è sua?”
“È detta da Alain?”
“Stai male interpretando tutto?”

Ah… Devo ricordarmi di non avere a che fare con chi si è giocato Cloé’s Requiem almeno 10 volte.

Allora… Partiamo dai fatti successivi alla scena del suo primo omicidio, va bene?

 

“Ho ucciso un animale per divertimento. Poi sono diventato dipendente. Ci sono sempre gatti ed uccellini morti in camera mia.”
-Diario di Alfred Drevis, Mad Father

“Le loro vite non valgono così tanto…”
(Parlando di un criceto)
-Yuuya Kizami, Corpse Party: Blood Covered

“Precoce sadismo, spesso espressa come crudeltà verso gli animali”

Okay, avete capito quanto può essere grave la sua situazione?
Bene, passiamo a qualcosa di ben peggio, che vi aiuterà a capire il significato della frase “Mia Cloé, mia e mia soltanto” collegata a Michel.

“E’ come se l’avessi uccisa”

…Anche se, per dire, poteva essere sopravvissuta scappando e quindi poteva anche essere viva.

“Se mai tu dovessi andare via da me… Anche se avessi vita, per me sarebbe come se fossi morta.”

Questa frase c’è dopo il primo flashback di Cloé, quello con la Moonlight di sottofondo. Alla fine dello spettacolo e convenevoli finali, prima di scendere al piano terra illuminato… C’è questa frase, totalmente fuori contesto.

Non credete che questi ultimi screenshot si colleghino fin troppo bene alla situazione di Michel con la sua gatta?

“È andata nelle montagne da sola, senza di me. Quindi per me è morta.”

Quindi, se entriamo nella mentalità che le frasi in rosso, che sembrano totalmente fuori contesto, sono in realtà specchio delle situazioni di Michel e pensieri di Alain, alla fine…

Si, il gioco ci da una correlazione palese tra i due.

Non preoccupatevi, prendetevi un tè. Vi faccio attutire il colpo…

Perfetto, break time finito! C’è ancora tanto da dire, dai!

Ma a cosa serve questa correlazione? A farci inquietare ancora di più quando parliamo di Michel?
…Non esattamente.

“Ahh e dai! In quella scena Michel era stato posseduto da Alain, il collegamento è ovvio che ci sia!”

Uhm… Più o meno.

Per arrivare a quel momento, che analizzeremo più tardi, si passa per vari stati…

(Si intende Cloé. Hm… Gli fa recuperare sanità mentale… Ci arriveremo più tardi.)

(Questa opzione di dialogo è possibile ottenerla PRIMA di aver letto il diario di Cloé)

“Ma sei normale?”
-Io, Ele, dopo aver avuto questa opzione, circa un anno fa

“No! Non lo è!”
-Io, a scrivere quest’articolo alle 18:02 del 29/12/2020

Questa opzione apparentemente inutile… O fatta solo per far vedere Michel arrossire, in realtà è mooolto preziosa per la scena che ora analizzeremo…
Finalmente, ecco a voi la scena di cui nessuno sembra aver capito niente

– “How filthy” –
oppure
 –Cloé, oggetto transizionale: Parte 2-

Quindi, abbiamo già appurato che Cloè (si, per comodità d’ora in poi differenzierò le due dall’accento… La gattina nera avrà l’accento grave – Quindi Cloè, la ragazza quello acuto- quindi Cloé) ha svolto la funzione di oggetto transizionale per Michel nella sua vita, finché essa non è “morta” ai suoi occhi.

Ma hey! Una ragazza con i capelli scuri e atteggiamento innocente è ancora viva!

Una cosa che alcuni hanno capito è stata questa.

Michel, malato com’è, pensava che Cloé fosse la reincarnazione umana di Cloè.

Si, questo ragazzo ha pensato veramente che Cloé fosse la reincarnazione di un gatto!

…Almeno, secondo questa teoria.

Quella che vi presenterò, invece, credo fili di più con il suo ragionamento.

Ora, ricordiamo sempre il discorso dell’oggetto transizionale.
Michel non pensava esattamente che Cloé fosse la reincarnazione della sua gatta, ma ha inconsciamente (almeno, prima della scena da cui viene lo screenshot di sopra) reso Cloé una sostituta del suo primo oggetto transizionale, Cloè.

Questo ragionamento spiegherebbe questa scena.

[……..]

“L’oggetto transizionale è spesso il primo possesso “non io” che appartiene veramente al bambino.”

Ricordate?

Quindi possiamo intuire che avendo preso Cloé come suo “oggetto” di conforto, vedere l’album di fotografie del padre l’ha resa “impura” ai suoi occhi…

Ormai Michel aveva collegato la ragazza a qualcosa di bello, qualcosa di puro, innocente e sicuro. In quest’esatta scena, lui si ritrova a smitizzarla, descrivendola come “sporca”.

Una motivazione aggiuntiva potrebbe essere il perché qualcun altro l’aveva toccata. In quasi ogni senso possibile.

Quindi l’ha letteralmente usata come oggetto di conforto, arrivando anche alla possessione.

“Ma come? Anche Michel era stato sfruttato e trattato come uno strumento, com’è possibile che abbia trattato Cloé così?”

Torniamo per un attimo a Michel e la rivelazione (oddio, adesso, “rivelazione” …) dello sfruttamento da parte di suo padre.

“…Quindi sono così le cose.”

Mi prendo la libertà di interpretare questa frase con: “…Quindi così gira il mondo.”

Ricordate il caso di Pierre?

“Questa così grande integrazione nell’ambiente viene ovviamente dall’esempio di uomo che Pierre ha avuto per tutta la sua vita, suo padre: classico uomo del tempo molto distaccato verso i figli, anzi disposto a sfruttarli per risalire dalla sua perdita di denaro.”

In questa scena si ha l’esatto momento in cui si verifica la stessa identica cosa.
Seppur lo disprezzi, dato che “alla fine è così che va nella società” Michel ha inconsciamente oggettificato Cloé a sua volta come strategia adattiva per gli abusi subiti.

E questa frase lo spiega.
“Perché devo essere usato da uno così?”
E soprattutto, aggiungo io…
“Perché devo essere io quello che viene usato?”

Quindi, dopo essere arrivati a questa conclusione con Michel… Pensiamo a quella povera ragazza, pensiamo a Cloé. Mio Dio, non fugge mai da questa cosa! Non fugge mai dall’essere oggettificata!

Sua madre, suo padre e Michel…

Tornate per un po’ indietro, quando mia sorella vi ha parlato della fotografia di Cloé’s Requiem.

“La tinta schermo che si fa prima scura e poi sempre più rossa supporta la visione della realtà estremamente psicologizzata del ragazzino, perché in questo punto particolare della trama la regia è tutta è incentrata sui personaggi che sono le vere star del gioco.”

Abbiamo un caso molto più sottile in questa scena… Anzi, nell’intera stanza di Alain.

Le tinte sono blu, quasi violacee. A suggerirci una dimensione parallela e demoniaca, se vogliamo esagerare con l’immaginazione… Ciò è perché il gioco ci tiene a farci, appunto, demonizzare il più possibile Alain come figura, come se fosse una bestia.

Torniamo ancora una volta dal romanzo da cui abbiamo preso riferimento per tutto l’articolo. Pensavate che Michel non c’entrasse nulla con il discorso del doppio, eh?

(Avrei tanto, tanto voluto farci un disegno…
Ma per mancanza di tempo, ecco questo.)

Ed eccoci tornare all’inizio di questo lungo, lungo paragrafo!

Spero che sia stata chiara con questo discorso. È stato davvero difficile per me da fare, essendo anche molto complicato e che toccava un sacco di temi diversi e un sacco di scene diverse…

Quindi, prima di arrivare alla sua terapia, che equivale alle fasi finali del gioco…

Ricapitoliamo quanto diavolo è problematico questo qui, tramite un semplice elenco con un solo screenshot o due ad accompagnare ogni punto… Dove spiegherò anche meglio alcuni dettagli.

  • Michel, essendo sempre stato sfruttato da suo padre, ha sviluppato alcuni sintomi per cui si può intuire che sia un ragazzo che rischi di diventare psicopatico avanzando con l’età.

(Tra cui grande infantilità e alcuna preoccupazione su eventuali insuccessi nella vita, come in questo caso lavorare per suo padre)

  • Inoltre, l’affetto che non ha mai avuto nella sua famiglia (o da cui si è staccato improvvisamente) gli dà il bisogno costante di attaccarsi a qualunque cosa possa collegare a sentimenti positivi, rendendo quindi la prima gatta che trova in casa sua il suo primo oggetto transizionale, a cui dà il nome Cloè.

  • Dato tutto quel che è successo con suo fratello, la scoperta che i suoi dubbi sul fatto che venisse sfruttato fossero fondati e la morte della sua gattina, Michel compie l’atto estremo contro la cameriera Charlotte.

  • Questo è il suo breakpoint, quello che aumenta ancora di più il rischio che diventi irrecuperabile, rendendolo persino disinteressato all’atto dell’omicidio. Quindi, in automatico, rendendolo disinteressato al valore della vita umana.

  • Per scappare da casa sua arriva a casa di Cloé. Il voler aiutarla e l’essere gentile con lei da parte di Michel derivano dal fatto che, somigliando in “innocenza” alla sua gatta Cloè, lui inconsciamente abbia trasformato Cloé nella sua testa nel suo secondo oggetto transizionale.

  • In breve, lui l’ha oggettificata, come ha sempre fatto suo padre con lui, e come ha fatto il padre di Cloé nei confronti della figlia. Questo dà al gioco la possibilità di fare un inquietante parallelismo tra i concetti espressi da Alain e i concetti espressi da Michel, che sono identici in più scene.

  • Quindi Alain può essere la parte “bestiale” di Michel, per via dei suggerimenti dati dalla regia e la stessa possessione e oggettificazione che hanno fatto nei confronti di Cloé, cosa che purtroppo li unisce.
    La tesi del doppio si rafforzerà ulteriormente quando parleremo del combattimento finale contro di lui.

  • L’unica cosa che li differenzia è il motivo dell’oggettificazione di Cloé:
    Michel ha, come fanno molti ragazzi non diagnosticati e/o curati dalle malattie subite tramite abusi, ritorto il suo trauma dell’oggettificazione contro Cloé, come strategia adattiva. Per Alain, era solo mera e malatissima lussuria.

  • Questo spiega “How Filthy”, la scena dell’album di foto:
    Michel, avendo reso Cloé il suo secondo oggetto transizionale, quindi qualcosa di bello, carino, innocente e positivo per forza… Quindi non considerandola neanche più come una persona con i suoi problemi, è più scosso del normale mentre vede l’album di foto di Alain, e la sua considerazione di Cloé si abbassa al punto di considerarla “sporca”.

Vaaaa bene… Quindi, da questo punto…
Come si evolve il tutto? Come ha Michel il suo percorso di redenzione?

Fase 3 – La terapia finale

Okay… Da questa parte in poi possiamo riprendere aria, seguiremo più o meno i fatti cruciali in maniera più o meno perfettamente cronologica.

Durante questo momento…

Per far andare avanti la storia è necessario andare in camera di Cloé.

[…]

E dico, a questo punto, dato che Michel non l’aveva considerata come umana fino al momento che vedremo adesso…

Cloé, cara, pensavi che lui dovesse salvarti?!
LUI?![4]

Ma tornando a noi…

Ecco, da questa scena in poi inizierà quella che chiamiamo la terapia di Michel, per far ripristinare valori che per tutta la sua vita ha solo perso.
In questa scena recupera il più grave: la considerazione della vita umana, che aveva perso con l’omicidio di Charlotte.

“Cloé è uguale a me”
A pensarci, avendo buttato giù l’intera seconda parte in una giornata (che sto continuando adesso, attualmente sono le 21:30), questa frase mi colpisce ancora di più dopo aver descritto Michel come quello che non aveva considerato neanche più Cloé come una persona… Ora la considera sua pari.

[…]

Pur essendo una forzatura grande come una casa per far leggere al giocatore la nota “dietro il pianoforte”, possiamo interpretarla come una “prova del nove” che Michel fa, per testare la sua salute mentale… E anche, volendo, la sua empatia. L’empatia, l’unica cosa che alla fine non ha mai perso e che l’ha salvato dal far progredire la sua latente psicopatia.

Okay, etichetterò questo potrait come “lo sguardo dell’uomo pentito”

Finalmente Michel è sicuro di poter guarire completamente da ehm…
I suoi desideri egoisti, dice lui…

Dalla sua malattia, diciamo noi.

Quindi, anche solo per senso del dovere verso Cloé, si va a scusare.

La risposta di Cloé rappresenta un po’ il giocatore (tra cui me, alla prima giocata!) a quest’intera scena.

 

Davvero, la youtuber italiana che io e Pao abbiamo seguito la prima volta che adocchiammo questo gioco ha reagito con un

“Okay, uhm…E quindi?”

Ma questa cosa la approfondiremo nella seconda parte dell’articolo, nei Difetti (difetti ENORMI, direi) dell’Opera.

Per ora concentriamoci su una cosa… Ricordiamoci, Cloé è rimasta ignara di tutta la concezione malata che aveva Michel di lei…

È una cosa davvero fottuta, a pensarci!

Cioè, se avesse saputo quel che Michel pensava di lei, se lui non fosse mai cambiato e la trama sarebbe andata avanti… La loro relazione sarebbe stata, a insaputa di un sacco di giocatori che ci avrebbero fatto fanart su fanart, tossica a livelli altissimi!

Io… Ragazzi per favore non fatemici pensare, a me Michel fa già paura come persona, pensare che la sua mente bacata si è curata è l’unica cosa che non mi fa cadere in depressione.

Quindi, pensiamo ora alla continuazione del suo cammino verso la sanità mentale…
Si, perché ha ancora una piccola cosa in sospeso da sistemare…

Che non era assolutamente quella rappresentata in questa scena!

Aahh, se il terzo atto di Cloé’s Requiem potrebbe essere messo, per me, nei Difetti Dell’Opera in quasi la sua totalità, questa è una delle scene peggiori!

“Almeno finchè le autrici dicono che mi serve più screentimeee…”

Okay, ci arrabbieremo poi con questi tipi di scene nei Difetti Dell’Opera…
(Vi sto mettendo hype, eh?)

Allora… Prendete quest’interpretazione con le pinze, perché la mia opinione generale di questa scena è che è stata fatta solo per dare più screentime a Charlotte, dato che nel primo piano c’era la stanza con gli occhi a lei dedicata…

…E per far vedere che Michel aveva ucciso suo padre ed un’altra cameriera…

Da questa frase, probabilmente, se prendiamo in considerazione quel che abbiamo detto con Cloé, delle “Maledizioni come malattie” … Si, essendo stato proprio l’omicidio di Charlotte il “breakpoint” di Michel, nel pieno di un suo scatto d’ira…

Si, probabilmente è proprio la rappresentazione del suo rischio di psicopatia…?

Il problema è che Charlotte non si presenta in una fase in cui Michel magari è ancora in dubbio, o sta ancora male… Ma bensì quando è “già in terapia”, quando si sta già redimendo. E inoltre, anche se Charlotte fosse la sua psicopatia latente, Michel non la affronta… All’inizio scappa, poi sta lì impalato, con la povera Cloé (che letteralmente “spawna” nella mappa) ancora ignara di tutto gli chiede:

“Per cortesia, con tutto il rispetto, mi dici che c’hai in testa?!”

Quindi… Si. La “scena grigia” non ha senso.

Così come gli enigmi che avremo dopo di essa… Quindi saltiamo direttamente alla scena importante, okay?

(A parte questa frase, che rafforza secondo me tutte le tesi della parte sui danni della malattia)

Ah e si, la scena con il Notturno di sottofondo serve solo a “svelare” che Cloé e Michel avevano già suonato insieme, quindi salteremo a piè pari anche quella…

E ancora enigmi inconcludenti…
Oddio! Ora capite, in parte, perché nei difetti metto quest’intera fase, personalmente!

Ah, ora finalmente, prima di arrivare alle fasi finali (dal “combattimento” contro Alain in poi, anche se non parlerò dei finali per la stessa ragione che spiegherò sotto) …

“Ma l’intera sottotrama dell’odio di Michel verso il violino?”

Mi spiace non avervelo detto prima, ma quella sarà quasi totalmente nei Difetti Dell’OperaCosì come i finali del gioco, assieme a tutti i passi per ottenere quello vero, ovvero avere l’amuleto protettivo…

Dato che l’odio di Michel verso il violino e non verso sé stesso me lo spiego come se fosse un semplice sintomo ulteriore della sua psicopatia (è stato già citato con Charlotte il “non incolpare sé stessi ma persone o cose terze”) e i finali fanno parte della confusionaria sottotrama soprannaturale del gioco

Avranno la loro sezione.

Ma ora stiamo continuando ad analizzare il cammino di Michel verso l’essere una persona decente.

“Anche questa scena è inutile! La maledizione di Cloé la romperai confrontando quella con i capelli bianchi, che c’entra lui?! Che ha quella là, due maledizioni?!”

No che non le ha…! L’ho detto, parlando di lei!

Sfortuna, chiamiamola così, diversa da quel che intenderemo più avanti come “maledizione”: L’oggettificazione.

“Oh Dio, ancora?”

Eh si, ancora! Ma qui ritorna il tema che avevo detto nella seconda parte di questa analisi lunghissima su Michel, maledetto, D’Alembert!

Sono tre volte che vi metto questo edit in quest’articolo…
Wow.

La sua “parte bestiale” Michel deve ancora disintegrarla completamente, e in questa scena Alain rappresenta un concetto che vi ho introdotto nel re-cap dei concetti della seconda parte dell’analisi.

“Michel, essendo sempre stato sfruttato da suo padre, ha sviluppato alcuni sintomi per cui si può intuire che sia un ragazzo che rischi di diventare psicopatico avanzando con l’età.”

Alain rappresenta proprio questo rischio e sconfiggerlo comporta l’avere la risoluzione di aver recuperato i propri buoni ideali, e di non cadere più negli stessi sbagli in futuro.

Infatti, in un cosiddetto “finale cattivo”, ovvero una terapia fallita secondo la mia visione del gioco, Michel dice di essere “lo stesso di quella volta”:
in breve, dice palesemente di aver fallito nell’essere cambiato, e che diventerà sicuramente un soggetto pericoloso in futuro.

Quindi… Un colpo, due colpi, tre colpi con il martello…

Già, bello, potevi diventare come lui da grande.
Brutta sorte, brutta sorte.

Perfetto, finalmente Cloé viene rilasciata dalla sfortuna che la fa essere sempre presa come un oggetto da tutti…

E soprattutto Michel-

Oh! Si è risposto da solo! Almeno una volta mi hai aiutato a capire che diavolo pensi… Stronzo!

Si, quell’insulto proviene da tanti scleri repressi verso di lui… Entrare nella testa di Pierre mi ha fatto male, eh?

Si! Era quella la causa delle vostre “maledizioni”! L’oggettificazione! Lo sto ripetendo fino al vomito!

Quindi, grazie a questa santa frase, possiamo capire che Michel ha finalmente compreso chiaramente che la sua intera strategia adattiva per porre rimedio a quel che ha sopportato da parte di suo padre in realtà è una cosa sbagliata da fare, che causa odio, relazioni sociali tossiche destinate a finire malamente e sofferenza da parte di chi ti sta davanti!

Prendiamoci un momento per fare un applauso a Michel, che è riuscito a risolvere tutti i problemi mentali di circa, che ne so, otto anni di vita (non so quando ha iniziato a suonare ed essere sfruttato) in una sola notte!

…E che ora, dal True Ending in poi, dovrà fare i conti con un senso di colpa che lo tormenterà per tutta la vita probabilmente, in carcere e pure orfano.

….C’est la vie.

Davvero, rendiamoci conto dell’evoluzione psicologica che ha avuto.

Da questo…

A questo…

A questo!

Il nostro viaggio, assieme a quello di Michel, è stato bello lungo da percorrere…
Ne abbiamo passate tante, solo nell’analisi del suo personaggio, non pensate?

Michel, essendo il personaggio principale, ha avuto un character development a mio avviso davvero magistrale, seppur intermezzato da delle parti anche what-the-fuck, e altre inesorabilmente rovinate dalla trama confusionaria (motivo principale per cui non parlerò dei finali).

Ma da come avete visto nel resto dell’articolo, Cloé’s Requiem vanta in generale di un cast veramente d’eccezione, con quasi tutti i personaggi sfaccettati in maniera davvero-

“Malata! Sono tutti dei malati alla fine, per te!”

Karen, di nuovo?![5]

Ecco, ora mi spiego meglio… Personaggi di cui seguire gli avvenimenti (soprattutto in una storia così character-driven, come disse già mia sorella!) è ogni volta davvero interessante, date le loro situazioni e contesti complicati che hanno creato persone… Si, persone davvero fottute!

La regia, poi, per chi è piaciuto questo gioco con tutti i suoi elefantiaci difetti si dimostra in molte parti interessante e che tratta secondo me con poco dramma temi così complessi su cui altre opere drammatizzerebbero un sacco, nel modo sbagliato e inutilmente, rendendo l’opera di cattivo gusto.

Quindi… Si, almeno secondo la mia opinione personale…
…E la smettete di puntarmi i forconi?
Cloé’s Requiem non è perfetto. Ma proprio no. Cioè in certe parti rasenta lo schifo…

Ma, per questi elementi che vi abbiamo descritto, e che possono o no aver attirato il pubblico (perché ho giusto un piiiiccolo sospetto che sia stato attirato solo dal melodramma), io azzardo a dire che rimarrà uno dei miei RPG Horror preferiti.

…Di cui nella seconda parte scopriremo tutto lo schifo che lo circonda, e saremo arrabbiate entrambe come belve!

“At the end of the day,
They don’t mean what they say,
They don’t say what they mean,
They don’t ever come clean –
And the answer –
Is it’s all a Façade!”

_____________________

[5] Chi avrà letto l’ultimo devlog su The Rebirth Of Franklin Albrecht saprà che ci riferiamo a una persona immaginaria costantemente incazzata con noi

[4] Ciao! Sono una PaoGun selvatica e sono qui per linkarvi un’altra versione della scena del musical di cui Ele vi ha messo gli screen. Vi rimando a questa: Sympathy, Tenderness (reprise) \ Confrontation – Jekyll & Hyde, è la rappresentazione del 2015 con Frank Fernandez ne ruolo del protagonista. Volete soffrire d’insonnia per il prossimo mese? Bene. Ascoltate tutto il pezzo e pensate che quegli urli che sentite nel video da parte della povera vittima sarebbero potuti appartenere anche da Cloé, per colpa dello stesso Michel. Insomma: Hyde uccide Lucy quando scopre che vuole scappare da lui, c’è la reprise di una canzone che era appartenuta a tutte le speranze che questa persona rappresentava per la ragazza, e tra l’altro in un punto del brano sentiamo la voce dell’assassino farsi più acuta del normale, come quella di un bambino. È molto diverso rispetto all’idea della “grande ombra dalla voce rauca” che sentito finora.

[3] Da “Non lasciatevi ingannare…” a “Come posso iniziare a spiegare Michel Alembert?”: Citazione a Janis Ian dal film “Mean Girls”, mentre parla dell’ugualmente indescrivibile Regina George

[2] Nel musical questa canzone ha una ripresa. Ciò succederà anche in quest’articolo.

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